tag:blogger.com,1999:blog-53345921629169553182024-03-13T23:25:42.886+01:00La chiamavano Jessie RicettaDivagazioni gastronomiche (e non solo) di una immigrata nella CapitaleJessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.comBlogger213125tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-75082594345526042362013-02-27T15:00:00.000+01:002013-03-01T16:14:54.296+01:00Zia Maria<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhB92mEtDEuArABComLXKWHTS-CDGOGwXzCknnWcFw_qcXp6LMKqsVHSIs4xauGKddyWvbSr_YowvJ2RQE5DDFL-Le8JUSqlNcgNGvJLayNESuUJ0AdO4mT0m5TIjP4anevDWBZZab_aUQ/s1600/zia_maria.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="257" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhB92mEtDEuArABComLXKWHTS-CDGOGwXzCknnWcFw_qcXp6LMKqsVHSIs4xauGKddyWvbSr_YowvJ2RQE5DDFL-Le8JUSqlNcgNGvJLayNESuUJ0AdO4mT0m5TIjP4anevDWBZZab_aUQ/s320/zia_maria.jpg" width="320" /></a></div>
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"Ridere... sempre così giocondo/Ridere... delle follie del mondo/Vivere... finché c'è gioventù..."<br />
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Mia zia amava la musica, e questa canzone in particolare le piaceva. Ce la cantavamo al telefono, quando mi chiamava la sera. Finiva col chiamarmi sempre lei, perché io trovavo sempre occupato per le mezz'ore di fila ("Zì, ma chi è sto logorroico? Hai voglia a chiamare!" "Uh, figlia mia, sapesse...M'ha fatt' 'na coccia, e tutù e tutù!"). Parlavamo di mille cose, e cantavamo. Sono canzoni di quand'ero giovane, però so' belle, no?, mi diceva. Sì zia, sono belle. E tu sei rimasta sempre giovane. Con la voce squillante, il sorriso, la figura snella e il tuo caschetto di capelli d'argento. Una flapper di ottant'anni.<br />
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Sempre stata una donna attiva, zia Maria. Infatti era difficile che si fermasse a parlare. Però in certi casi si sedeva sulla poltrona vicino alla stufa, e quello era il segnale che c'erano due minuti di pausa. «Facémece 'na fumatella», e uno si sedeva accanto a lei, accendeva la sigaretta e chiedeva. Zì, ma quando eri piccola come eri?<br />
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«Ero 'n' 'ndrecchiésse! Stavo sempre a curiosare e a chiedere. Avevo una sciarpa rossa a pallini neri, e jeve apprèss a tutti i funerali. E poi mi impicciavo, parlavo con questo e quello. Mia madre mi diceva sempre: sei una maleducata!»<br />
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Non eri una maleducata zì, è che hai sempre detto quello che volevi e ti comportavi come credevi. Avevi un bel caratterino. Quando mio padre andò con il suo a Campobasso e tornando disse tutto contento che aveva visto "'u mare peccerille", la grande fontana della piazza principale, la tua reazione non fu delicata. «L'haje azzeccàte nu shcàffe, a chille povere figlie», raccontavi mezza contrita e mezza ridendo. Va da sé che adoravi mio padre. «Quando è nato era tanto bello, ciabbottello ciabbottello, e aveva già un dentino...». E poi raccontavi che insieme facevate qualche marachella, e il nonno si arrabbiava e vi faceva stare nell'angolo con le braccia alzate e appoggiate al muro.<br />
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Zia Maria era bella. Non lo dico perché era mia zia. Era bella veramente. Aveva ripreso l'altezza di mia nonna, a differenza degli altri fratelli che erano rimasti tutti piuttosto piccoli. Aveva i capelli scuri, gli occhi nocciola, gli zigomi alti, il naso dritto. C'è una foto dei primi anni Sessanta scattata vicino al negozio dove è con altre persone: una ragazza che va verso i quarant'anni colta mentre sta attraversando, modernissima con le sue lunghe gambe e i capelli che le arrivano alle spalle. Potrebbe somigliare a Jane Birkin, solo che a confronto Jane Birkin è provinciale. Mia zia era di un paesino, ma non sarebbe mai stata provinciale. Lo stile è sempre stato tutto suo.<br />
Colpiva le persone, che la ricordavano anche dopo averla vista un'unica volta, anche a distanza di anni. Mio zio Pigi racconta di una sosta al paese, di ritorno da un viaggio a Taranto. Zia preparò un pranzo memorabile, e altrettanto lo fu la conversazione durante il pasto. "Una donna arguta e intelligente, piena di spirito, sempre con la battuta pronta". La bellezza è niente senza la personalità, e mia zia aveva entrambe.<br />
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E' rimasta bella fino all'ultimo. E fino all'ultimo pareva non aver pace, aveva sempre qualcosa da fare. Girava come una trottola per tutta la casa, su e giù per le scale. Da piccola faticavo a tenerle dietro. Ogni tanto però si fermava, e mi dedicava attenzione. Non era l'attenzione morbida e piena di calore di zia Margherita: aveva sempre qualcosa di deciso e vivace. <br />
Uno dei ricordi più belli è legato all'anno che passai interamente al paese frequentando la seconda elementare. In inverno mi venne la varicella, e zia Maria mi riportò da una vista a Campobasso <i>Le novelle di una nonna </i>di George Sand. La febbre mi stancava, e lei prese il libro in mano e mi sedette accanto. Ricordo la sua voce nitida, da donna assai più giovane dell'età che aveva, mentre leggeva <i>La quercia parlante</i>: «Voi vi starete chiedendo dov'era Emilio. Un po' di pazienza e ve lo dirò...»<br />
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Ricordo le sue fiabe, che aveva imparato da sua nonna. "C'era una volta una gatta, che scopava la chiesa. Ci ha trovato due soldi. Pensa: mi compro un nastro p'i capille e mi affaccio alla finestra, così trovo marito. Passa il cane: «Buongiorno commare gatt', che fai 'ncopp' a' fenèste?» «Me vuoglie ammaretà... Famme sentì che voce tié!» «Bau, bau!» «Passe 'nnanze che 'nzié pe mme!» e u cane ze ne va. Passa 'u puorche..." Io ridevo alla conclusione della favola, con tutti i pretendenti respinti fino a quando non passava u surge, il topo, il quale veniva invitato con «Viene 'ngoppe, marite mie!» e mangiato senza complimenti dalla gatta, che commentava «Comme sié bbuone, marite mie!». Ridevo, e zia con me.<br />
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Uno dei campi in cui la sua attività si esprimeva era la cucina. Era opinione diffusa, e a ragione, che come cucinava Maria non cucinava nessuno. In famiglia si è sempre divisa lo scettro di cuoca a pari merito con zia Lella. Ma se zia Lella era andata verso un'interpretazione più moderna e leggera, le ricette di zia Maria erano pari pari quelle della sua infanzia, soprattutto nelle feste comandate. Le quali erano scandite dalle pietanze di rito: le lasagne in brodo, l'anguilla arrosto, il pane di Pasqua, i fiadoni, la gelatina, i <i>mestacciuole</i>, i <i>peccellate</i>. <br />
Fra i suoi cavalli di battaglia c'erano i panzerotti fritti, dalla pasta sottilissima, che mia sorella era capace di mangiare a decine, e la pasta sfoglia, preparata con la sugna fatta in casa. La ricordo china sul piano di marmo con il fazzoletto rosa scuro che le teneva i capelli e le mani che impastavano, stendevano la sfoglia, la arrotolavano come una stella filante e poi con destrezza la stendevano in un cerchio con il mattarello, in modo che la superficie si sfogliasse a perfezione. La sfoglia si trasformava in pizza rustica, in sfogliatelle di ricotta e crema.<br />
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Tutto le riusciva e tutto era squisito, ma la cosa che amava più cucinare era il pesce. Riusciva a cavare zuppe straordinarie dalle qualità più povere. Filippo lo sapeva, quanto le piacesse il pesce. Glielo donava, e a volte si cimentava lui. «Marì, questi moscardini li ho fatti io. Che ne dici?»<br />
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Della sua vita, Filippo è un capitolo speciale.<br />
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Erano fidanzati. Lui pure era bello, alto alto e sottile sottile, lui pure era elegante, e aveva un sorriso grande. Come lei aveva un romanticismo tutto suo. Zia ricordava quando partì per il militare, e dalla camionetta che accelerava si mise a cantare "Addio mia bella addio, che l'armata se ne va..."<br />
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Non si sposarono, a causa di una madre dall'anima nera, la quale non tollerava che il figlio minore si accasasse prima delle figlie. Lui aveva un carattere impulsivo. Finì con lo sposare una donna brutta e gretta, che lo irrideva per il suo mestiere di veterinario. Mia zia decise di dedicarsi alla famiglia, Filippo svanì di scena.<br />
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Tornò all'improvviso, poco dopo la morte dei miei nonni. Con discrezione, con speranza. Con un coraggio grande, perché ci vuole coraggio a dire che si è fatto uno sbaglio enorme.<br />
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Maria, non ti ho mai dimenticato. Ho divorziato. Ti voglio sposare.<br />
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Glielo chiese non una, ma mille volte. La risposta fu sempre la stessa: Filì, che vai dicendo. Siamo due vecchi, tu hai dei figli, non facciamo pagliacciate.<br />
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Noi nipoti eravamo felici. Fui io che per la prima volta lo invitai a casa, dove non osava affacciarsi. Eravamo felici delle attenzioni e del garbo che riversava su nostra zia. Eravamo felici di vederli, due ventenni con le rughe che si erano rincontrati. Lui le faceva piccoli doni (che dovevano essere piccoli, altrimenti partiva il rimbrotto), la invitava a pranzo fuori e con lei i nipoti quando c'erano ("Sei sicuro Filì? Te ne tè, a te?", "Marì, tu che dici? Sono io che t'ho invitato!"), era ospite graditissimo in casa, dove non giungeva mai a mani vuote nonostante le proteste. <br />
Imparò presto che le cose più semplici erano le più apprezzate. Una Pasqua si presentò con un raffinato uovo Fabergé, e alla perplessità di zia Maria si precipitò in pasticceria e tornò con l'uovo di cioccolato più grande che aveva trovato. Avrebbe voluto donarle una casa a Termoli, "l'ho presa per quando ci sposeremo". Un appartamentino bellissimo in un paese vicino, piccolo ma arredato con il sommo gusto che gli era proprio, e dove su una parete spiccava il gatto di Buzzati. La risposta, sempre identica: "Filì, n' penzà a me ma ai tuoi figli".<br />
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Non volle mai sposarlo, ma gli stette accanto più di una moglie quando lui si ammalò. Il male non lasciava speranze, e quando lo portarono in ospedale zia Maria non lo lasciò solo. Non lo lasciò solo nemmeno negli ultimi momenti. Lui la guardò. "Maria, quanto sei bella, tieni ancora nu belle personale. Quando esco di qui andiamo nella boutique più bella, voglio comprare il vestito che più ti piace e tu te lo metti quando ci sposiamo." "Va bene Filippo. Mi metto il vestito e ci sposiamo..."<br />
Morì contento.<br />
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Quanto soffrì per quella morte, zia Maria non lo disse mai. Era una donna che non amava troppe parole, ma quando parlava di lui uscivano i bei ricordi, e quelli di quando erano giovani. Ha tenuto fino all'ultimo una foto che li ritraeva entrambi, nel cassetto nel comodino, e il dono che più aveva gradito, datole per un compleanno: una lastrina d'argento con inciso un calendario, e un pallino accanto alla sua data di nascita.<br />
Quella foto e quel calendario sono con lei.<br />
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Per lei i ricordi sono sempre stati un conforto, non una cosa in cui crogiolarsi. I lutti la colpivano, non la piegavano. Neppure il dolore fortissimo della morte di zia Margherita la fermò. Continuò a occuparsi della casa, dei parenti sparsi per il paese, dei nipoti che la andavano a trovare. Senza mai fermarsi. Era sola, ma non era sola.<br />
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La andavo a trovare quando potevo, sempre troppo poco, sempre impedita dai collegamenti risibili, da un viaggio in macchina che non finiva mai. Fra i viaggi più belli quelli fatti in occasione della Befana. Lei rideva accogliendo il carro di Tespi composto da me, amato e gatta e condotto dal mio amico Mauro su quelle strade impossibili. Mauro rimase colpito da quella signora anziana che tutto pareva fuorché anziana. E scatenò ancor più le sue risa quando, nonostante il mal di pancia, si fece fuori due piatti di pasta al forno, a riprova che la cucina di zia Maria era irresistibile e così lei.<br />
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Quest'ultima Befana non sono andata. Zia aveva un forte mal di schiena, e farle accogliere tre persone, a lei che mai avrebbe voluto essere aiutata, sarebbe stato troppo. L'ho rivista quando sono andata a prendere zia Lella, una sosta breve, troppo breve. Volevo farle una sorpresa per il compleanno, le aveva già preso un regalo, sapendo che le sarebbe piaciuto. Una scatolina di cartone disegnata con una mamma di fine Ottocento e la sua bambina, dove avevo fatto mettere dei cioccolatini Venchi, la marca che zia mangiava da piccola. Non ho fatto in tempo a portarglielo.<br />
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Oggi zia avrebbe compiuto ottantacinque anni. Auguri zia. Lucio e io festeggiamo quattro mesi di matrimonio. Stasera apriremo la scatolina, mangeremo due cioccolatini e tu sarai con noi.<br />
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Non sei sola. So che ti ha dato il benvenuto un grande comitato d'accoglienza, con zio Michelino a fare battute, zio Antonio a dargli manforte, zia Margherita con il suo sorriso e il suo sguardo. Sono certa che c'è anche Filippo, che ti ha atteso con pazienza per quasi vent'anni.<br />
Una signora del paese ha detto che adesso Maria e Filippo hanno avuto il loro matrimonio. E' vero. Ovunque siano sono sposati, danzano insieme, lui le canta "Parlami d'amore Mariù".<br />
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Al funerale sono venuti in tanti a salutare. "Senza Maria songhe sule", senza Maria sono sola, la frase di tante donne che lei chiamava al telefono, che andava a trovare, che accoglieva in casa, una casa dove c'era sempre un piatto e una risposta a una domanda, e dove le persone di ogni età si sentivano ricevute con amore. <br />
Maria era mia amica, ha detto il quarantenne Don Michele che ha officiato la messa: non giudicava e con lei potevi parlare, era sincera, la differenza di età non importava. Il piccolo Diego, arrivato dall'America e portato in visita dallo zio Pietro, appena la vide decise di starle attaccato tutto il tempo, trovando in lei un'istantanea corrispondenza. Rosalia dice che si sente persa ora che non può andarla a trovare la sera. "Mi sento come se avessi perso una mamma".<br />
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Siamo noi a essere soli.<br />
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Passerà del tempo prima di capire davvero che a quel numero di telefono non risponde nessuno.<br />
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Io sono qui, e per questo lei è qui. Ogni volta che preparerò una sua ricetta nelle mie
mani ci saranno le sue, ogni volta che passeggerò fra il verde e i
fiori primaverili che le piacevano tanto i miei piedi saranno i suoi,
ogni volta che canterò una canzone napoletana o della sua gioventù
nella mia voce ci sarà la sua. Ogni volta che vedrò qualcosa di cui mi piacerebbe parlarle lei sarà con me.<br />
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L'amore è più forte della morte. Non sono sola. Il suo cuore, il suo sorriso erano grandi. Sono un cuore e un sorriso che resteranno finché respiro.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-11858938167246599552012-03-02T19:01:00.008+01:002012-03-02T19:56:00.346+01:00Polenta espressa con i funghi<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIdvxb5dGb1uWT4kdJsiH8gf_eb1LMv2ktKSW1NEqN83GGIYDz8jHR0NOG5hVp7cThOZLMeMNZgRm0qxHqR8iVhfDdG_n2Eu2w1bt607KM8HLLXxsMnYmeB0YCBVeSVf1RzHOsxy2b_7w/s1600/polenta_funghi.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5715361646248577186" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIdvxb5dGb1uWT4kdJsiH8gf_eb1LMv2ktKSW1NEqN83GGIYDz8jHR0NOG5hVp7cThOZLMeMNZgRm0qxHqR8iVhfDdG_n2Eu2w1bt607KM8HLLXxsMnYmeB0YCBVeSVf1RzHOsxy2b_7w/s320/polenta_funghi.jpg" /></a> Ragazzi, mi vergogno.<br /><br />Non che a qualcuno possa interessare che codesto blog venga trascurato, però mi vergogno lo stesso. Oltre agli strati di muffa di queste pagine, il visitatore che passa di qui e garbatamente mi lascia un commento si deve pure scontrare con la maleducazione - involontaria, per carità, ma come dicono gli stellestrisciuti <em>innocence is no excuse</em> - della sottoscritta, che se risponde lo fa dopo mesi.<br /><br />Pertanto mi verso una palata di cenere sulla zucca (metaforica, ché mi son lavata stamane i capelli ed essendo gli stessi parecchio lunghi non c'ho il fegato di affrontare due volte nello stesso giorno la tortuna del phon), do un'altrettanto metaforica pedata alla mia proverbiale pigrizia e, profittando del fatto che il mio amato bene <em>more solito</em> tornerà dall'ufficio a orario improbabile, vi propongo questa ricettella che sarà forse adatta all'uopo, giacché mi si dice che il tempo questo weekend, mannaggia a lui, virerà di nuovo verso il freddo.<br /><br />Detta ricetta è stata da me sperimentata nei giorni di quella bella nevicata che ha coperto la Capitale, ha messo in evidenza la bontà della macchina organizzativa dell'amministrazione comunale e ha fatto altresì modo che amici e parenti si scatenassero ai fornelli facendo polente assortite una sera sì e l'altra pure, postando appetitose foto su quel noto social network e facendomi venire un pititto lupigno ogni sera al ritorno da lavoro. Pititto lupigno destinato a rimanere insoddisfatto, giacché pure la sottoscritta torna a casa a orari improbabili, e mi era ben noto che per fare la polenta devi stare ai fornelli come un baccalà a rimestare per un'ora buona.<br /><br />Poiché però si sa che miseria e fame aguzzano l'ingegno, nonostante la già citata pigrizia mi son messa a cercare per ogni dove se fosse possibile preparare la pietanza senza stare a guardia del paiolo stile strega del <em>Macbeth</em>. E son stata assai lieta di scoprire che sì, è possibile, e che i risultati sono sorprendenti.<br /><br />Ringrazio pertanto la contadina del mio paesello che mi ha illuminato, e vi metto a parte di questo metodo geniale che costa zero fatica, e vi permetterà di servire una polenta <em>comme il faut</em> senza che vi vengano due avambracci da fabbro ferraio e in un'oretta o poco più di tempo.<br /><br /><br /><strong>Ingredienti & strumenti<br /><br />Per la polenta:</strong><br />250 grammi di farina di mais<br />un litro d'acqua<br />sale quanto basta<br />una pentola antiaderente con il fondo bello spesso<br />coperchio di vetro atto a coprire la precedente<br />un colino o setaccio a trama fitta<br />frullatore a immersione (facoltativo, ma utile assai) o una frusta<br /><br /><br /><strong>Per il contorno:</strong><br />300 grammi di funghi orecchioni, o pleurotus che dir si voglia<br />uno spicchio d'aglio<br />un paio di cucchiai d'olio<br />un cucchiaino da tè di brodo vegetale granulare di quello buono<br />padella capiente e antiaderente<br />adeguato coperchio di vetro<br /><br /><strong>Preparazione:<br /></strong>mettete il litro d'acqua nella citata pentola, coprite con il coperchio di vetro e mettetela su fuoco vivace. Solo dopo che si è messa a bollire aggiungete il sale (sennò per far alzare il bollore rischiate di mettere il muschio) e attendete che riprenda a borbottare con gagliardìa.<br /><br />A quel punto fateci cadere a pioggia la farina facendola passare attraverso il colino o setaccio e, onde evitare la formazione dei grumi malefici, girate il composto con la frusta oppure impiegate il frullatore a immersione facendo attenzione agli schizzi bollenti.<br /><br />Scrutate quindi con somma attenzione la superficie: non appena vedete il primo "pop!" abbassate la fiamma al minimo, coprite con il coperchio di vetro e lasciate la pentola in pace senza toccarla per un'ora. E non fatevi prendere dalla tentazione di alzare il coperchio perché deve essere lasciata rigorosamente per fatti suoi.<br /><br />Nel frattempo preparate i funghi: togliete i gambi che sono notoriamente duri come serci, fateli a pezzetti con le mani, dategli una sciacquatina sotto il rubinetto e metteteli in padella a cuocere a fuoco minimo con l'olio, l'aglio che avrete pelato, privato del germoglio e tritato finemente e il cucchiaino di brodo vegetale in polvere. Non aggiungete acqua ché i funghi ne cacceranno a iosa, e lasciate stufare paciosamente sotto il coperchio di vetro per una ventina di minuti almeno.<br /><br />Nel frattempo che il tutto cuoce voi ovviamente vi farete in santa pace i fatti vostri, ché dopo una giornata di lavoro, sia esso casalingo o d'ufficio o di qualsivoglia natura, vi spetta questo e altro.<br /><br />Scaduta l'ora potete sollevare il coperchio della pentola: scoprirete che la polenta si è cotta a puntino. Ma veramente a puntino. E se non farete "uuuuh" come la sottoscritta sappiate che vi invidio perché avete evidentemente raggiunto l'imperturbabilità di un santone indiano.<br /><br />A quel punto versate la polenta in un bel piatto capace, metteteci su i funghi con il loro bel sughetto e portate in tavola. E se non avete fatto "uuuh" voi prima, sappiate che lo faranno certamente i vostri commensali.<br /><br />L'unica magagna che potreste incontrare è che il fondo della vostra pentola potrebbe essere coperto da una crosticina di polenta bella tosta: vi basterà riempirla d'acqua, lasciarla tranquilla una notte e al mattino dopo la laverete fischiando e cantando.<br /><br />Se invece, come la sottoscritta, avete la fortuna di avere una bella pentola della Ballarini (che la mitica zia Lella mi ha regalato cinque anni fa e che, nonostante l'uso selvaggio che ne faccio, non ha un segnetto manco a pagarlo oro), sappiate che non vi sarà traccia di crosticina.<br /><br />La potrete pertanto affidare a cuor leggero al lavello, alla lavastoviglie o, se avete accanto un sant'uomo come il mio, al vostro amato bene che sarà ben lieto di rigovernare i piatti visto che voi avete fatto la fatica di cucinare e dopo pochi minuti potrà raggiungervi sul divano per proseguire la serata in letizia.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-75128723593743203412011-10-12T13:48:00.009+02:002011-10-12T19:57:49.251+02:00Cotognata in barattolo e in forma<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaFEOxWyN3Oe_1i8_GT_Z7gVTAokkP63wrEWJ3QyslUyup4V_V5KOe9JFA3yiHjcn-dmP3pMsUdazEadD2wTMhlXtLsgqjBaO4gfyqUEPuG9qasCF0yZ10Clc751KvmJ1CkDiB59xs9yY/s1600/cotognata_ricetta_1.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaFEOxWyN3Oe_1i8_GT_Z7gVTAokkP63wrEWJ3QyslUyup4V_V5KOe9JFA3yiHjcn-dmP3pMsUdazEadD2wTMhlXtLsgqjBaO4gfyqUEPuG9qasCF0yZ10Clc751KvmJ1CkDiB59xs9yY/s320/cotognata_ricetta_1.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5662572143757128210" border="0" /></a>Dopo sì lunga assenza da queste blog colpevolmente negletto, mi pare cosa giusta fare una <span style="font-style: italic;">rentrée</span> con una delle ricette più apprezzate del patrimonio familiare.<br /><br />La cotognata a casa mia si fa infatti da sempre: in versione marmellata da mettere sul pane o in mezzo alle ostie o per farcire una crostata di pastafrolla, o più spesso in forma, impiegando allo scopo delle formine di latta che mi ricordo fin dalla più tenera età non solo io, ma pure le zie.<br /><br />La mia prediletta è sempre stata quella che rappresenta una bella triglia, cosa che la zia Lella sa bene. Quando nell'ormai lontano anno 1994 mi trovai a passare un gelido inverno in Olanda, nella casa dove soggiornavo arrivò un bel pacco di generi vari e, davanti ai miei perplessi coinquilini batavi, dovetti spiegare la commozione che mi avevo preso a leggere su un contenitore di plastica "Cotognata (a lato c'è il pesciolino)". E per quanto possa sembrare strana ai più l'idea che la cotognata possa essere un <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Comfort_food">comfort food</a>, a me basta un morso per sentirmi di nuovo nella cucina del paese davanti alla stufa che scoppietta, mi trovassi pure a Katmandu o persino in quel dell'Olanda afflitta - la sottoscritta, non la Batavia - dall'inverno più freddo dal Dopoguerra, dalla tipica simpatia dello Jan Kaas medio e dall'irrisione dello Jan Kaas medio e non nei confronti della classe politica italiana e di un suo certo rappresentante in particolare. Ma sto divagando come di consueto.<br /><br />Le ricette di cotognata più un voga suggeriscono una vagonata di zucchero e l'impiego del setaccio fine. Quella di famiglia è più spiccia e meno dolce, ma proprio per questo vi permetterà di assaporare le cotogne come si confà.<br />Un solo consiglio: provvedete ad avere con voi un maschio dalle mani grandi e toste, ché ne avrete bisogno, soprattutto quest'anno e alle latitudini della Capitale. Se poi disponete di una quantità notevole di frutta e la vostra cucina è da puffi come la mia, chiedete a qualche persona di buon cuore se vi può ospitare nella sua: io ho chiesto asilo alla zia Lella, altrimenti mi sarei trovata sommersa dagli scarti.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Ingredienti</span>:<br />cotogne, mele o pere che siano, a volontà<br />zucchero, 250 grammi per ogni chilo di polpa di frutta<br />il succo di un limone ogni due chili di polpa di frutta<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Strumenti:<br /></span>un vecchio paiolo<br />un passaverdure<br />una pentola dal fondo spesso<br />formine di coccio o metallo per alimenti<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Preparazione:</span><br />armatevi di pazienza. Tanta, tanta pazienza. E fate pace con la consapevolezza che a fine lavoro le vostre mani si lamenteranno come prefiche. Ciò perché le cotogne sono di polpa legnosa e toste da non dirsi, e dovrete usare il coltello a mo' di mannaia. Impiegate il maschio dalle mani robuste allo scopo, e voi dedicatevi allo sbucciamento e detorsolatura. Anche questa operazione vi costerà un bel po' di fatica, soprattutto come già detto quest'anno e in zona Capitale: ciò perché causa clima bizzarro le cotogne stan cadendo tutte dagli alberi senza giungere a piena maturazione e i più diversi generi di parassiti per via del suddetto clima hanno avuto bell'agio di andare all'attacco. Fate un bel respiro e andate all'attacco voi: quando si fa la cotognata resta comunque sul campo una quantità di scarto impressionante anche nelle annate migliori, per cui la differenza sarà minima.<br /><br />Mettete quindi i pezzetti di cotogne pulite in un paiolo, aggiungete un mezzo bicchiere d'acqua, coprite e fate cuocere a fuoco lento finché non si ammorbidiscono. Nel caso si trattasse di mele e pere, sappiate che non c'è differenza reale fra le due se non per il tipo di innesto: a voi la scelta se cuocerle tutte assieme o separatamente, tenendo conto che secondo alcune scuole di pensiero la cotognata di pere ha un sapore e un colore più delicati, e secondo altre son sciocchezze buone solo per coloro che spacciano le pere cotogne a prezzo superiore.<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjplYwI2aSqSINZqMDihe40AgbTDIBAkv2Qp2JJelZGb9MgwK2kZAk3ghZY32MbT1IEkUOALRHoxZU-e7FQOF7VjQ9s68BAh23DMleMee6YJwscm3J04su2wj-pV42FDgEaE-OrCv4EEqo/s1600/cotognata_ricetta_2.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjplYwI2aSqSINZqMDihe40AgbTDIBAkv2Qp2JJelZGb9MgwK2kZAk3ghZY32MbT1IEkUOALRHoxZU-e7FQOF7VjQ9s68BAh23DMleMee6YJwscm3J04su2wj-pV42FDgEaE-OrCv4EEqo/s320/cotognata_ricetta_2.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5662572119773780642" border="0" /></a>Una volta che sono belle morbide toglietele dal fuoco, fatele intiepidire e quindi passatale fino a ridurle in crema. La <span style="font-style: italic;">old school </span>dice che è necessario il setaccio di crine della nonna, secondo me se usate il passaverdure ci mettete meno tempo, vi stressate di meno e vi verranno benissimo lo stesso. E' in questo momento che avrete bell'agio di apprezzare i risultati della fatica fatta al momento della pulitura: essendo già al netto dello scarto, la polpa vi darà un'idea alquanto precisa della quantità di marmellata che potrete ricavare. In sostanza, <span style="font-style: italic;">what you see is what you get</span>.<br /><br />Pesata la polpa calcolate quindi la giusta quantità di zucchero, e una parte dello stesso (circa un terzo) mettetelo nella pentola dal fondo spesso insieme a un mezzo bicchiere d'acqua. Ponete quindi il tegame sul fuoco basso e aspettate che lo zucchero si sciolga nell'acqua: il risultato deve essere uno sciroppo piuttosto liquido.<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheoidHkTtkdGCang8Sd2b1yxh8gw4D-YZjzxkOvgl7igR1KP1TJ5iNXO0-sPDqoQI2VgLyHg_ktMie7aBufBUANLFyzJ8NpiNgwhNBv66Ulh9feP2sjk5s73Cs2lWM0_JNh8ePndeJYGc/s1600/cotognata_ricetta_3.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheoidHkTtkdGCang8Sd2b1yxh8gw4D-YZjzxkOvgl7igR1KP1TJ5iNXO0-sPDqoQI2VgLyHg_ktMie7aBufBUANLFyzJ8NpiNgwhNBv66Ulh9feP2sjk5s73Cs2lWM0_JNh8ePndeJYGc/s320/cotognata_ricetta_3.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5662572126456631202" border="0" /></a>Fatto ciò, aggiungete nella pentola la polpa di cotogne e il restante zucchero e fate amalgamare il tutto ben bene mescolando con il fedele cucchiaio di legno. Rimettete quindi su fuoco basso, aggiungete il succo di limone e rassegnatevi all'idea di rimestare di frequente il composto finché lo stesso non si appiccica con gagliardìa alla cucchiarella.<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1cT-APuzhpVejcJ9diZJQW2FzUS12W_4j21M3nW5vgmQaaUo5IFx8WY-AyxsJw9YqrXlb4nJ2KTAXY_Rrml8bxHbe8wL8TzW7xvoy0pCu3yLcMngZkda2ye428OVN4ASroE-cfg6LasI/s1600/cotognata_ricetta_4.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1cT-APuzhpVejcJ9diZJQW2FzUS12W_4j21M3nW5vgmQaaUo5IFx8WY-AyxsJw9YqrXlb4nJ2KTAXY_Rrml8bxHbe8wL8TzW7xvoy0pCu3yLcMngZkda2ye428OVN4ASroE-cfg6LasI/s320/cotognata_ricetta_4.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5662572135556341474" border="0" /></a>Versate quindi la marmellata nel necessario numero di barattoli, provvedendo a capovolgerli una volta chiusi perché il calore provvederà a una spiccia sterilizzazione.<br /><br />La fatica termina qui se avete optato per la sola marmellata, continua invece se avete deciso di fare anche o solo le formine. Qui la faccenda si fa più complicata, perché intuire quando il composto è pronto all'uso non è immediato e ci può volere lungo tempo di cottura: sappiate comunque che un buon indicatore è quando la marmellata si stacca senza difficoltà da pareti mentre state mescolando - perché, come non mai, qui vi tocca andar di cucchiara pena orribili sentori di bruciaticcio che sciuperebbero il tutto.<br /><br />Preparate tante formine quante sono necessarie (se avete quelle magnifiche di coccio che si usano in Sicilia - ricordo ancora quando le vidi a casa della mia amica Paola, con il suo papà che me ne spiegò l'impiego mentre io, che le avevo scambiate per posacenere, diventavo alta come un puffo - adoperate quelle, sennò van bene quelle di metallo), oliatele accuratamente, metteteci con l'aiuto di un cucchiaio la giusta quantità di cotognata facendo attenzione a non scottarvi e livellate la superficie con il cucchiaio stesso dopo averlo bagnato. Qui sotto vedete la parata di formine da me relizzate. E no, non c'è il pesciolino, gelosamente conservato nella dispensa del paese dove è giusto che sia.<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgucnlqFb3FrBrvr1byBkpfPirSguOOZZxTArrqwVmagPUpYiJ8_oYc1PyZeF4p7k_4UzM2hXnZNyqLPOH8jSsdE4wV1qRpQxKEYS7Utw-kI6MXC7aBGSG6fnOyKHzmqkaoX5c13Hi-PWE/s1600/cotognata_ricetta.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgucnlqFb3FrBrvr1byBkpfPirSguOOZZxTArrqwVmagPUpYiJ8_oYc1PyZeF4p7k_4UzM2hXnZNyqLPOH8jSsdE4wV1qRpQxKEYS7Utw-kI6MXC7aBGSG6fnOyKHzmqkaoX5c13Hi-PWE/s320/cotognata_ricetta.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5662572119469585106" border="0" /></a>Dopo ventiquattr'ore controllate se la cotognata si è rassodata come si confà: se così non fosse, con santa pazienza rimettete il tutto in pentola e fate cuocere almeno per mezz'ora, quindi ripetete la procedura. E non fate quella faccia, ché dopo ciò il risultato è sicuro.<br /><br />La cotognata in barattolo sarà eccellente sola o come ripieno per dolci, quella in forma si presterà a diverse combinazioni, fra cui quella, di gran moda da qualche tempo (il che spiega perché le cotogne e derivati siano giunti a prezzi vertiginosi), di accompagnarla a fettine di formaggio piccante e ben stagionato.<br />Potrete pertanto a seconda dei casi rendere lieta una comitiva di nipotini golosi di torte, fare una bella merenda tradizionale con i vostri cari, stupire a cena il commensale che si dà arie da raffinato con un antipasto assai più fine di lui, e così via.<br /><br />In frigo all'interno di appositi contenitori e separate da carta da forno, le formine si conserveranno agevolmente per più mesi.<br />A ridosso delle feste di Natale potete quindi, nel caso che ne aveste ancora, acconciare un regalino tipico adagiandone un tot su un piatto o vassoio di terracotta da avvolgere con carta trasparente ben infiocchettata.<br />I buongustai gradiranno molto, voi ci farete in figurone, e converrete che sì, fare la cotognata sarà pure una fatica belva, ma ne vale davvero la pena.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-63865018111972343012011-05-09T15:31:00.004+02:002011-05-09T15:53:30.089+02:00La gattorta di Gelsomina<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-pP3RRoKtObwb6BTyA4UG7KXBqaFZbIMG44D1K0P-Yg3GwWrXaEmuByWxyORfa_8w5bquKMkS1nDtJ2iRFD5ZZ7BqvKYxQJjQb_uCxESvSA1kZY8rCn_E7AUPOxdQa_Hwoqbano0QOBw/s1600/gattorta_gelsomina.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 241px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5604709124077448866" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-pP3RRoKtObwb6BTyA4UG7KXBqaFZbIMG44D1K0P-Yg3GwWrXaEmuByWxyORfa_8w5bquKMkS1nDtJ2iRFD5ZZ7BqvKYxQJjQb_uCxESvSA1kZY8rCn_E7AUPOxdQa_Hwoqbano0QOBw/s320/gattorta_gelsomina.jpg" /></a> Lo so: oramai aggiorno il blog ogni beatificazione di papa.<br /><br />Me ne scuso ancora una volta. E' che di tempo proprio non ne ho. E quel poco tempo libero che resta dopo il lavoro e impegni vari, lo dedico alla mia famigliola. Sapete com'è, un masculo bipede e una femminella quattrozampe han le loro esigenze, e mi pare doveroso sopperirvi.<br /><br />Però oggi cinque minuti me li prendo e condivido un evento assai importante per la succitata famigliola. Ieri <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/search/label/gelsomina">la gatta Gelsomina</a> ha compiuto un anno. La data l'abbiamo scelta per convenzione: Minarella la abbiamo trovata in strada lo scorso 8 luglio e il veterinario ci ha detto che l'allora cucciolina aveva due mesi. Pertanto, abbiamo fissato il suo compleanno all'8 maggio.<br /><br />Una festa grande, che abbiamo condiviso gioiosamente con i nostri amici gattari.<br /><br />La torta che vedete è molto semplice e lesta a farsi, con pasta sfoglia già pronta e crema chantilly: il procedimento lo trovate <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2009/05/torta-di-compleanno-per-donne-che-hanno.html">qui</a>, e si presta ovviamente a infinite variazioni. Nel caso specifico, mi sono divertita con confettini e decorazioni di zucchero, e il musino micioso l'ho fatto con la nutella e della gelatina rosa impiegando una comune siringa per dolci con bocchetta liscia di piccole dimensioni: una comoda soluzione nel caso non si riesca a trovare la famosa matita del pasticcere.<br /><br />Alcuni mi faranno gli occhiacci perché ho fatto una torta per festeggiare il compleanno di "una bestia". Io dal canto mio so, come sa chiunque ne abbia in casa una, che i quattrozampe sono parte della famiglia a pieno diritto, e diventano come dei figli. Gelsomina da quando è arrivata ha reso la mia vita più bella, e festeggiare il suo compleanno è solo un piccolo modo per dirle grazie di tutto quello che mi ha donato e mi dona ogni giorno.<br /><br />E grazie a Giulia, Paolo, Marco, Cionzo e al leggendario <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2010/04/profiterole.html">Dottor P</a> (il quale ha partecipato nonostante con i gatti vada non proprio d'accordo) per aver condiviso la festa, e per i bellissimi regali che hanno fatto alla nostra amata "mina vagante", e ai suoi genitori.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-75118671494815785722011-03-20T16:30:00.006+01:002011-03-20T18:17:16.085+01:00Caveciune (ravioli fritti ripieni di ceci)<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiRrzRcmRCApHakmP5ruuhNVBrz2h44h0wGce5VQ19QdbAmvPWzMR9yo9acQ8HOl5ips0YOQ9y81JSPqjEAPXK2OXAwWbraNNIcLB2IgDyu4hrGJutXuH-ejGtqnl2bbFfGgf3j-R275G8/s1600/caveciune.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiRrzRcmRCApHakmP5ruuhNVBrz2h44h0wGce5VQ19QdbAmvPWzMR9yo9acQ8HOl5ips0YOQ9y81JSPqjEAPXK2OXAwWbraNNIcLB2IgDyu4hrGJutXuH-ejGtqnl2bbFfGgf3j-R275G8/s320/caveciune.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5586189651847932530" border="0" /></a>Questa ricetta, lo dedurrete dal ripieno, è un dolce contadino di origine secolare.<br /><br />Da noi, come saprà chi dei miei ventiquattro lettori ha avuto occasione l'anno scorso di leggere la descrizione della <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2010/03/viva-san-geseppe.html">festa di san Giuseppe al mio paese</a>, si fanno per l'appunto in occasione della ricorrenza del santo falegname.<br /><br />Ricorrenza a cui quest'anno avevo tutta l'intenzione di partecipare. C'erano tutte le condizioni per farlo, visto che cadeva in corrispondenza del ponte, ed erano mesi che mi preparavo giuliva. Peccato che la legge di Murphy abbia ben pensato di dire la sua sotto forma di uno di quei bei raffreddori di fine inverno. Cui, per gradire, si è sommata la schiena che ha fatto cilecca.<br />Sicché, anziché un bel viaggetto in quel del paesello (il quale viaggetto, mi è stato riferito, sarebbe stato funestato dal fatto che il trenino spolmonato sulla linea Urbe-Sannio ha fatto cilecca peggio della mia schiena: ma questo fra parentesi), mi son goduta quattro giorni in puro stile lazzaretto. E prima o poi qualcuno mi dovrà spiegare perché nove volte su dieci mi ammalo in corrispondenza delle ferie, ma pure questo fra parentesi, e fine della geremiade.<br /><br />Se non altro, mi sono goduta i piatti tipici della festa grazie alla zia Lella: <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2010/03/maccarune-ca-megliche-maccheroni-con-la.html">maccarun' c'a meglìche</a>, <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2010/03/pezzente-zuppa-di-legumi-misti.html">pezzènd</a>, <span style="font-style: italic;">sc'rpèll</span> e non da ultimo i <span style="font-style: italic;">caveciune</span>. Questi ultimi li ho fatti con la gentile collaborazione della zia lo scorso weekend in un momento di rara libertà, per fare in modo che pure i miei potessero gustarseli, se non nella data canonica, almeno a ridosso: è infatti una di quelle pietanze che se si fanno in almeno due persone è meglio, giacché la preparazione se non è lunga una quaresima poco ci manca. Visto che il viaggio al paese almeno a questo giro è andato giù per il secchio, è stata occasione perché li gustassimo pure io e l'amato bene. Ed è stata consolazione non magra: perché i <span style="font-style: italic;">caveciune</span> sono buoni da non dirsi.<br /><br />La ricetta che vi propongo è quella della mia famiglia, e tradisce le sue origini borghesi nell'impiego del cacao: quelli contadini, ovviamente, non lo prevedevano causa i costi proibitivi dello stesso. Va detto che un purista ad assaggiare quelli che escono oggi dalle cucine del mio paese verrebbe colto da catalessi: causa il benessere seguito al boom economico il ripieno prevede ora, a seconda dei casi e dei gusti, l'aggiunta di noci, nocciole, mosto cotto, cioccolato fondente e cioccolato bianco (ingrediente, quest'ultimo, da far venire la catalessi anche a chi non sia purista). Personalmente ritengo che miele e cacao bastino e soperchino per arricchire i ceci, pertanto la ricetta della mia nonnina resta a mio avviso insuperabile: e chi arriccia il naso al pensiero di mangiare un dolce ripieno di legumi, sia pronto a stupirsi.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Ingredienti:</span><br />300 grammi di farina<br />4 cucchiai di olio<br />2 cucchiai di olio<br />una tazzina da caffè scarsa di vino bianco<br />acqua tiepida quanto basta<br />olio di semi per friggere<br />500 grammi di ceci da lessare<br />un cucchiaio di cacao amaro<br />un cucchiaio colmo di miele<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Preparazione:</span><br />per iniziare mettete a bagno i ceci col solito pizzico di bicarbonato, lasciateli ammollo una notte intera, quindi lavateli per bene sotto l'acqua corrente e metteteli a lessare (se disponete di una pentola a pressione usatela, ché vi risparmierà di tempo e di bolletta) fino a quando non sono ben cotti. Qualcuno osserverà che impiegare i ceci in lattina accorcerebbe di gran lunga la preparazione, ma le mie zie gli farebbero giustamente gli occhiacchi, giacché i legumi già cotti sono gustosi quanto il polistirolo: armatevi di santa pazienza e seguite il metodo classico.<br /><br />Cotti i ceci, s'ha da ridurli in crema: e allo scopo una volta tanto <span style="font-style: italic;">non</span> vi suggerisco l'amato frullatore a immersione, bensì il setaccio o meglio ancora il passaverdura. In tal modo eliminerete le bucce dei legumi (operazione che, vi avverto, tramuta anche il più educato in un camallo genovese e produce una quantità inverosimile di scarto), ottenendo un passato che vi permetterà di incorporare il miele e il cacao senza problemi.<br />Alla fine, la crema di ceci doverosamente addizionata dovrà essere cremosa ma bella compatta, come da foto: lasciatela riposare e dedicatevi alla preparazione della pasta.<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhz-fZVsVsyaIbJnyzDbpBYBVooHiYF8GKckT3hCSgCz6FiuJ-fwoOaJV51uzWjRZPTzy0aC47dY8QtiigK1khnjCuMaTiC9FzQMEYv3lsGE6WyPn3VXInY0Kf1NF8N0R9NR5wrrh8cs-A/s1600/caveciune1.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhz-fZVsVsyaIbJnyzDbpBYBVooHiYF8GKckT3hCSgCz6FiuJ-fwoOaJV51uzWjRZPTzy0aC47dY8QtiigK1khnjCuMaTiC9FzQMEYv3lsGE6WyPn3VXInY0Kf1NF8N0R9NR5wrrh8cs-A/s320/caveciune1.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5586189652507199538" border="0" /></a>Mettete la farina a fontana con all'interno l'uovo, l'olio, il vino e l'acqua tiepida e attaccate a impastare con gagliardìa. Quando sentite che la pasta è liscia ed elastica potete smettere di manipolarla: prendete un coltello e dal panetto tagliate via man mano delle fette per stendere la sfoglia, provvedendo ad appiattirle prima di andare all'attacco, a seconda della perizia e dell'abitudine, o con il matterello o con l'apposita macchinetta (in questo secondo caso partite dal primo buco, passate poi al secondo e da ultimo impiegate il quinto).<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdaReNhqGuQbyCreXiS1cS4CWh8YGUX5TK3XSHyx3_OicpONIr_cXNRwMYnO1055YuzrGSVCw9x3vO4Oo4xbszIACFTwKT5pGzA3lBtK_vBsbVzlWTs60d6kkzyYUVsg4PXQu33cmxGWE/s1600/caveciune2.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdaReNhqGuQbyCreXiS1cS4CWh8YGUX5TK3XSHyx3_OicpONIr_cXNRwMYnO1055YuzrGSVCw9x3vO4Oo4xbszIACFTwKT5pGzA3lBtK_vBsbVzlWTs60d6kkzyYUVsg4PXQu33cmxGWE/s320/caveciune2.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5586189485463721138" border="0" /></a>Stesa la sfoglia (che dovrà essere spessa un millimetro) tagliatela in tanti quadrotti di circa dieci centimetri di lato, tirate lievemente la pasta per allargarla appena badando bene a non romperla, quindi poggiate al centro un cucchiaino di ripieno.<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivZinCbQ8Wd605ZyesPtBNHhpASQZD7mKwjY3qHgmtVT8mxCoWxl9QDFdCuvxG5ywUxGcdropn-MQezcIXHv0jsgJjNfspIN0a4xK2XlvxMdTDIgRnZekq7e-cpRWfGiLu_BKNGRn4FyM/s1600/caveciune3.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivZinCbQ8Wd605ZyesPtBNHhpASQZD7mKwjY3qHgmtVT8mxCoWxl9QDFdCuvxG5ywUxGcdropn-MQezcIXHv0jsgJjNfspIN0a4xK2XlvxMdTDIgRnZekq7e-cpRWfGiLu_BKNGRn4FyM/s320/caveciune3.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5586189482808220050" border="0" /></a>Il procedimento è tal quale quello per fare i ravioli: ripiegate il lato inferiore sul ripieno e saldate quindi entrambi i lati premendo delicatamente con le dita.<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhX0N6z25uUpZ37jkG-cSRQELwaNOsNHaUqwnS_WuqfrztNGVCgdCtnJB-WxBSx0mUnMarNrHmMYNu3PZxF0MmY8FLUhPq1zPbmcZ_u9kFkjo68rfCAO2CWRLgwbPiTeV4LjbdLLzPAtEw/s1600/caveciune4.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhX0N6z25uUpZ37jkG-cSRQELwaNOsNHaUqwnS_WuqfrztNGVCgdCtnJB-WxBSx0mUnMarNrHmMYNu3PZxF0MmY8FLUhPq1zPbmcZ_u9kFkjo68rfCAO2CWRLgwbPiTeV4LjbdLLzPAtEw/s320/caveciune4.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5586189481874762978" border="0" /></a>In ultimo rifilate con la rotella tagliapasta, e se volete essere sicuri che il ripieno non scappi via al momento della frittura pressate con la parte piatta della stessa intorno ai bordi. Voilà!<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDmKcszsblmKuDNLNNrSHt7AbSa1BWWYSjF57E-2DIYAN3g389jT2SGNaP8ahhuGkXp2LTgJXJNPXHxgme0aeFY0B_Ge0RcCyhyL_60kxIPMGfdbSv2wzrDjz-e5PRliOBP_-mqr0P4yk/s1600/caveciune5.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDmKcszsblmKuDNLNNrSHt7AbSa1BWWYSjF57E-2DIYAN3g389jT2SGNaP8ahhuGkXp2LTgJXJNPXHxgme0aeFY0B_Ge0RcCyhyL_60kxIPMGfdbSv2wzrDjz-e5PRliOBP_-mqr0P4yk/s320/caveciune5.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5586189476638793218" border="0" /></a>Dopo tanto faticare è arrivato il momento della frittura: e per non perdere il tempo e il ritmo, è santa cosa se qualcuno vi si dedica man mano che voi approntate i <span style="font-style: italic;">caveciune</span>. Detta frittura è meglio farla con olio di semi anziché di oliva, o i dolci vi verranno leggeri come i sassi che costellano il letto del torrente Cigno.<br />Per far sì che la cottura venga a puntino impiegate una pentola e non la solita padella, in modo che il <span style="font-style: italic;">caveciune</span> al momento del tuffo si trovi completamente immerso: quando salirà su bello panciuto, rigirandosi stile cetaceo in vena di giocare e dorato come una giornata estiva, è pronto per essere preso con la schiumarola (attenzione allo schizzo in agguato) e deposto su un bel letto di carta assorbente.<br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilQqyk_9CAYlgQWOTAlzuPzN_iBhA-agKCCQ5xEynhciWA64PCan2OzMLIU8LY-B4_SUcqASA9iJr0IIs8kKsryHIGnG5yL9St544kdvk_JmoYkRSx16UvQwfCnNszMqKdHnSKnYk4K5E/s1600/caveciune6.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilQqyk_9CAYlgQWOTAlzuPzN_iBhA-agKCCQ5xEynhciWA64PCan2OzMLIU8LY-B4_SUcqASA9iJr0IIs8kKsryHIGnG5yL9St544kdvk_JmoYkRSx16UvQwfCnNszMqKdHnSKnYk4K5E/s320/caveciune6.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5586189472319711282" border="0" /></a>Con le dosi prescritte vi verranno una quarantina di <span style="font-style: italic;">caveciune</span>, quantità che non basterebbe mai a sopperire alle esigenze di chi prepara la tavola di San Giuseppe ma che sarà più che sufficiente nel caso vogliate proporli come dessert a una bella tavolata di amici per coronare una cena tipica.<br /><br />Avrete il duplice piacere di un applauso, e di una pletora di facce basite quando rivelerete l'ingrediente principale di quel dolce così gustoso.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-34155862755653242882011-03-17T10:42:00.003+01:002011-03-17T15:43:31.442+01:00Non è la storia, è colui che la racconta: Gran Torino di Clint Eastwood<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhL6xI2dN-ibBz9DDkHxw18sEIWAzgHwZ2453ETeov87yOn8ec6GaSuG2JTI69ndpaBg4PB3e9ljCcWMHE9Fxb1wMIhwZTesdHIa4taVbKEo48z8CsQsZ_3mEHqEfZEiXdQ-yAbVyhqwrY/s1600/gran-torino.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhL6xI2dN-ibBz9DDkHxw18sEIWAzgHwZ2453ETeov87yOn8ec6GaSuG2JTI69ndpaBg4PB3e9ljCcWMHE9Fxb1wMIhwZTesdHIa4taVbKEo48z8CsQsZ_3mEHqEfZEiXdQ-yAbVyhqwrY/s320/gran-torino.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5584803589810245298" border="0" /></a>"E' la storia, non colui che la racconta".<br /><br />Chi ama Stephen King ha riconosciuto uno dei suoi aforismi più famosi. Sa anche che si trova in uno dei suoi racconti più belli, che è anche una delle più belle storie di <span style="font-style: italic;">coming of age </span>(ovvero il momento che segna il passaggio dall'infanzia all'età adulta) che personalmente abbia letto.<br /><br />E' un principio che può essere più o meno valido. Una buona storia può catturare l'interesse anche se chi la narra non vale granché. Ma va da sé che se il narratore sa il fatto suo, avrà la completa attenzione di chi lo ascolta. E se, dote rara, sa davvero il fatto suo, la avrà anche se la storia, benché buona, non dice nulla che l'uditore non sappia già.<br /><br />Clint Eastwood è un narratore che sa davvero il fatto suo. Lo ha dimostrato infinite volte. Chi volesse averne la riprova, la avrà con <span style="font-style: italic;">Gran Torino</span>. Che considerando il ritmo con cui film, libri e quant'altro vengo prodotti e digeriti dal mercato, è ormai vetusto: è uscito nel 2008. Ma l'anno di produzione non conta, perché si tratta di un classico nel più puro senso della parola. Un classico che ha il contempo il pregio di essere atipico: è un film che racconta una storia, e la racconta dall'inizio alla fine.<br /><br />La storia in sé è già nota. Il protagonista è un uomo anziano e burbero, afflitto da due figli della consistenza di un budino e da nipoti adolescenti che sono la quintessenza della stupidità più gretta e modaiola. Morta la moglie, si ritrova unico bianco o giù di lì in un quartiere che pullula di immigrati. Immigrati che lui chiama con garbo<span style="font-style: italic;"> swamp rats </span>(letteralmente "pantegane di palude", ma si potrebbe rendere in maniera assai meno gentile), visto che, oltre a essere anziano e burbero, Walt Kowalski è anche la quintessenza del più retrivo americano medio: praticello di un metro quadro perfettamente rasato, fucile di precisione in casa, ghiacciaia colma di lattine di birra sulla veranda che è, <span style="font-style: italic;">ça va sans dire</span>, adorna di una bandiera a stelle e strisce formato lenzuolo.<br />Il fatto che sia un reduce della guerra di Corea non contribuisce a renderlo ben disposto nei confronti dei vicini, musi gialli di provenienza ignota che hanno pure il cattivo gusto di celebrare con gran dispendio di festa e folla un battesimo nel mentre che a casa sua si sta tenendo il rinfresco dopo il funerale dell'amata consorte. E che uno dei musi gialli, un ragazzo adolescente scarso a spina dorsale e fin troppo prono a farsi sviare da un cugino gangster d'accatto, tenti di rubargli la sua Ford Gran Torino, lo rende ancor meno ben disposto.<br /><br />Con questi presupposti, lo spettatore smaliziato fa presto a fare due più due: scommette, e sa di vincere in partenza, che fra il vecchio americano flessibile quanto il marmo e i suoi vicini asiatici si instaurerà una relazione. Sa pure che nel percorso non mancheranno intoppi di vario genere. E sa che alla fine il tutto sarà di beneficio e crescita per entrambe le parti. Ma nonostante sappia, quella storia la vuole sentire e vedere: perché chi la racconta è un narratore eccezionale. E come tutti i narratori eccezionali, sa sorprendere.<br /><br />Fra i pregi di Eastwood c'è il sapersi affidare a compagni di viaggio sperimentati, saper riconoscere del materiale valido, saperlo trattare. La sceneggiatura lo aiuta: i dialoghi non hanno un momento di stanca. Non c'è bisogno di saltare avanti e indietro a suon di flashback, né di indulgere in colpi di scena: una comunissima fetta di vita è sufficiente a sostenere il tutto, e lo è anche perché, essendo comunissima, è paradigmatica. Gli attori sono solidi. La fotografia ha un nitore documentaristico, la musica c'è quando ci vuole. Ogni dettaglio ha il suo peso, e contribuisce a dar peso alla storia. E nonostante ormai anche un bimbo si ritrovi ingozzato di postmodernismo da ogni parte con il risultato di trovare tutto già visto, trito e per questo persino ridicolo ("Si può dire 'Era una bella mattina di fine novembre' senza sentirsi Snoopy?", osservò una volta <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Eco">qualcuno</a>), Eastwood ha pure il coraggio di impiegare i cliché. E li impiega così bene che non sono più cliché: tornano ad essere archetipi.<br /><br />Altrettanto archetipica è la funzione dei valori all'interno della trama (di cui non dirò niente, perché va bene che la storia è intuibile, ma rivelarla sarebbe pura cattiveria). Credo che ci siano poche cose più soggette a sfottò dei valori: non a torto, visto che è da quando è nato il mondo che se ne parla giusto per dare una risibile patina di decoro a una realtà lercia quanto una sentina. Ma come disse <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/George_Lucas">un regista</a> che non potrei immaginare più lontano da Eastwood, "fare i cinici è molto facile". La vera scommessa per un narratore è evitare il cinismo senza cadere nella stucchevolezza. Eastwood ha un equilibrio invidiabile, tanto più evidente quanto meno si vedono sullo schermo i modi con cui lo raggiunge. E riesce a trasmettere senza alcuna sdolcinatezza il valore di una famiglia i cui membri si vogliono bene, dei risultati ottenuti attraverso il duro lavoro, del rispetto di sé e degli altri, di un amore così forte da durare anche dopo che morte separa.<br /><br />Sono cose che al naso di qualcuno puzzano di conservatorismo. Il conservatorismo è stato spesso rimproverato a Clint Eastwood, e per i personaggi interpretati e per alcuni film che ha diretto. Personalmente, la ritengo una fesseria. Basta vedere il ruolo che nelle sue opere da regista hanno le donne. <span style="font-style: italic;">Gran Torino </span>non fa eccezione, se si escludono la nipote avida e imbecille e la sua altrettanto avida e imbecille madre: la giovane Sue, vera coprotagonista del film e la sola capace di tener testa a Kowalski grazie a una lingua tagliente e a un cervello che lo è ancora di più, la sua rocciosa nonna che scambia con il rigido vicino eloquenti dialoghi a suon di occhiate, le numerose comprimarie che crescono piccoli delle più varie età e imbandiscono al protagonista manicaretti meravigliosi sono tutti tasselli di un'unica immagine di donna come individuo capace di pensare, decidere, procreare, nutrire, potente e ricco di significato a qualunque età.<br />Individui a confronto dei quali i maschi fanno una figura ben meschina: a parte casi rarissimi sono o amebe di aspetto e di fatto, o amebe truccate da delinquenti dotati di pistole ma privi di palle, in grado di imporsi solo con la violenza. Considerato attore e regista virile per eccellenza, Eastwood dedica all'universo femminile gran parte dell'attenzione: lo fa con prospettiva da uomo, ma è capace di cogliere aspetti che non tutti gli uomini sanno cogliere. E a volte, manco le donne.<br /><br />In tutto questo, l'attore e regista è l'anima del film: espressione abusata, ma mai vera come in questo caso. Clint Eastwood è da tempo un'icona, ma nonostante ciò è capace di dare corpo in maniera credibile al protagonista e alla sua interazione con gli altri personaggi (delle donne ho già detto, degli uomini non dico perché se c'è un simbolo per eccellenza del <span style="font-style: italic;">buddy movie </span>è lui). Si sa che è noto per avere due espressioni, ovvero una quando gli manca il cappello: e nessuno come lui riesce a trasmettere le emozioni più diverse con un battito di palpebra, un cenno della testa o semplicemente fissando lo sguardo. Tanto più esprime il movimento del corpo, la postura delle spalle, la camminata decisa e appena sbilenca da vecchio solido. Esatto opposto di un istrione, Eastwood è uno di quei rari attori che nel tempo hanno raffinato l'arte di ottenere il massimo risultato con la massima economia. E' banale osservare che è un piacere guardarlo, ma è vero: è un piacere guardarlo.<br /><br />E' un piacere anche vedere il film, in tutto il suo dipanarsi verso una fine che è nota. E che però stupisce, e stupirà tanto più chi ha in mente Eastwood nel suo ruolo primigenio di giustiziere. Il finale vi allude, e allo stesso tempo lo risolve. Non vi dico come. Perché lo ripeto, se non avete visto <span style="font-style: italic;">Gran Torino</span>, lo dovete vedere. E' uno di quei film che fanno bene al cuore.<br /><br />Fa bene al cuore perché, oltre al piacere di guardare un'opera fatta con maestria e cognizione di causa, restituisce il piacere del coinvolgimento senza distanza, e senza sentirsi stupidi perché si è coinvolti.<br /><br />Forse anche per il momento in cui l'ho visto, <span style="font-style: italic;">Gran Torino</span> mi ha fatto pensare al mio paese. Non solo perché Eastwood è il simbolo per eccellenza di uno dei filoni più riusciti del cinema italiano, e non solo perché l'<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ford_Gran_Torino">auto che dà il titolo al film</a> è fin dal nome un omaggio alla città che, oltre ad essere il cuore dell'industria, fu la prima capitale.<br /><br />Mi ci ha fatto pensare, magari confusamente, per diversi motivi, e per mero paragone. Forse perché Walt Kowalski, maschio bianco americano medio con la bandiera fuori di casa e le armi dentro e perfettamente conscio di chi e cosa è, riesce comunque a entrare in contatto con ciò che è diverso e per certi versi opposto (l'altro da sé, direbbero i miei amici più colti), che si tratti di stranieri o di giovani. Nel farlo, è capace di individuarne i punti comuni e quelli non comuni, ma che sono validi, e quindi da far propri. Riesce quindi a ridefinire il sé senza perdere identità, anzi arricchendola.<br /><br />La capacità di entrare in contatto con l'altro da sé non sembra una delle caratteristiche del mio paese.<br />Da quel poco che ho studiato, la capacità di farlo deriva dal fatto di avere un'identità solida e definita.<br />Chissà perché, mi viene in mente quella famosa frase attribuita a Metternich.<br /><br />Buon centocinquantenario.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-85088997746334073232011-03-08T13:26:00.011+01:002011-03-08T17:24:10.043+01:00Martedì Grasso: migliaccio di Carnevale<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDtejC4UtlMW3B-X4Im2L0I3ofQQKKHedYdqxBukQtiE1axwefuRv8e9ZkHpuGbW0msv-5Frfce7Gatr7vlk24UTypKrEiGxe4FexPji5c-Qu7BVQoOBsbAXx9p_svuWd1bf4YWo2gvf8/s1600/migliaccio.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5581684879003397330" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDtejC4UtlMW3B-X4Im2L0I3ofQQKKHedYdqxBukQtiE1axwefuRv8e9ZkHpuGbW0msv-5Frfce7Gatr7vlk24UTypKrEiGxe4FexPji5c-Qu7BVQoOBsbAXx9p_svuWd1bf4YWo2gvf8/s320/migliaccio.jpg" /></a>Questo dolce carnevalesco è parecchio antico: il nome deriva infatti da miliaceus, una torta a base di farina di miglio parte dello sparuto ricettario dolciario dei Romani. Ma la mia patria di adozione non c'entra nulla con la scelta di prepararlo. Men che meno c'entra il mio paese di origine: il migliaccio è sì sannita, ma del Beneventano. E' entrato però nel patrimonio familiare da qualche anno a questa parte. O farei meglio a dire rientrato, dopo un'assenza durata più o meno centotrent'anni. Tanti ce ne sono infatti voluti perché la parte di famiglia che risiede in quel borgo frentano di cui declamo le beltà ogni tre per due rientrasse in contatto con la parte originaria.<br /><br />Del paese d'origine del mio trisavolo ho sentito parlare molte volte durante l'infanzia, e anche dopo. Appena diciottenne, il mio avo era partito col fratello sedicenne percorrendo in carretto la strada che dal Sannio profondo puntava verso il mare. In un baule c'erano ancora le pistole corrose dalla ruggine che si erano portati per difendersi dai malviventi. Per un certo periodo avevano conservato rapporti affettuosi con la famiglia d'origine, ma non erano più tornati indietro. E dopo la loro morte e la guerra, il legame si era interrotto. Mio nonno aveva detto più volte che sarebbe voluto andare sul posto e cercare eventuali familiari ancora vivi, ma non ci era riuscito.<br />Più passava il tempo, più il paese assumeva la sfumatura fantastica della Macondo di Marquez. E nessuno sembrava sapere dove fosse esattamente.<br /><br />Una bella mattina d'estate mio padre smese di bere il caffè a metà tazzina e guardò mia zia Margherita.<br />"Per la miseria. <em>So' iute a' Mereca</em>, <em>n'a Finlandia, me ce manghe sule 'a Cina e 'u Giappone. </em>Ma ti pare possibile che non ho mai visto il paese di mio nonno? Sta pure sulla statale dove è il nostro. Mò mi organizzo."<br /><br />Si organizzò con mia madre, mio cugino Antonio e lo zio Michelino, e si scoprì così che il paese c'era.<br />C'era pure la famiglia. Con un cognome diverso, perché l'unica a sposarsi era stata una sorella del trisnonno. Ma c'era. Telefonarono. Rispose Raffaellina. Nome di famiglia. E quando capì con chi stava parlando, per l'emozione le sparì la voce.<br />Non era la sola a essere emozionata.<br /><br />Mi sono emozionata anche io quando sono andata al paese, qualche tempo dopo, a conoscere i parenti ritrovati. L'abitato così simile a quello del mio borgo, ma sovrastato dalla figura massiccia della montagna, che copriva tutto lo sguardo quando si usciva da quella porta che il mio trisavolo aveva varcato per non tornare. E il tremito a constatare le burle delle leggi genetiche, con Raffaellina identica nella figura a zia Margherita, ma con gli occhi e i tratti di zia Maria. E ben più di un tremito nel trovarsi di fronte gli stessi occhi celesti e gli stessi corposi, lunghissimi capelli biondi della sorella di mio nonno, morta a vent'anni prima della Grande Guerra e vista solo in fotografia, in una florida ragazzina novenne dallo sguardo serio.<br /><br />A quella visita è collegato anche un ricordo gastronomico. Il migliaccio, per l'appunto. Preparato meravigliosamente dalla moglie del capofamiglia, Vittoria. La ricetta è sua, e l'ho seguita fedelmente. Il suo aveva una meravigliosa superficie bruna e compatta, e odorava di primavera. Il mio è venuto crepato come un campo riarso dalla più feroce calura estiva, ma la bontà era quasi pari a quella del capolavoro dolciario della zia. Nel caso vogliate festeggiare l'ultimo giorno di Carnevale all'insegna della tradizione sannita, ecco come approntarlo.<br /><br /><strong>Ingredienti: </strong><br />125 grammi di semolino<br />500 grammi di ricotta di mucca<br />tre quarti di litro di latte intero<br />250 grammi di zucchero<br />1 bustina di vaniglia<br />3 uova<br />un cucchiaio di liquore Strega<br /><br /><strong>Preparazione:<br /></strong>in primis scaldate a fuoco lento il latte addizionato con un pizzico di sale. Prima che inizi a bollire versateci a pioggia il semolino (onde evitare i grumi io mi sono aiutata con un colino) e mescolate continuamente con la fedele cucchiara di legno per evitare che si attacchi. In capo a breve vi accorgerete che il semolino si è bevuto tutto il latte, diventanto bello cremoso e giungendo a cottura: spegnete il fuoco, mettete da parte e lasciate raffreddare.<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjes4HH9wI_sCnrOtvnxpUyMRlDMGFtqYY7RjhD4d9pqQm6hrYe_S62jpDxrS_a7-8fgTUVQ82zebjSA_AtfYVXas6c_2szipLkyVzsSQmi2hyphenhyphena6q-CGwuemBs4c_oWrjTHzeeNUvvTBaI/s1600/migliaccio1.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5581697521144822162" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjes4HH9wI_sCnrOtvnxpUyMRlDMGFtqYY7RjhD4d9pqQm6hrYe_S62jpDxrS_a7-8fgTUVQ82zebjSA_AtfYVXas6c_2szipLkyVzsSQmi2hyphenhyphena6q-CGwuemBs4c_oWrjTHzeeNUvvTBaI/s320/migliaccio1.jpg" /></a>Nel mentre che il semolino si fredda acchiappate una capace scodella (mi raccomando: capace) e mescolate con l'aiuto di uno sbattitore elettrico tenuto al minimo la ricotta, lo zucchero, il liquore Strega, la vaniglia in polvere e, una alla volta, le uova intere.<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXfZAwbd_GGbO9p-rVZW1Yrz60HP_tNA1cNh9vjAUXv9w1OYywgnmuofX_9ttNKSUk70yh_GihRs954TibtWTmwu5sph46bminIOdbLfZ-5mHjsXb6KaoSQrpwM-r8rmalLCmPDuIYmoc/s1600/migliaccio3.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5581684793111379074" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXfZAwbd_GGbO9p-rVZW1Yrz60HP_tNA1cNh9vjAUXv9w1OYywgnmuofX_9ttNKSUk70yh_GihRs954TibtWTmwu5sph46bminIOdbLfZ-5mHjsXb6KaoSQrpwM-r8rmalLCmPDuIYmoc/s320/migliaccio3.jpg" /></a>Provvedete quindi a incorporare il semolino mescolando accuratamente con lo sbattitore: il composto dovrà risultare liscio, cremoso e assolutamente privo di grumi. Se non avete il frullino elettrico armatevi di santa pazienza con la fedele cucchiara, o meglio ancora con una frusta di fil di ferro: fino a che l'ultimo grumo non si è suicidato di fronte alla vostra pervicacia, non smettete di mescolare.<br /><br />Fatto ciò è arrivato il momento di darsi del tu con la cottura: preriscaldate il forno a 160°, imburrate per bene una teglia rotonda che abbia un diametro di 24 centimetri (se avete la fortuna sfacciata di avere quella da pastiera impiegatela allo scopo) e versateci l’impasto, facendo attenzione perché risulterà alquanto liquido. Quindi lasciate andare la cottura per un'oretta almeno.<br /><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgR8_DC4FLWbflqcBVi_y4HDRG-DT9ByVq_1wYyK_YpiJA7QIk-VBKAF7EvUxgEjuAeRlq3gYGnzCbtCi9BRpYF6OqXoh7sovMoc7WNoL_SRS3B2dwLMEuwu9ZsCCqtfZJ96qLWhdpSzLI/s1600/migliaccio4.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5581684793816492898" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgR8_DC4FLWbflqcBVi_y4HDRG-DT9ByVq_1wYyK_YpiJA7QIk-VBKAF7EvUxgEjuAeRlq3gYGnzCbtCi9BRpYF6OqXoh7sovMoc7WNoL_SRS3B2dwLMEuwu9ZsCCqtfZJ96qLWhdpSzLI/s320/migliaccio4.jpg" /></a>Dopo la succitata oretta la superficie della torta dovrebbe avere un bel colore bruno dorato. La mia, causa forno birbante che di far colorire la superficie di qualsivoglia cosa non ne vuole sapere, era pallida come una patata in cantina. Se pure voi avete un elettrodomestico maramaldo chiudete il gas, accendete il grill e lasciate che sia lui a colorire la torta. Si creerà un'appetitosa crosticina dovuta al caramellarsi della superficie, e pazienza se non è uniforme.<br /><br />Fate quindi raffreddare il dolce in santa pace a temperatura ambiente per almeno un'ora: non fatevi prendere dalla tentazione di sformarlo prima, pena lo sbragamento dello stesso.<br /><br />Io ho atteso religiosamente il tempo prescritto, l'ho rovesciato su apposito piatto e prima di ribaltarlo onde presentarlo a faccia in su ho avuto modo di constatare che il fondo era ben cotto, compatto e la colorazione giallo-dorata lo faceva sembra un disco solare. Essendosi crepata sì malamente la superficie ho ben pensato di servirlo così. Ho comunque ragione di credere che delle mie considerazioni estetiche non importasse un bel nulla a nessuno: il migliaccio è stato grandemente apprezzato da amato bene, genitori, zia e, come potete vedere, anche dalla gatta Gelsomina.<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1c6A3TF2zblsxlCUaqQp_k9FvbkaFAXyWR0GDmLC_3hjvg80ywjw66CfEYzUJudzRFd-pTEgsZknNyCsNaJMHdg1IDRE0gcRUAFCS4eNfwzXpqzyxIqkKTuFnKh6uVQu0yCAAfj8Ll1E/s1600/migliaccio5.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5581684792076369186" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1c6A3TF2zblsxlCUaqQp_k9FvbkaFAXyWR0GDmLC_3hjvg80ywjw66CfEYzUJudzRFd-pTEgsZknNyCsNaJMHdg1IDRE0gcRUAFCS4eNfwzXpqzyxIqkKTuFnKh6uVQu0yCAAfj8Ll1E/s320/migliaccio5.jpg" /></a>Cottura a parte, per la preparazione del tutto sono necessari non più di venti minuti. Se pertanto siete fra quei fortunati che riescono a tornare a casa a un'orario decente e persino a fare la spesa prima che i negozi chiudano, avrete bell'agio di fare stasera una piacevole sorpresa a chi vi è caro e festeggiare degnamente il Carnevale.</div><div></div><div>Oggi, per inciso, sarebbe anche la Festa della Donna. </div><div>Ma io non mi sento molto in vena di festeggiare. </div><div>In primis, perché le donne nell'ultimo periodo non sembrano passarsela molto bene.</div><div>E non da ultimo, perché se questa ricorrenza diventa occasione per rimpinguare le casse dei fiorai, o delle pizzerie e discoteche dove il solito manipolo di schiave del tacco a spillo va a godersi il giorno di libera uscita dal fidanzato/marito con le amiche, il tutto senza che nessuna sappia niente di quelle povere operaie arse vive, e peggio ancora senza che ne voglia sapere niente, è una festa che con le donne non ha nulla a che fare.<br /><br />Però, per quello che vale, rivolgo un augurio a tutte le donne, me inclusa. Ricordatevi che siete importanti 365 giorni l'anno, e 366 nei bisestili.<br />Meritiamo molto di più. </div><div>E le mimose le portassero al cimitero.</div>Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-66663418819792023322011-02-17T13:47:00.003+01:002011-02-17T14:40:02.389+01:00Festa del gatto (con tanti auguri alla mia piccina pelosa)<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3ZBSAYsWmgLmnRZefUVN0kTaUfWFGmJ86RG1WAlixqendJsVExrNBOEzwEI9bGBmGvJk0aH1DPVhIneTbM7lclhk7sWF7NN4z6YPXLf6H64HrVT7PwUeDWknsSozmZqg3sJHzhJdCY9c/s1600/minarella_ronf.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5574639675664271202" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3ZBSAYsWmgLmnRZefUVN0kTaUfWFGmJ86RG1WAlixqendJsVExrNBOEzwEI9bGBmGvJk0aH1DPVhIneTbM7lclhk7sWF7NN4z6YPXLf6H64HrVT7PwUeDWknsSozmZqg3sJHzhJdCY9c/s320/minarella_ronf.jpg" /></a>Oggi è una giornata speciale, speciale come le creature cui è dedicata: i nostri adorati amici con le vibrisse hanno una festa tutta per loro.<br /><br />Per me è ancora più speciale, perché è la prima volta che la festeggio con un miciotto in casa. Per la precisione una miciotta, la mia (pardon caro, <em>nostra</em>) adorata <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/search/label/gelsomina">Gelsomina</a>.<br /><br />Mina, altresì nota come la Mina Vagante, ha da poco compiuto nove mesi. Chi segue questo modesto blog già la conosce, e sa quanto era bella fin da piccina. Ora è più bella che mai. Ed è fulva, discola, intraprendente e vivace.<br /><br />Corre dietro a qualunque oggetto semovente, imbarcandosi in partite di calcio con pallina di stagnola da stracciare Pelè e Cruijff messi assieme. Ogni giorno tira giù i novanta e passa peluche che si trovano stipati sul comò, trascinandone una parte sotto il letto o sul tappetino del bagno e giocandoci con gagliardìa. La casa non ha più tende, impiegate come supporto per l'arrampicata verso il soffitto. Le ciabatte mie e dell'amato bene tendono a scomparire, per poi misteriosamente riapparire in posti impensati.<br /><br />Quando io rientro a casa mi guarda con affettuosa degnazione, mi saluta poggiandomi la zampetta sullo stinco e poi mi segue per ogni dove, protestando con ripetuti mamao e mameo in quanto la sottoscritta si imbarca in cose noiose come il cucinare anziché dedicarsi ad attività più consone come tirare il topolino di pezza (gioco che può durare potenzialmente all'infinito, visto che Mina lo riporta al lanciatore stile segugio). Quando rientra l'amato bene, grande entusiasmo: usando il divano come trampolino di lancio gli vola in spalla e lì si mette a fare il colletto di pelliccia. Se la sottoscritta è più vicina del divano diventa lei il trampolino di lancio, con conseguenti ululati causa unghiette. Ma bastano due fusa e passa tutto.<br /><br />Le fusa diventano infinite nel lettone. Basta chiamarla, "Mina, Mina...", e dopo qualche secondo si sente un trottare, un salto soffice sulla coperta, e un taptaptap fino al cuscino. Nel buio si aggrappa ai miei capelli, la pancia contro la sommità della testa, una zampetta contro la mano del suo papà bipede, e ci si addormenta tutti assieme. E la mattina la sveglia non serve più, perché ci desta il ron-ron. Molto meglio di una musichetta qualsiasi, credetemi.<br /><br />Per queste e altre cose le sono grata.<br />Da quanto lei è entrata nella vita mia e dell'amato bene, tutto sembra molto più bello. Anzi, <em>è</em> più bello.<br />Tanto può una creaturina pelosa.<br /><br />Se volete vedere le nuove foto di Gelsomina, ne troverete tante sulla sua <a href="http://www.facebook.com/pages/La-gatta-Gelsomina/159471177412403">pagina di feisbuc</a>. Se volete, vi potete pure iscrivere. Mina ogni tanto commenta da par suo le vicende di vita proprie e della coppia di pasticcioni che l'ha adottata, e i selezionati amici che la leggono dicono pure che è divertente. Ci mancherebbe che non fosse ironica: è una micia romana, perbacco.<br /><br />Se amate i gatti e ancora non ne avete uno, questa giornata (ma anche le altre 364 dell'anno) è ideale per andare ad adottare uno dei mici che ci sono nei gattili della località dove abitate o nei dintorni. Ce ne sono sempre tanti, di tutte le età e di tutti i colori, e ciascuno aspetta il suo umano da amare.<br /><br />E quando avrete il vostro compagno peloso, scoprirete che quando c'è l'amore di un micio è festa tutto l'anno.<br /><br />Auguri a tutti voi.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-41945883973008237642011-02-06T18:59:00.004+01:002011-02-06T20:14:13.059+01:00Far la festa al maiale: Pizze c'i cìcule (Pizza con gli sfrizzoli)<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEigPON2_l0LxYy4UpPG1SolzRnTLKB1ydtEzgwSY4pVsgf7mvAGZOSblfRYiYkpzS5p53IRTL4hGr98DbA-k3l5TNdcPFBQf41zTTG5G7aw6EVa0OP5NJRMl_U_XM9roJ6HccRbzay_WD8/s1600/pizza_cicule.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEigPON2_l0LxYy4UpPG1SolzRnTLKB1ydtEzgwSY4pVsgf7mvAGZOSblfRYiYkpzS5p53IRTL4hGr98DbA-k3l5TNdcPFBQf41zTTG5G7aw6EVa0OP5NJRMl_U_XM9roJ6HccRbzay_WD8/s320/pizza_cicule.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5570591742214759874" border="0" /></a>Drrrrriiiinnn.<br />"Brondo?"<br />"Stella mia, come stai!"<br />"Inzobba. Febbre bassada, ma ho il daso che berde beggio dell'agguedoddo bugliese".<br />"Te l'avevo detto io di fare il vaccino! Ma tu niente, sempre co' sta tiritera che non avevi tempo e dovevi lavorare! Visto che ti è successo? Il compleanno con 39 di febbre! Bella cosa!"<br />"Dando gabidava di ludedì, dod sarei riuscida a fesdeggiare gomungue..."<br />"Eh, bella consolazione! Pure a chille povere fìglie hai attaccato l'influenza!"<br />"Zì, se sdrilli gosì di sende bure ghille povere fìglie e lo svegli..."<br />"Non sia mai! Povere guagliòne, chi sa come sta accìse..."<br />"Dranguilla, siabo giovadi e fordi. Dibbi di de biuddosdo..."<br />"E che ti devo dire... Solite cose. Ho appena fatto la sugna e ci sono usciti pure un bel po' di <span style="font-style: italic;">cìcule</span>, così ci faccio una bella pizza e la surgelo, che a papà tuo piace tanto..."<br />"Uuuh, 'a bìzze! E' vero, è beriodo... E gome si fa, ghe dod be l'hai mai deddo?"<br />"Guagliò, ma te pare momènte de penzà a 'a pizze c'i cìcule?"<br /><br />Ovvio che è il momento. Dopo che una ha passato una settimana tonda tonda chiusa in casa a starnutire avrà pure il diritto di distrarsi un po'. E per distrarsi, niente di meglio di una ricetta di cucina, soprattutto in una situazione in cui persino una fetta di torta al cioccolato sa di cavolo lesso e lasciato in frigorifero per una settimana. E meglio ancora se si tratta di uno dei cavalli di battaglia familiari.<br /><br />La <span style="font-style: italic;">pizze c'i cìcule </span>è una delle prelibatezze invernali della gastronomia sannita, e un tempo non c'era famiglia che non la preparasse quando si faceva la festa al porco. Del resto, non c'era famiglia che non facesse la festa al porco, visto che il povero suino era in grado di sfamare un bel po' di gente per lunga pezza a fronte di minima spesa per l'allevamento. Il maiale veniva in genere stallato nella cantina, la quale si trovava perlopiù al piano terra, e nutrito con ricche dosi di avanzi e di pastone a base di mais e crusca. A sovrintendere al suo benessere nella nostra famiglia era la nonna, la quale era nota in tutto il paese per la bontà dei salumi che faceva: del resto il suo porco, prima di incontrare mesta fine, era trattato come un re. Un particolare suino ebbe persino l'insolito onore di entrare nella sua stanza da letto, portato lì dalla zia Maria per mostrare a mia nonna, costretta a letto da una frattura alla gamba, come il porcello stesse crescendo benissimo. E come zia Maria sia riuscita a far salire e scendere una scalinata ripidissima fino al primo piano a un maialotto che stazzava sui due quintali è cosa che tuttora ci lascia perplessi, ma credo si spieghi con la nota tostaggine delle donne di famiglia, e della zia in particolare.<br /><br />Va da sé che oggi la festa al porco non la fa quasi più nessuno, se si esclude qualche famigliola che ancora risiede in campagna: primo perché suppongo che allevare un maiale nella propria cantina sia cosa da causare un coccolone a chiunque abbia una minima conoscenza di norme igieniche e sanitarie, secondo perché fare i salumi in casa è una faticaccia tremenda che prevede un nutrito numero di persone, e non da ultimo perché le mie compaesane sono ormai tutte provviste di Bimby e affini ma se gli si chiede come si fa una soppressata o una salsiccia rimangono con la mascella appesa.<br />Massima comprensione da parte mia, anche perché il pensiero di far secco un povero porcellino con il muso a turacciolo dopo averlo nutrito per mesi è cosa sufficiente per persuadere chiunque che la creatura, se proprio deve morire, lo deve per vecchiaia. Ma se continuo su questo tenore va a finire che mi viene la mestizia e non trascrivo più la ricetta della pizza: il che sarebbe un peccato perché, come detto prima, è una vera prelibatezza. Mi scuseranno pertanto i poveri suini, condannati a una sorte che è tanto più triste considerando che vi sono tanti bipedi i quali, nonostante la loro natura ben più porcina, non rischiano di diventare salsicce. Ma questo, come sempre, fra parentesi.<br /><br />Per fare la pizza ci vogliono due cose: pasta lievitata e <span style="font-style: italic;">cìcule </span>ovvero sfrizzoli, entrambi di ottima qualità. Potete procurarvi la prima dal vostro panettiere di fiducia e gli altri dal macellaio, risparmiandovi un mucchio di lavoro. Converrete però che a fare così non c'è gusto. Pertanto riporto paro paro il procedimento impiegato da mia nonna prima e da zia Maria adesso: sarà pure una faticata, ma la soddisfazione è pari.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Ingredienti (bastevoli per due pizze):</span><br />mezzo chilo di farina<br />un cucchiaino di sale<br />mezza bustina di lievito di birra secco<br />circa 300 grammi di acqua tiepida<br />mezzo chilo di grasso di maiale (fatevi dare quello di pancia)<br />un po' di pepe<br />pazienza ad libitum<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Preparazione:</span><br />in primis dovrete approntare <span style="font-style: italic;">i cìcule</span>, e sappiate che alla fine vi chiederete, a mezza voce perché manco avrete la forza di strillare, chi accidenti ve l'ha fatto fare. E' infatti un esercizio di pazienza zen da far cacciare i santioni a un santone. Però avrete come risultato anche dell'eccellente sugna fatta in casa, ideale per fare una pasta sfoglia che sia di quelle come si confà (a breve vi darò pure la ricetta della zia Lella, roba d'alta scuola di cucina casalinga), pertanto ne vale la pena.<br /><br />Con santa pazienza fate a pezzi il grasso di maiale, mettetelo in una bella bacinella piena di acqua fredda e lasciatelo a mollo in loco fresco. Durante la giornata cambiate l'acqua un paio di volte, in modo da far diventare bianco il grasso come dice la zia Maria (ciò succede, lo dico a beneficio degli amanti del <span style="font-style: italic;">gore</span>, perché più si cambia l'acqua più eventuale sangue presente se ne va giù per lo scarico). Quando l'acqua sarà limpida è arrivata la parte più difficile, quella di separare la sugna dagli sfrizzoli: raccomandatevi allo spirito di Escoffier, o meglio ancora a quello della grande Marietta, cuoca di casa Artusi, che sicuramente aveva con le squisitezze di campagna assai più dimestichezza di qualsivoglia chef transapino.<br /><br />Prendete la vostra pentola migliore, ovvero quella con il fondo dello spessore di un cingolato, travasatevi i tocchi ben sgocciolati e accendete il fornello al minimo. Piano piano vedrete che il grasso si scioglie, e che sul fondo restano gli sfrizzoli, in una quantità che si aggira sui tre o quattro cucchiai: spegnete il fuoco, aspettate che il tutto si intiepidisca (<span style="font-style: italic;">non </span>che si freddi), quindi armatevi di mestolo, e con santa pazienza travasate pian piano il grasso in un barattolo. Diventerà sugna candida, da impiegare oltre che per la pasta sfoglia anche per una frolla da crostate che vi stupirà per la croccantezza. Ma a voi per il momento sono i temibili <span style="font-style: italic;">cìcule</span> che interessano: teneteli pertanto a portata di mano e a temperatura ambiente. Oppure, se avete deciso che dopo cotanta seccatura è il caso di rimandare la preparazione della pizza, surgelateli: non ne avranno alcun danno.<br /><br />Fatti gli sfrizzoli, s'ha da fare la pasta: e quella si fa <span style="font-style: italic;">more solito</span>, ovvero mettendo su una spianatoia o in una ciotola capace la farina e il lievito, impastando man mano che si aggiunge l'acqua tiepida, e aggiungendo il sale solo dopo che gli ingredienti si sono amalgamati sennò il lievito si impigrisce. Chi segue questo modesto blog sa già che, giusta i <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2010/04/la-pizza-di-bonci-e-il-frac-del.html">dettami di Gabriele Bonci</a>, la pizza si può fare anche senza impastare: ma nel caso di ricette di famiglia io butto volentieri alle ortiche il trend degli impasti idratati e vi suggerisco di fare come mia zia e come le vostre zie e nonne, ovvero lavorare la pasta con gagliardìa per una decina di minuti e, quando è diventata bella elastica, farne una palla su cui farete una bella incisione a croce e lasciarla lievitare in loco ben riparato da correnti d'aria.<br /><br />Quando la pasta sarà raddoppiata di volume (cosa di cui vi renderete conto perché la croce è scomparsa) toglietela dalla ciotola, ponetela su un piano ben infarinato e allargatela con le mani, badando che la superficie sia il più possibile uniforme e non si buchi. Fatto ciò, fate scaldare i <span style="font-style: italic;">cìcoli </span>addizionati con un bel cucchiaio di sugna e con una bella spruzzata di pepe e con somma cautela versateli sulla superficie della pasta, in modo da lasciare circa un centimetro libero sui bordi. Quindi con abile mossa arrotolate la pasta su se stessa come se steste facendo uno strudel, foggiatela a pagnottella e rimettetela a lievitare per una mezz'ora.<br /><br />Nel frattempo accendete il forno a 250°, acchiappate la placca e rivestitela di carta da forno in modo che sia pronta all'uso. Allo scadere della mezz'ora riprendete la pagnottella, dividetela in due e sul piano sempre infarinato foggiate ciascuna metà a forma di focaccia piatta con un bel buco al centro, come da foto all'inizio. Sistemate quindi entrambe le pizze sulla placca, e lasciate cuocere per una quindicina di minuti. Poi spegnete il forno, tirate fuori la teglia, e lasciate intiepidire.<br /><br />Quando le pizze avranno smesso di fumare ma saranno ancora belle caldocce, potrete decidere di premiarvi e assaggiarne un pezzettino, assai meritato dopo tanta fatica.<br />Scoprirete così che sì, ne valeva la pena, di fare tutta quella fatica. Perché la <span style="font-style: italic;">pizze c'i cicule</span> fatta in casa è morbida, croccante e aromatica come nessun'altra, e mentre la mangiate vi si scioglierà in bocca.<br /><br />A quel punto decidete se volete godervela da soli oppure, cosa che vi raccomando caldamente, accompagnati. In questo secondo caso, allertate amici e persone care con i mezzi che vi sembrano più acconci, e ditegli di presentarsi a casa vostra in tempi ragionevoli e bussando con i piedi, perché le mani dovranno recare salame casereccio, formaggio stagionato e, per i non astemi, una bella boccia di rosso.<br /><br />Se poi a mezza serata vi suona il vicino con occhi di bragia perché sono due ore che stornellate sul tema di "Cicerenelle teneva teneva", ditegli che avete la benedizione di <a href="http://www.amcirese.it/">Alberto Maria Cirese</a>.<br /><br />Se vi risponde "Il professor Cirese?!" fategli un sorriso a trentadue denti, acchiappatelo per le spalle e offritegli un pezzo di focaccia. E' grazie a gente come lui, infatti, se la rustica <span style="font-style: italic;">pizze c'i cicule</span> è considerata un patrimonio da salvaguardare anziché uno scarto da nascondere di quel periodo povero in cui si allevava il maiale al pianterreno.<br /><br />Se invece vi risponde con "Chi?!" ditegli che è la riprova vivente di quanto le scienze umanistiche siano inutile zavorra nella formazione di un individuo. E tornate serenamente a stornellare.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-91379341438904043302011-01-25T15:37:00.003+01:002011-01-25T16:09:02.463+01:00Pizze de randìnie e fuèglie (Pizza di granturco e verdura)<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjR7tOvVNHWif_-oQ84ikU0DIZDMjn-pPePGpJEt6Uqqk4rreXrBU4ogzUXhWpsa4Xy36duN4csPqGdnvwdDIN5piMA9fmZY5m-J5IHvO3H0SuNr2XvK9Q2C4C47gTugPtT6vEtS2SwC-w/s1600/pizz_e_fueglie.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5566108469649233458" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjR7tOvVNHWif_-oQ84ikU0DIZDMjn-pPePGpJEt6Uqqk4rreXrBU4ogzUXhWpsa4Xy36duN4csPqGdnvwdDIN5piMA9fmZY5m-J5IHvO3H0SuNr2XvK9Q2C4C47gTugPtT6vEtS2SwC-w/s320/pizz_e_fueglie.jpg" /></a>E' un periodo che stare nell'Urbe mi pesa.<br /><br />Per carità, ha i suoi vantaggi. Ad esempio, l'improbabilità di trovarsi la porta di casa bloccata da un metro di neve grazie alla peggiore bufera invernale capitata negli ultimi trent'anni.<br /><br />Però la puzza, il traffico e il caos della capitale mi fanno pensare che sarebbe assai più sano imbracciare un badile onde farsi strada nel manto nevoso piuttosto che resistere alla tentazione di imbracciarlo per dare una piattonata in testa al solito buzzurro che ti passa avanti in farmacia, parcheggia sul marciapiede o, non so, fa il gradasso in ristoranti e hotel da conto a triplo zero in centro storico con i soldi delle mie tasse, e non solo delle mie.<br />Giacché però a dar piattonate si finisce in genere all'Albergo Roma o al Regina salvo il solito indulto, meglio dar pedate, stavolta alla nostalgia per il paesello.<br /><br />Io in genere lo faccio mettendomi ai fornelli, e preparando pietanze di casa.<br /><br />La <em>pizze de randìnie e fuèglie</em>, ad esempio, che è un classico, e che ben mostra la povertà che un tempo affliggeva i miei Sanniti: trattasi infatti di una pizza di farina di mais accompagnata da verdura selvatica. Un tempo era il pasto delle famiglie contadine, che non si potevano permettere altro: adesso, <em>ça va sans dire</em>, è diventata "antipasto tipico" nei ristoranti più lussuosi, che la servono in genere in improbabili quadrucci formato tessera e accompagnati da una porzione di verdura che starebbe comoda in un piattino da caffè ed è addomesticata al gusto dell'utente medio, il quale a sentire l'amaro della vera cicoria di campo viene colto da catatonia.<br /><br />Le mie zie la servono invece come si confà: in tocchi grossi quanto la mano di un carpentiere, e con una padellata di <em>fuèglie </em>miste colte e cotte sul momento. Questa che vedete ritratta, nella fattispecie, è stata preparata l'inverno scorso (sì, sono un po' indietro con l'aggiornamento del blog) da zia Maria, la quale ha pazientemente tollerato la sottoscritta armata di macchina fotografica che la seguiva come un'ombra fra piano di lavoro e fornelli, e le carpiva con le tenaglie i trucchi per realizzare una <em>pizze de randìnie</em> a regola d'arte.<br /><br /><strong>Ingredienti:</strong><br />tre etti circa di farina gialla<br />mezzo litro d'acqua<br />una tazzina da caffè di olio più un po', più quello per ripassare la verdura<br />uno <em>sferzellone </em>(peperone semipiccante secco)<br />uno spicchio d'aglio<br /><em>fuèglie</em> miste a volontà (cicoria, <em>sinepe</em>, borragine e qualunque altra cosa passino i campi, da addizionare volendo con broccoli, cavolo o verza)<br /><br /><strong>Preparazione:</strong><br />in primis capate la verdura, che se è quella vera di campo vi farà dar di matto come poche cose al mondo: brontolate pure se vi aiuta a compiere meglio l'operazione, perché ne avete il santo diritto. Finito che avrete di pulirla lavatela bene sotto l'acqua corrente per eliminare residui di terriccio, lessatela al dente in acqua leggermente salata e quindi lasciatela a scolare per i fatti suoi. Nel frattempo portatevi avanti col lavoro e mettete a scaldare il mezzo litro d'acqua con un cucchiaino di sale.<br /><br />Una volta che l'acqua è calda, versatela a più riprese in una scodella in cui avrete già provveduto a sistemare la farina di granturco e la tazzina d'olio e fatela incorporare girando il cucchiaio di legno con movimenti decisi dal basso verso l'alto, in modo che non si formino grumi. Nel momento in cui la consistenza sarà cremosa ma solida, come da foto, potete smettere di aggiungere acqua perché essa ha già fatto il suo dovere.<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJIBXa6hLqowItL6zw3N7CmhIi4jh9XvjNJPc42OqBGA2oJBRGd9He1_SIsxc7Gft7YoM0eOLg_tuZ3FmGqQmxb3-GtZHIddPDIQoUsUetWg2padKiQhuD6tHImJuFlqC86KdiSlJJvYw/s1600/pizz_e_fueglie1.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5566108467625708818" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJIBXa6hLqowItL6zw3N7CmhIi4jh9XvjNJPc42OqBGA2oJBRGd9He1_SIsxc7Gft7YoM0eOLg_tuZ3FmGqQmxb3-GtZHIddPDIQoUsUetWg2padKiQhuD6tHImJuFlqC86KdiSlJJvYw/s320/pizz_e_fueglie1.jpg" /></a> A questo punto acchiappate una teglia di medio formato, ungetene fondo e pareti con un po' d'olio e con l'aiuto della cucchiara di legno versatevi dentro il composto pareggiandolo con le manine unte d'olio. Lo spessore deve essere di circa un centimetro, perché a differenza della consueta polenta alla brace la <em>pizze de randìnie</em> si caratterizza per essere compatta ma non tosta. Quindi con le nocche fate delle fossette sulla superficie, e versateci sopra una generosa dose di olio.<br /><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMo0RXIZMrwIIIziGFYnx4fia5_Ob4F85hWxwkBUqgY8iAHPc1SltDCldK5-fE2zyf6l471cqo3RfgOFd4BC7kdpblGxNS2wMPJujDDqICWxAG2y9ZV2TIFIFD5XJEsaTp8L0j98TeE6M/s1600/pizz_e_fueglie2.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5566108461803611490" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMo0RXIZMrwIIIziGFYnx4fia5_Ob4F85hWxwkBUqgY8iAHPc1SltDCldK5-fE2zyf6l471cqo3RfgOFd4BC7kdpblGxNS2wMPJujDDqICWxAG2y9ZV2TIFIFD5XJEsaTp8L0j98TeE6M/s320/pizz_e_fueglie2.jpg" /></a>Un tempo la teglia veniva munita di coperchio e la pizza si cuoceva a ritmo lento fra le braci del camino sapientemente disposte sotto, ai lati e sopra, e mia zia ricorda "quand'era bèlle quànn mammà 'a facéve" con la famigliola tutta intorno al camino. Oggi tocca accontentarsi del forno, già caldo a 200°, dove terrete la pizza il tempo sufficiente a farle fare una bella costa dorata, cosa per la quale ci vorranno tre quarti d'ora circa: e non per dire, guardate che bellezza.<br /><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiP-z1MU0gTeJ2m-T-G0Ckk8zeONuIlVURzFZK4jrRpeYbOV3QKIgvI6Zm49tL6LseeEoACgH6OWDxOIYN1Tjlx4bVqecfaRJZH0I00z5qlx0mDkM-Mexzv8i5V0aD4OLpWDx5cYvKGq8/s1600/pizz_e_fueglie3.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5566108460540153106" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiP-z1MU0gTeJ2m-T-G0Ckk8zeONuIlVURzFZK4jrRpeYbOV3QKIgvI6Zm49tL6LseeEoACgH6OWDxOIYN1Tjlx4bVqecfaRJZH0I00z5qlx0mDkM-Mexzv8i5V0aD4OLpWDx5cYvKGq8/s320/pizz_e_fueglie3.jpg" /></a> Mentre la pizza si intiepidisce, passate alle <em>fuèglie</em>, che ne frattempo si saranno liberate dell'eccesso dell'acqua di cottura: in una capace padella mettete a scaldare (senza farli friggere) lo spicchio d'aglio e <em>'u sferzellone</em>, buttateci quindi dentro la verdura e fate insaporire a fuoco lento rigirando di tanto in tanto. Le mani nella foto, per inciso, sono della zia Maria. E si vede che sono mani che da una vita cucinano, e lo fanno con grande amore.<br /><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvO1sktjWCcR1wFpxt1rtPVFz9_lYrTRThULnVav2WXJ3EyD7-Wf9PxaayuTwvMeFjLQP9DXpAE0tjnBaC-9A3m9BWAz9pPgxiBKPcgX8ZATlg3jrkS04KpHqwxAf_dfobSI3FBYxsNeg/s1600/pizz_e_fueglie4.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5566108454073110770" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvO1sktjWCcR1wFpxt1rtPVFz9_lYrTRThULnVav2WXJ3EyD7-Wf9PxaayuTwvMeFjLQP9DXpAE0tjnBaC-9A3m9BWAz9pPgxiBKPcgX8ZATlg3jrkS04KpHqwxAf_dfobSI3FBYxsNeg/s320/pizz_e_fueglie4.jpg" /></a> Quando le <em>fuèglie</em> sono ben insaporite spegnete il fuoco, tagliate la pizza a quadrotti, versateci le verdure con l'olietto saporito, mettete <em>'u sferzellone</em> sulla cima per decorare e portate in tavola: vedrete che i commensali andranno in visibilio. E se provvederete ad accompagnare il tutto con qualche fetta di caciocavallo e un po' di sopressata sannita tagliata sottile, la saporita <em>pizze de randinie</em> anziché antipasto sarà pasto completo, e vi permetterà di svoltare la cena con ricca soddisfazione vostra e di chi mangia assieme a voi.</div></div></div>Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-88645295179257068322011-01-13T17:40:00.010+01:002011-01-14T13:38:15.934+01:00Il bove e la chiesa: Santa Maria della Strada<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiK-goTExk8Dib0vfMHK0iZZjJU07-U8ynrHLglYrmo8NIEhfeTgURFUJ5vMqFy1cYki0ZFHLFzQ7dB7_uO10lglCwf0JEyyvtmDjsjxR9rPH_sZV-moq5f31yU0GOwYWR1Vr9mZotySr0/s1600/santa_maria_strada.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 196px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5560917770055062642" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiK-goTExk8Dib0vfMHK0iZZjJU07-U8ynrHLglYrmo8NIEhfeTgURFUJ5vMqFy1cYki0ZFHLFzQ7dB7_uO10lglCwf0JEyyvtmDjsjxR9rPH_sZV-moq5f31yU0GOwYWR1Vr9mZotySr0/s320/santa_maria_strada.jpg" /></a> Come detto altrove, talvolta l'amato bene e io si riesce ad andare in vacanza.<br /><br />Evento degli eventi, in casi rari si riesce persino a coinvolgere gli amici. Ciò ovviamente dopo lunga preparazione e attenta analisi, perché già è difficile andare in vacanza da soli, figurarsi in compagnia.<br /><br />Sicché, fin da ottobre avevano progettato un piano formidabile: sottrarre la macchina a mia sorella, e puntare verso il paesello in gruppo composto dalla sottoscritta, l'amato bene, il mio amico Mauro e la gatta. Il mio amico Nicola, specialista in quella che al paese viene chiamata "l'arte dei pazzi" (ovvero spostamenti frenetici dal punto A al punto B e viceversa: egli suole infatti muoversi sulla direttrice Urbe-Sannio con la rapidità e frequenza di una pallina da flipper), ha commentato che ci mancava giusto qualche carabattola e un paio di infanti per rifare il Carro di Tespi. Non posso ragionevolmente dargli torto: in compenso al ritorno abbiamo riportato con noi la zia Lella e svariati quintali di cibarie tipiche, e ho motivo di pensare che chi si spostava con il Carro di Tespi viaggiasse più comodamente. Ma tutto ciò, come sempre, fra parentesi.<br /><br />Se la sottoscritta, l'amato bene, la <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/search?q=gelsomina">gatta Gelsomina</a> e la <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/search?q=zia+Lella">zia Lella</a> sono persone assai note a chi segue questo modesto blog, non altrettanto si può forse dire di Mauro: il quale ha però fornito al mio arsenale culinario proprio la <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2009/05/te-chai-di-mauro.html">prima ricetta pubblicata qui sopra</a>. Mauro è infatti eccellente cuoco, ed è solo una delle sue qualità. Ad esempio, a differenza di me e del mio compagno di casa e di vita, adora guidare. E sempre a differenza di me e del mio compagno di casa e di vita, l'ansia non sa cosa sia, o se lo sa la gestisce molto bene. Infatti il mio tartassarlo a partire da ottobre per un viaggio di tre giorni da svolgersi in gennaio, e in un loco per raggiungere il quale ci vogliono tre ore e rotti di macchina e non venti ore di volo lo ha lasciato alquanto perplesso. Ma fra le sue qualità vi è anche quella di essere assai paziente con le nevrosi altrui. Sicché, la mattina del 5 gennaio, si è presentato alle nove sotto casa nostra, ha caricato noi e il bagaglio peloso (copyright <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2010/04/profiterole.html">Dottor P</a>) e abbiamo fatto rotta verso il torrente Cigno.<br /><br />Per me, la Befana al paese è un punto fermo. La Befana è infatti quella che quando le zie, mio papà e zio Antonio erano piccini portava i doni. La mattina del 6 gennaio era mio nonno a dare la sveglia, mi diceva zia Margherita: "L'ho vista mentre se ne andava, chella vecchiarella..."<br />La Befana continua a portare i doni, e il camino fa sempre mostra di una parata di calze ben pasciute, con le zie che si divertono assai ad aprire le loro rovesciando il contenuto sul tavolo. Quando in casa abbiamo un ospite, ovviamente la calza c'è pure per lui. E la vecchierella deve saperla lunga, visto quella di Mauro era fornita di un bel po' di prelibatezze di casa e di cascina.<br /><br />Dette prelibatezze spero abbiano aiutato Mauro a tollerare il sovrabbondante entusiasmo della sottoscritta. La quale, quando riesce ad attrarre qualsivoglia persona nella tela del Sannio, fa al tapino o tapina di turno una capa tanto. Sicché Mauro si è fatto appresso a me e al sempre paziente amato bene il tour del centro storico, sguerciandosi per vedere la pregevole lunetta medioevale della chiesa madre sommersa dalle impalcature, la fontana barocca con i mascheroni, la chiesetta rococò dell'Addolorata e <em>'a fonda préte </em>(fontana di pietra) risalente alla metà del Settecento. Si è fatto pure dodici chilometri di curve per raggiungere Larino e vedere il portale romanico della chiesa, cibandosi un dettagliato resoconto della <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2009/05/viva-san-pardo.html">festa di san Pardo</a> fra un tornante e l'altro. E il pomeriggio prima di partire, guidando con somma scioltezza sull'asfalto malconcio della SS87 Sannitica, ci ha accompagnato a Santa Maria della Strada.<br /><br />E' una chiesa che conoscono solo i locali, e talvolta manco loro. Io l'avevo vista dall'esterno quando ero alta un palmo, e da allora ho sempre sognato di tornarci. Sta spersa in mezzo alla campagna lungo la strada che un tempo collegava il Sannio alla Puglia, e chi prende il trenino spolmonato che a cinquanta all'ora si fa il tragitto dal capoluogo alla costa può vederla in lontananza nella valle su cui si snoda la ferrovia. Tutti i viaggi che mi sono fatta verso il paesello prevedevano in quel punto la sottoscritta con il naso incollato al finestrino e, da quando ho percorso il tragitto con l'amato bene, l'ululato "Guarda là! Guarda la chiesa! E' bellissima, ci dobbiamo andare!", con l'amato che paziente rispondeva, sisì, va bene, ci andremo, ma dobbiamo venire con la macchina, altrimenti come ci si arriva?<br /><br />Non ci si arriva. E' infatti uno di quei gioielli nascosti, che si raggiungono solo se si ha l'intenzione di farlo. E per farlo ci vuole la macchina, una discreta perizia alla guida perché la strada è quella che è, e occhi attenti perché il cartello che indica la deviazione dal tracciato principale è scolorito da anni di intemperie.<br /><br />Vale la pena di fare tanta attenzione, e di percorrere a passo d'uomo la stradetta che conduce alla meta.<br /><br />Ve ne accorgerete arrivando, quando su una collinetta verde circondata di alberi spunterà la sagoma piccola e solida della chiesa, che pare essere stata posta lì con amorosa cura dalla mano del Creatore in persona.<br /><br />Secondo la leggenda, più che la mano dell'Alto Fattore ci dovrebbe essere quella del suo eterno rivale. Infatti Santa Maria della Strada è una delle chiese di Re Bove. Costui doveva essere un pessimo soggetto, e fra una mala azione e l'altra pensò bene di mettere gli occhi su una fanciulla con la quale, per motivi di eccessiva consanguineità, era poco opportuno convolare a nozze. E giacché, come diceva il principe, ogni limite ha una pazienza, questo specifico limite fece saltar la mosca al naso all'Altissimo, ovvero al suo rappresentante ufficiale in terra. Il quale condannò Re Bove a costruire sette chiese in una notte (altre tradizioni dicono che il numero fosse cento), pena la dannazione eterna.<br />Visto il compito non esattamente spiccio, il sovrano come spesso accade in simili casi decise di affidarsi alla concorrenza. Stipulò pertanto un patto col demonio, offrendo in cambio la merce prediletta dal sire cornuto. E via a costruire, con Satanasso a tirar giù le pietre dai monti sanniti e Re Bove a tirar su forsennatamente gli edifici sacri.<br />All'alba le chiese erano tutte pronte meno una. E mentre il sole spuntava, il re fra terrore e pentimento cadde in ginocchio e in lacrime pregò Dio che lo perdonasse.<br />Si sa che la misericordia divina è grande. E così l'ultima chiesa non venne mai completata: il Diavolo, furioso che gli fosse stata tolta da sotto il naso quell'anima che stava lì bella pronta, la distrusse con un enorme macigno.<br /><br />Leggende a parte, buoi di pietra si trovano come elemento decorativo in più chiese nel mio Sannio. Io sospetto che non ci abbia a che fare alcun sovrano zozzone, ma piuttosto il fatto che per i Sanniti molisani il bove era un animale totemico: mica per niente la loro capitale si chiamava Bovianum ed era stata fondata, così narra la tradizione, da un gruppo di giovincelli che avevano seguito un bue nel rituale - nato pare onde levarsi di torno eccessive bocche da sfamare senza venire alle armi - passato alla storia con nome di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Primavera_sacra">ver sacrum</a>.<br />Fatto sta che buoi scolpiti si possono trovare ad esempio sulla chiesa di San Leonardo a Campobasso, sulla Cattedrale di Larino, nella meravigliosa chiesa di San Giorgio a Petrella Tifernina. Ci sono anche a Santa Maria della Strada. Ma non potrete vederli qui. Perché la sottoscritta, oltre ad avere il noto talento canino con la macchina fotografica, proprio in questa occasione ha ben pensato di dimenticarsela, la macchina fotografica, e ha mestamente supplito con il cellulare: a seguire trovate quel poco di salvabile degli scatti.<br /><br />Nella sua solo apparente semplicità, Santa Maria della Strada rivela nelle sue decorazioni una complessità rappresentativa e simbolica notevole. Basta leggere la pietra. E se non la si sa leggere, si sarà comunque colpiti da quanto quella pietra è bella. Ad esempio il rosone con dodici raggi perfettamente uguali, simbolo degli apostoli ma anche richiamo alla ruota della Fortuna, e il timpano con la sposa simbolo di Gerusalemme.<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEha4e2q6w1Webw5RzxfRrsDCfo5bd3FC0cD8bmnStdRQ0JZvKaiuy_9k6bT78IcuhhQEjmRE_lSvcBfO1sOhTLVAHqWHn4Jtaq7hzSm2lzMaIYa56TtNCVKzEJQaOeEiY2vpa1IXjH_XcU/s1600/santa_maria_strada_2.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5560917763429969970" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEha4e2q6w1Webw5RzxfRrsDCfo5bd3FC0cD8bmnStdRQ0JZvKaiuy_9k6bT78IcuhhQEjmRE_lSvcBfO1sOhTLVAHqWHn4Jtaq7hzSm2lzMaIYa56TtNCVKzEJQaOeEiY2vpa1IXjH_XcU/s320/santa_maria_strada_2.jpg" /></a>Sulla lunetta di sinistra, un uomo a cavallo ne trafigge un altro. Alcuni sostengono che si tratti di un riferimento alla <em>chanson de geste</em>, con Fioravante che ammazza un saraceno per liberare una donzella. Altri, forse più correttamente, dicono che ricordi l'episodio biblico dell'uccisione di Assalonne, noto per i suoi lunghi capelli. Quale che sia l'interpretazione, la scena è magnifica.<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7QQfmS4QhfcU9wlsc-sseyIecBiS8VzP2i9PxYqb2ESVVYcWPl7zebIyrl3CLgXfKyVXnqh4gYrNVc1G1R0yw1YpYlIM6dFfRozv2I_VPj9kByUS1lGlZlvN2dkwRhaKf-oDjs-_c4O0/s1600/santa_maria_strada_3.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5561713662436795170" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7QQfmS4QhfcU9wlsc-sseyIecBiS8VzP2i9PxYqb2ESVVYcWPl7zebIyrl3CLgXfKyVXnqh4gYrNVc1G1R0yw1YpYlIM6dFfRozv2I_VPj9kByUS1lGlZlvN2dkwRhaKf-oDjs-_c4O0/s320/santa_maria_strada_3.jpg" /></a> Forse ancora più bella la rappresentazione sulla lunetta di destra, con un uomo circondato di animali che soffia nel corno. I fan della <em>chanson de geste</em> lo identificano con Rolando, altri lo vedono speculare alla lunetta di sinistra e riferito al fatto che Gioab, uccisore di Assalonne, dopo l'assassinio fece suonare il corno nella Valle dei Re.<br /><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7pKn1pxFgZcGsy_MMpCCdNQwThRcnJCuaNJI6jpk71FjzvaMGbQpEPII6-IRcU6JrengMA_vuAlzHpLD-WMqODJlxkVXq5yY5lNu_RByErXGOqawfmd7ze3djhrRrh0zOk9jdPgzo3qM/s1600/santa_maria_strada_4.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5560917749890190578" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7pKn1pxFgZcGsy_MMpCCdNQwThRcnJCuaNJI6jpk71FjzvaMGbQpEPII6-IRcU6JrengMA_vuAlzHpLD-WMqODJlxkVXq5yY5lNu_RByErXGOqawfmd7ze3djhrRrh0zOk9jdPgzo3qM/s320/santa_maria_strada_4.jpg" /></a>Se già timpano e lunette fanno venire alle armi gli studiosi riguardo le intepretazioni, sugli elementi decorativi cosiddetti minori è la festa della citazione erudita. Io le citazioni erudite le lascio perdere, ma ditemi voi se le figure non sono da guardare con amorosa attenzione, dall'uomo nelle grinfie della belva al cavaliere assalito dal leone al cane zannuto che fa capolino, e che se la sottoscritta fosse meno canide con la macchina fotografica si vedrebbe benissimo mentre azzanna un'altra bestiaccia a sua volta impegnata ad assaltare un agnello.<br /><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjFOmPXTBuL6hp7_DnsLhxSaTGsM3GtsOLjhvMNsDM0qHtebJmWYWtzZS1DSLfq1A2bTEnOEX4Q7NJe3Mw5VvQlhFzidWwP2zbxuD9cqohEmWygHKXxs5F5UajS91XcvCjkq_ok-6RBl0w/s1600/santa_maria_strada_5.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5560917575969607650" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjFOmPXTBuL6hp7_DnsLhxSaTGsM3GtsOLjhvMNsDM0qHtebJmWYWtzZS1DSLfq1A2bTEnOEX4Q7NJe3Mw5VvQlhFzidWwP2zbxuD9cqohEmWygHKXxs5F5UajS91XcvCjkq_ok-6RBl0w/s320/santa_maria_strada_5.jpg" /></a>Sul lato destro della chiesa, un altro ingresso che stavolta prende dichiaratamente a prestito elementi non biblici. La lunetta rappresenta infatti il cosiddetto volo di Alessandro, leggenda che vede il magno condottiero farsi una bella gitarella in quota su una cesta trainata da due grifoni. Il Macedone nell'iconografia medievale era impiegato quale simbolo negativo: qui invece, e gli esperti dicono che è quasi un unicum, lo si impiega come simbolo del desiderio di ascendere al cielo.<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiIW0bI_acOHXJaQGU8s51GUkCdefZ2Mg8meF32X_ipFB2mpTPdgO-42ccjNgUw7OlCCLqrO6AeKcJXcujEM9KCwF6BrYUvRCIueBLtCRiuhTQpE-w8z-z4UBc9CQGUg9f1PFJt-krbQ8/s1600/santa_maria_strada_6.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 240px; DISPLAY: block; HEIGHT: 320px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5560917573822173650" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiIW0bI_acOHXJaQGU8s51GUkCdefZ2Mg8meF32X_ipFB2mpTPdgO-42ccjNgUw7OlCCLqrO6AeKcJXcujEM9KCwF6BrYUvRCIueBLtCRiuhTQpE-w8z-z4UBc9CQGUg9f1PFJt-krbQ8/s320/santa_maria_strada_6.jpg" /></a> A evidenziare la valenza positiva una serie di elementi con cui non vi sto a tediare: voi limitatevi a guardare quanto son belle le due pistrici e l'Agnus Dei che incorniciano la scena.<br /><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0ZixgIOFsiMC9lsDxUaXPSBoXK3c7LV5ezvtIGqJtP7W8Cg6unHg22qnGuelr6454DEne4mv0f_iZWnYa2Csnack40YL2fnCA7dGUqfdwCXmGcXVFbDHpRgfE-v0hRXb_58THPpGsHuI/s1600/santa_maria_strada_7.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5560917571743411746" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0ZixgIOFsiMC9lsDxUaXPSBoXK3c7LV5ezvtIGqJtP7W8Cg6unHg22qnGuelr6454DEne4mv0f_iZWnYa2Csnack40YL2fnCA7dGUqfdwCXmGcXVFbDHpRgfE-v0hRXb_58THPpGsHuI/s320/santa_maria_strada_7.jpg" /></a> L'interno è semplicissimo, con poca luce di suo e ancora più scarsa per via del tramonto incombente al momento dello scatto. Soffitto a capriate, tre navate sorrette da robuste colonne i cui eleganti capitelli non mostrano la capricciosa creatività che si può vedere altrove, ma forse proprio questo aumenta la sensazione accogliente che si prova entrando. Sul fondo, dietro un altare semplicissimo, la statua della Madonna con il bimbo in braccio, illuminata da due piccole lampade e da una delle minuscole finestre.<br /><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDXXw9Mxe3B8pu1n5Otl_7Zw9dYGL52Oq_RF_5E0R3-n6gtgtHok06L4EHKNcc9Xsg8lycPjiWYlh3Pj8B7mSFSHVbWmBJWNh5cYzFqmX_9cuNa9LgLdC-mW_CzmbM1EbIlYbwUierw-s/s1600/santa_maria_strada_8.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 240px; DISPLAY: block; HEIGHT: 320px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5560917565785068610" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDXXw9Mxe3B8pu1n5Otl_7Zw9dYGL52Oq_RF_5E0R3-n6gtgtHok06L4EHKNcc9Xsg8lycPjiWYlh3Pj8B7mSFSHVbWmBJWNh5cYzFqmX_9cuNa9LgLdC-mW_CzmbM1EbIlYbwUierw-s/s320/santa_maria_strada_8.jpg" /></a>Poco vicino all'ingresso si trova un monumento funebre, più recente della chiesa - edificata, per inciso, dai monaci basiliani nella prima metà del XII secolo. Anche questo è un piccolo capolavoro di delicata finezza, con gli angeli a tenere le cortine che celano a metà il trapassato. Come usava un tempo, la tomba è stata impiegata per la sepoltura successiva di più persone, identificate variamente come l'abate Landolfo, il nobiluomo Berardo d'Aquino e tale Gemma signora di Lupara. Più romantica la tradizione popolare, che in quel sepolcro, o sotto di esso, ritiene dorma il sonno eterno Re Bove.<br /><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEju0Qzg0QI4k-NJiRfOhuV6sLLpiMKfduhBzW_OWH0wdyHwBh9IFtgBlCe6NMKefnjCkCUCriMaga3l1BIXJnUx8nlT9wxC7jNa-Yq2XDqawld9-p0YfmSVDjgv1c0bQP1MNRTwjA5egHU/s1600/santa_maria_strada_9.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 240px; DISPLAY: block; HEIGHT: 320px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5560917559054074482" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEju0Qzg0QI4k-NJiRfOhuV6sLLpiMKfduhBzW_OWH0wdyHwBh9IFtgBlCe6NMKefnjCkCUCriMaga3l1BIXJnUx8nlT9wxC7jNa-Yq2XDqawld9-p0YfmSVDjgv1c0bQP1MNRTwjA5egHU/s320/santa_maria_strada_9.jpg" /></a> </div><div>La collinetta su cui è adagiata la chiesa si affaccia su una piana circondata in lontananza di rilievi. Se andrete all'imbrunire e se la giornata è tersa, vedrete un tramonto dai colori incredibili. Se andate durante il giorno, mettetevi a contare quante sfumature ha il verde dei campi e dei colli tutto intorno. Scoprirete che il Molise ne ha più dell'Irlanda.</div><br /><div></div><div>Se con tutto ciò vi è venuta voglia di fare una capatina, sappiate che arrivare è assai semplice. Come detto, Santa Maria della Strada si trova nei pressi della SS87. Se arrivate da Campobasso troverete la diramazione alla vostra sinistra, da Termoli (cosa che non conviene perché la distanza è di gran lunga superiore) sul lato opposto. Ad accogliere il veicolo c'è un ampio parcheggio, con l'asfalto nuovo nuovo e confinante con una macchia di piccoli abeti. Ai margini della collinetta un pannello esplicativo vi introdurrà alla storia dell'edificio assai meglio di quanto potrei fare io. Una piccola bacheca poco distante vi fornirà alcune informazioni utili, fra cui i riferimenti per contattare la signora Angela in caso trovaste chiuso l'ingresso alla chiesa (la quale, cosa rara nel Sannio, è aperta tutti i giorni fino al tramonto). Se dopo la visita veniste colti da un insano desiderio di convolare a nozze con il vostro partner, su detta bacheca troverete anche il telefono del padre guardiano.</div><br /><div></div><div>Putacaso poi vi venisse appetito, presso il parcheggio troverete un ristorante chiamato, assai attamente, La quiete di Re Bove. Da maggio a settembre risulta aperto tutti i giorni, in inverno è chiuso il martedì. Noi non abbiamo avuto il piacere di provarlo in quanto un piatto di arrosticini alle cinque del pomeriggio della Befana sarebbe cosa da stroncare anche Pantagruele. Voi fate un tentativo, e oltre agli arrosticini ordinate la <em>pizza e menesta </em>(pizza di farina di granturco e misto di erbe di campagna) che mi dicono essere la specialità della casa.</div><br /><div>Se dopo la visita potete usufruire di altre ore di luce, riprendete il veicolo e guidando in relax procedete sulla SP13 per altri otto chilometri e mezzo, ovvero quelli che vi basteranno a raggiungere Petrella Tifernina. Lì troverete la già citata chiesa di San Giorgio, altro tesoro del romanico molisano. E di lei spero di raccontarvi un'altra volta, mi auguro presto, quando andrò a vederla di persona. </div><br /><div></div><div>Allo scopo, vado subito ad allertare Mauro di tenersi liberi un paio di giorni per la prossima estate. </div><br /><div>E se non mi tira addosso, come avrebbe il santo diritto, un capitello a rosette longobarde, ci si vede presto qui sopra per una serie di ricette tipiche. A bientot.</div></div></div></div></div>Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-69628968945258286952010-12-20T22:31:00.001+01:002010-12-20T23:06:47.137+01:00Pannocchio di Natale<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnCsE4_noaxleQcWF7RD0xns4s2BBr_z9DdiRt3d_VZCBdsY-mozZj2zZKbGQyHekNUImzav8-m_roD_gprp4ATlWlBvLctlY8VfqZgEK89rCNfg9CYuEgSWs1FZD2sZulHDq_Y5lT_DM/s1600/ricetta_pannocchio_natale.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnCsE4_noaxleQcWF7RD0xns4s2BBr_z9DdiRt3d_VZCBdsY-mozZj2zZKbGQyHekNUImzav8-m_roD_gprp4ATlWlBvLctlY8VfqZgEK89rCNfg9CYuEgSWs1FZD2sZulHDq_Y5lT_DM/s320/ricetta_pannocchio_natale.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5552865010148593218" border="0" /></a>Ragazzi, non ho manco il coraggio di scusarmi.<br />Questo blog, per tutta una serie di motivi con cui non sto a tediarvi (non da ultimo il fatto che il mio amato bene di recente si è sentito male di nuovo causa ritmi di lavoro da miniera, e grazie al cielo che le cure fanno effetto), è in fase di completo abbandono. Se fosse un giardino, sarebbe la sagra dell'erbaccia. Se fosse una casa, la sagra delle ragnatele (non dissimile quindi dalla mia bicocca, visto che c'ho il tempo di pulire come si confà una volta alla settimana). Internet difetta di entrambe, però un bel po' di muffa virtuale codesto ricettario l'ha presa. Quindi mi pare cosa santa, anche perché alcuni benevoli lettori mi stanno facendo una capa tanto su quel certo social network inviandomi messaggi privati un giorno sì e l'altro pure - e meno male che non mi cazziano in bacheca - farvi gli auguri con un dolce del mio Sannio.<br /><br />Il pannocchio, per inciso, è giusto vanto della <a href="http://www.lupacchioli.it/">pasticceria Lupacchioli</a>, la più titolata del capoluogo, e durante le feste sulla tavola non manca mai. Gli amici non sanniti che hanno avuto occasione di assaggiarlo (ne sono infatti fiera spacciatrice nell'Urbe e non solo) sono andati in visibilio. E a me è sempre spiaciuto che la sua fama non abbia superato i confini della regione.<br /><br />Domenica scorsa ho scoperto che mi sbagliavo. Grazie a un veneto.<br /><br />Il veneto in questione si chiama Michele, detto lo ZioMic perché ci conosciamo dalla bellezza di ventidue anni, e all'epoca gli otto anni di differenza che separano la mia età dalla sua erano parecchi. Per parlare diffusamente dello ZioMic non basterebbe un trattato: basti dire che, fra le sue tante qualità, ha pure quella di avere accanto una donna splendida che è altresì una maga del mestolo e del mattarello (mi si dirà che trattasi di qualità non personale di ZioMic, ma converrete che un uomo il quale ha accanto una donna splendida di pregi ne deve avere parecchi).<br />Nella conversazione domenicale che abbiamo avuto, ZioMic mi ha parlato con toni da estasi amorosa di un dolce che la sua signora gli ammannisce: "Credimi, un gusto unico, quello dei dolci di una volta, non ne fanno più così, e dire che non ci sono né burro né uova... Io la chiamo la Torta Albero degli Zoccoli, perché mi fa pensare al film".<br /><br />Io, che amo i dolci d'antan quanto i film di Olmi, ovviamente ho iniziato a tartassarlo per avere la ricetta, la quale è giunta a stretto giro di posta elettronica. Una bella ricetta vegana, che mi riprometto di provare quanto prima perché, assicura la consorte di ZioMic, "il gusto della farina di mais lo rende originale rispetto ai soliti dolci e anche più allegro. Poi sopra si è formata una crosticina dorata che è la fine del mondo!"<br /><br />In calce alla versione vegana, la ricetta originale che era servita da spunto.<br /><br />Quella del mio pannocchio di Natale.<br /><br />Ora, se una fanciulla della Marca trevigiana invia a una rocciosa sannita la ricetta del dolce natalizio forse più celebre del Molise insieme ai mostaccioli e ai caragnoli, mettersi ai fornelli non è un'opzione: è un dovere.<br /><br />Pertanto mi sono messa <span style="font-style: italic;">'u zinale</span> (grembiale, per chi non ha mai sciacquato i panni nel torrente Cigno), ho cacciato fuori dalla dispensa la farina di granturco regalo di Tania, e mi sono messa all'opera.<br /><br />Il risultato, sfornato intorno all'una, non è arrivato alle otto di sera.<br /><br />Dal che se ne deduce che se anche voi proporrete ai vostri cari questo dolce, che ha pure il vantaggio di essere velocissimo da preparare, non farete un soldino di danno.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Ingredienti:</span><br />300 grammi di farina bianca<br />150 grammi di farina di mais<br />300 grammi di zucchero<br />5 uova<br />300 grammi di burro morbido<br />1 bustina di lievito per dolci<br />1 bustina vanillina (da impiegare solo se non è vanigliato il lievito)<br />1 bicchierino di liquore (strega, rum o amaretto, ma secondo me pure il <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2010/02/libiamo-libiamo-ponce-casalingo-di-zia.html">ponce</a> non ci sta male)<br />1 bicchierino di gocce di cioccolato<br />1 pizzico di sale<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Preparazione:</span><br />in primis come al solito portartevi avanti col lavoro e preriscaldate il forno a 160°, poi ungete un bello stampo (se possibile antiaderente) da plumcake o una teglia e infarinate la superficie unta con farina di mais, badando a scuoterne via l'eccesso.<br /><br />In una capace terrina mescolate insieme uova, burro, zucchero, liquore e sale, aiutandovi con uno sbattitore elettrico per fare prima. Armatevi quindi di setaccio e poco alla volta fate cadere nell'impasto la farina di mais, la farina bianca e il lievito, mescolando ben bene. Il composto sarà morbido ma consistente, e profumerà oltre ogni dire. In ultimo unite le gocce di cioccolato, e incorporatele in tutto l'impasto con movimenti dal basso verso l'alto. <div class="GBThreadMessageRow_ReferrerLink"> </div> <div class="GBThreadMessageRow_Body_Attachment"> </div> <div class="GBThreadMessageRow_Image"> <a class="GBThreadMessageRow_Image_Link" href="http://www.facebook.com/profile.php?id=100000874724955"> <br /> </a> </div> <span class="GBThreadMessageRow_AuthorLink_Wrapper"> </span><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNsMrpSGnLjweMHZSka9C5KvGKz2cOk7JMhQwRtSBnIYBFfU57kT08XGTh6DgydctVdu4Y1UufDWaNn0V-HzN9LU_VW6YSr6ikjqyXWC-CJPlgG2XMQda-m9r-c5xVLC40_MQEaqDBQWM/s1600/ricetta_pannocchio_natale_2.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNsMrpSGnLjweMHZSka9C5KvGKz2cOk7JMhQwRtSBnIYBFfU57kT08XGTh6DgydctVdu4Y1UufDWaNn0V-HzN9LU_VW6YSr6ikjqyXWC-CJPlgG2XMQda-m9r-c5xVLC40_MQEaqDBQWM/s320/ricetta_pannocchio_natale_2.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5552865006934628322" border="0" /></a>Fatto ciò, aiutandovi con la cucchiarella trasferite il composto nello stampo: giacché è parecchio solido avrete probabilmente qualche difficoltà a livellarlo, ma non è un problema perché ci penserà il calore del forno.<br /><br />Infornate quindi sul piano intermedio e lasciate cuocere per fatti suoi per tre quarti d'ora o giù di lì, periodo che potrete impiegare per farvi serenamente i fatti vostri, o per incartare i regali di Natale.<br /><br />A un certo punto le vostre nari saranno assalite da un profumino delizioso. Andate in cucina, fate la consueta prova stecchino, e se esce pulito spegnete il forno. Lasciate il dolce al suo interno per altri cinque minuti, quindi tiratelo fuori con l'aiuto di un paio di mappine, e se la crosticina dorata in superficie non vi fa esclamare "oh, che bello!" sappiate che avete la sensibilità di un matematico.<br /><br />Fate raffreddare il dolce completamente prima di affettarlo (se resistete, beninteso) perché a temperatura ambiente è più buono. Io, l'amato bene e Dottor P che era ospite da noi non abbiamo resistito: e abbiamo così constatato che, grazie alla struttura della pasta, le gocce di cioccolato anziché precipitare in massa sul fondo come hanno l'abitudine di fare son rimaste diligentemente a picchiettare tutto l'interno. E anche queste sono soddisfazioni.<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgu3Z-B0K4DPjtghbWQ9fY0Z2MDpirJcplC2iH1vn4o-rQYzjNhwBACSfHAf5Ii3gFclWm2grPeldy3oxdQvTdsbO3rIx4ceDjvQqrBS1lTd4Rvm-QgtVJ1UauUlezpzNiDLbCY4LglMOQ/s1600/ricetta_pannocchio_natale_3.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgu3Z-B0K4DPjtghbWQ9fY0Z2MDpirJcplC2iH1vn4o-rQYzjNhwBACSfHAf5Ii3gFclWm2grPeldy3oxdQvTdsbO3rIx4ceDjvQqrBS1lTd4Rvm-QgtVJ1UauUlezpzNiDLbCY4LglMOQ/s320/ricetta_pannocchio_natale_3.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5552865006862595250" border="0" /></a>Come tutte le ricette dolciarie dei miei tosti sanniti, il pannocchio ha il vantaggio di conservarsi fresco per più giorni. Potrete quindi prepararlo tranquillamente uno o due giorni prima del pranzo di Natale, per poi presentarlo in tavola bello fragrante come se fosse appena uscito dal forno.<br /><br />E quando lo gusterete con familiari, amici e persone care, inviatemi un salutino. Io da parte mia, vi faccio tanti auguri di buon Natale. E speriamo che sia davvero buono, e con lui i giorni a venire.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-51901002224209834152010-11-18T20:00:00.002+01:002010-11-18T20:28:48.884+01:00Monarchi ballerini, spettatori dormienti: Le roi danse<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhusW6IjkiI_63uMQQIsMw9C79CpdVrgFE7NJrNzJZNK6IjuObEkvuM7vV4EF31U49w7603o6-Vl0mL1U8_TymU_TrSWBwDHXsUaYwrhRVOhm9b2jfUW27FO4DdicZTXtFUbBNHjd53ARU/s1600/le-roi-danse-22.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 174px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5540865461630473442" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhusW6IjkiI_63uMQQIsMw9C79CpdVrgFE7NJrNzJZNK6IjuObEkvuM7vV4EF31U49w7603o6-Vl0mL1U8_TymU_TrSWBwDHXsUaYwrhRVOhm9b2jfUW27FO4DdicZTXtFUbBNHjd53ARU/s320/le-roi-danse-22.jpg" /></a>"Ma insomma, e le ricette? Questo non dovrebbe essere un blog di cucina?"<br />Avete ragione. Non che mi manchi il materiale: ne ho una settantina, già fotografate, e mi dovrei pure sbrigare a buttar giù ingredienti e preparazione perché va a finire che altrimenti mi scordo tutto, e se per quelle di famiglia posso sempre bussare alla porta delle zie, per ciò che io impapocchio e per casi misteriosi mi vien pure bene posso mettermi l'anima in pace, giacché la mia memoria ha oramai più buchi di una fetta di groviera. Ma questo fra parentesi.<br /><br />E' che al momento, più che alla cucina, la mia attenzione è rivolta a tutta una serie di cosucce che per motivi di tempo non ho potuto leggere, vedere o ascoltare. E converrete che starsene spaparanzati sul divano con un bel film o un bel libro e fischiettare appresso a un pezzullo, che sia di Bach o delle Boswell Sisters, è attività fra le più gradevoli. Senza contare che, avendo grazie al cielo amici e conoscenti dai molteplici interessi, gli spunti che mi arrivano sono parecchi, e una prima o poi dovrà pure mettersi in pari.<br /><br />Uno degli ultimi suggerimenti è capitato come si suol dire a pera: <em>Le roi danse</em>, biopic riguardante un compositore barocco firmato da Gérard Corbiau. Di questo regista, tutt'altro che celebre da noi ma alquanto noto in Francia, io avevo visto solo il terrificante <em>Farinelli voce regina</em>, un polpettone di bruttezza rara che tramutava il povero <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Farinelli">Carlo Broschi</a> in una sorta di rockstar fallita e inanellava errori a ogni fotogramma o giù di lì. Ma giacché a raccomandarmelo è stata persona che di musica se ne intende e ne lodava diversi elementi, ho deciso di dare a Monsieur Corbiau un'altra chance, e con l'aiuto del <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2010/02/quanta-vita-su-marte.html">solito Lello</a> mi sono procurata il film in questione.<br />A suscitare la mia curiosità era anche il fatto che i biopic dedicati ai musicisti, che siano classici o rock, sono in genere fetecchie tremende: se <em>Cronaca di Anna Magdalena Bach</em>, <em>Tutte le mattine del mondo</em> o <em>Sid & Nancy</em> sono splendidi (consiglio caldamente tutti e tre: soprattutto il primo farete una fatica boia a trovarlo, ma se amate il Kantor di Eisenach - interpretato magnificamente da Gustav Leonhardt - andrete un brodo di giuggiole), basta pensare a obbrobri come <em>Amata immortale</em>, <em>Walk the line</em> o l'<a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2010/09/trio-lescano-no-monnezza-le-ragazze.html">abominevole fiction sulle Lescano</a> per convincersi che le sette note e la settima arte in taluni casi dovrebbero tenersi a rispettosa distanza. Corbiau con Farinelli aveva miseramente fallito: come se la sarebbe cavata con Jean-Baptiste Lully, astro musicale alla corte del re Sole?<br /><br />Male.<br /><br />Il che irrita sommamente perché l'idea alla base è geniale, e mette sotto i riflettori un aspetto del regno di Luigi XIV che è poco esaminato: ovvero, l'impiego della musica e delle diverse forme di spettacolo, danza in primis, come mezzo per instillare nella coscienza collettiva, della corte ma non solo, che il re è il re.<br /><br />Voi mi direte: e che bella scoperta, è ovvio che il re è il re.<br /><br />Mica tanto ovvio. Soprattutto se si arriva sul trono dopo che, in amena successione, vi sono ascesi prima una pletora di mezzecalzette afflitte da una madre intrigante, poi un monarca dal credo religioso ondivago che si è fatto seccare dallo zelota di turno, a seguire una marionetta i cui fili erano tirati da temibile eminenza rossa. E ancor più se si ha sul groppone la combinata madre intrigante più eminenza rossa - non gli stessi di prima: mamme impiccione ed eminenze dei più vari colori sembrano essere una costante nella storia francese e non.<br />Luigi intuisce che la soluzione per ascendere al vero potere è rendere il monarca un dio (ovvero il sole, nel caso specifico), e per farlo tutti gli strumenti sono buoni. Anche quelli musicali, giacché la musica è necessaria per danzare, e il futuro re Sole è un ballerino straordinario: sicché quella che viene considerata dagli arcigni cortigiani un'attività da debosciato diventa un'affilatissima arma.<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhS3krGDXE-kye11Jy-A7laz_dtsgthn5-PpjIFXy-iE6Y-jHkAgvxMTsM34MCRhsXSvJi3eyuAtePAVTMoC8XqaR6MOlOssM78L_z_kdfogjUxw9r6BoLNY9WcG4X5B5l1Ky95kqi57Mo/s1600/photo-Le-Roi-danse-2000-1.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 209px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5540940891643410930" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhS3krGDXE-kye11Jy-A7laz_dtsgthn5-PpjIFXy-iE6Y-jHkAgvxMTsM34MCRhsXSvJi3eyuAtePAVTMoC8XqaR6MOlOssM78L_z_kdfogjUxw9r6BoLNY9WcG4X5B5l1Ky95kqi57Mo/s320/photo-Le-Roi-danse-2000-1.jpg" /></a> Tutto ciò viene trasposto cinematograficamente in modo a dir poco sublime: splendidamente eseguite dall'orchestra Musica Antiqua Köln, le musiche di Lully sono il tappeto sonoro su cui si ricamano le complesse coreografie che vedono Luigi protagonista assoluto. Costumi, scenografie e danzatori sono da visibilio, e un lavoro di montaggio fatto al cesello rende il Borbone (grazie a un paio di <em>body double </em>che chiamano i baci dall'alluce all'anca) un perfetto e inarrivabile misto di eleganza, potenza e autorità, l'esatto messaggio che il monarca intende trasmettere. Che si sia appassionati o meno di danza barocca, l'insieme lascia a bocca aperta. E chi, come la sottoscritta, non abbia mai colto l'erotismo che una sequenza di passi sa sprigionare, si accorgerà di fissare scarpe di marocchino che inguainano perfettamente abilissimi piedi manco fosse un feticista.<br /><br />Le sequenze di ballo sono il culmine del film, ed è un gran piacere guardarle. Non sono la sola a pensarlo: su Youtube c'è un <a href="http://www.youtube.com/watch?v=BMvpvDjFvHA">apposito filmato</a> che le raccoglie. Assommano a poco più di sette minuti. Sette minuti di meraviglia.<br /><br />Il problema è la restante ora e quaranta. Che si può riassumere con due parole: noia pura.<br />Perché la confezione è meravigliosa, ma abitata da marionette.<br /><br />Ancora ben lontano dal doppio mento e dalla gotta che lo affliggeranno in vecchiaia, il Luigi cinematografico è bello come il sole - assai più del suo reale corrispettivo, che nonostante le piaggerie cortigiane era un nanerottolo col naso a gancio: del resto, la consorte viene tramutata da matrona con il vizio della cioccolata in tazza in una secchetta che non sfigurerebbe nella scuderia di Cavalli se solo scoprisse un po' di ossame - e ha lo spessore di un tronista. Danza con fare algido, mette il broncio quando un passo gli vien male, litiga con mammina e i suoi scherani e si aggira con un'aria alla "mi dispiace, ma io so' io" assolutamente ingiustificata, perché va bene che qui grande protagonista è il ballo e non è che uno si possa aspettare la ricchezza di sfumature di quella <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/La_presa_del_potere_da_parte_di_Luigi_XIV">meravigliosa fiction di Rossellini</a>, ma le qualità - anche pessime - che resero il giovinotto uno dei monarchi più tenuti della sua era non si vedono molto. Se però non mostra le doti di consumato statista del futuro re Sole, in compenso il film ci regala una scena in cui sua maestà gioca a fare il sollevamento pesi usando l'amante di turno a mo' di bilanciere. Vuoi mettere.<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhk5gqGUhhAHhs_ue5olwTK3mfgEiqyOX9FxUVg6H0Wm3AO_TjwcfpjEWNBW0vK-d9wcp0AgRW5JL0UJv_Wpn-h-ZK14poa1Ja965HdeJ15lO5I5GyV1wPQ2HMjM4Kd6Qn5QDMjCzGL5m4/s1600/photo-Le-Roi-danse-2000-2.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 209px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5540941456913297330" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhk5gqGUhhAHhs_ue5olwTK3mfgEiqyOX9FxUVg6H0Wm3AO_TjwcfpjEWNBW0vK-d9wcp0AgRW5JL0UJv_Wpn-h-ZK14poa1Ja965HdeJ15lO5I5GyV1wPQ2HMjM4Kd6Qn5QDMjCzGL5m4/s320/photo-Le-Roi-danse-2000-2.jpg" /></a>Va detto che è inutile mostrare doti di consumato statista se si hanno quali avversari nell'ascesa al potere una madre che ha l'espressività perennemente torva di un mastino napoletano e una serie di comprimari abbigliati da becchini che paiono usciti dai fumetti del Corriere dei Piccoli. Anche personaggi fondamentali della temperie culturale dell'epoca fanno una figura ben misera: su tutti Molière, interpretato da uno Tcheky Karyo alquanto spaesato e avvilito da una parrucca in stile Rod Stewart primo periodo. Se non altro la scena della sua morte, che avviene sul palco mentre è attorniato da scheletri che ballano una inquietante e bellissima <em>danse macabre</em>, è uno dei momenti migliori.<br /><br />E Lully, protagonista del film che si apre e chiude, assai banalmente, con la sua dipartita?<br /><br />Non è la rockstar sull'orlo di una crisi di nervi in cui Corbiau aveva mutato Carlo Broschi, ma ci manca poco: se gli zompi da un letto all'altro cui Lully indulge sono pienamente giustificati dalle cronache, i <em>tantrum </em>da diva isterica che butta all'aria mezza casa e irrompe sulla scena correndo sui tacchetti un po' meno. E il fatto che il compositore fosse noto per andare indifferentemente con partner ambosessi non spiega perché nel film egli abbia una cotta belluina per il re. Gli regala morbide scarpe di marocchino rosso, corre al di lui capezzale ignorando la moglie che sta partorendo, lo fissa con occhi febbrili anche se si sta parlando del tempo. Il che ci potrebbe anche stare: vi sono cortigiani che han fatto di peggio. Però se si evitassero scene come quella in cui il monarca gioca a fare il culturista con la bonazza e Lully, impegnato all'esterno della tenda regale a fornire adeguato sottofondo orchestrale, lo sbircia da un pertugio per poi fuggire precipitosamente in preda a una crisi di gelosia, saremmo tutti più felici. Cose come queste sono pessime in qualunque film, e in un film biografico oltre che pessime sono esecrabili.<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6T-otcxcnDOTpL7vy0Sy8A_sha1WYlk6I5qFos_9CBJ0e6FFFQEfPDmLyaqaHBSyi_13ndEy3go3ComRUvXEzcNDaZ15KZzbXim-9myugCZNDm9dShbXjyIVB_4wK_j9DtqZ7sJB7xSY/s1600/Roi.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 209px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5540942053304281698" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6T-otcxcnDOTpL7vy0Sy8A_sha1WYlk6I5qFos_9CBJ0e6FFFQEfPDmLyaqaHBSyi_13ndEy3go3ComRUvXEzcNDaZ15KZzbXim-9myugCZNDm9dShbXjyIVB_4wK_j9DtqZ7sJB7xSY/s320/Roi.jpg" /></a>Tutto ciò ha l'effetto di non coinvolgere minimamente chi guarda. Visivamente <em>Le roi danse </em>è splendido, ma appassionarsi alle vicende di personaggi che sono poco più che macchiette risulta difficile. Lully e il suo monarca per quasi due ore incedono con o senza sottofondo musicale, strepitano come scolari, si abbandonano a paurosi sbandamenti emotivi (di cui l'unico riuscito è quello in cui Luigi viene trascinato via dalla stanza di mammà agonizzante con i cortigiani che gli coprono gli occhi, giacché un re non deve avere contatto nemmeno visivo con la morte), ma il coinvolgimento dello spettatore resta pari allo zero.<br /><br />E un coinvolgimento pari allo zero per un'ora e tre quarti meno sette minuti dà la misura del fallimento di un film che in potenza poteva essere magnifico, ma in atto è la solita, sconfortante, presuntuosa riprova che la pessima reputazione di cui gode il cinema europeo è pienamente meritata.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-82772026520854625882010-11-03T15:06:00.006+01:002010-11-03T18:38:29.821+01:00Torta al limone di zia Lella<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHidPfCYLSru7uBwS-IaJvkJCjgasrlXBF8UNfnHA0V-8LZkLrYhGUMvvY8qljEtOpgwAWmkaMchmnd94fF2veTGBDh0FWbVpvTg0LytXpk8WOysuw7_UisMGmRzB1YPO1274ATGpMVSU/s1600/torta_limone_zia_lella.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHidPfCYLSru7uBwS-IaJvkJCjgasrlXBF8UNfnHA0V-8LZkLrYhGUMvvY8qljEtOpgwAWmkaMchmnd94fF2veTGBDh0FWbVpvTg0LytXpk8WOysuw7_UisMGmRzB1YPO1274ATGpMVSU/s320/torta_limone_zia_lella.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5535324927324445298" border="0" /></a>La zia Lella, come chi frequenta codesto blog ben sa, è una cuoca sopraffina. Come tutte le cuoche sopraffine ovviamente minimizza il suo operato con infinite declinazioni sul tema "ma è una sciocchezza che sanno fare tutti", le quali ovviamente non ingannano chi si dà del tu da assai meno tempo con i fornelli, e sta pian piano imparando a sue spese quanto quelle sciocchezze che sanno fare tutti vengano in maniera decente solo dopo non pochi e pazienti tentativi.<br /><br />L'esempio primigenio della sciocchezzuola alla portata di tutti è la torta al limone. Quella di zia riesce alta come un cuscino sprimacciato, leggera, profumata, deliziosa, e si stacca dal suo quasi centenario stampo con buco al centro senza opporre resistenza e senza perdere nemmanco una briciola del suo involucro dorato. Quella di chiunque altro che si cimenti, giacché la zia a differenza della cuoca media è assai generosa e divulga le sue ricette molto volentieri, ha in genere l'altezza di un celebre economista degno del Nobel, la consistenza di una palla da tennis e l'aspetto di un campo dove si sia tenuto un congresso di talpe.<br /><br />In molti mi hanno chiesto qual è il segreto della zia. E io rispondo che nulla può battere una lunga pratica (cosa che ormai si va perdendo, perché è assai più comodo comprare il dolce o la merendina al supermarket) e una preparazione che sia fatta con amore sia per la cucina sia per coloro che mangeranno il risultato dello spignattamento.<br /><br />Codesta risposta viene considerata poco scientifica. Io la considero empirica in quanto basata sull'osservazione diretta, ma mi rendo conto che è questione di opinioni.<br /><br />Come che sia la torta al limone di zia Lella, oltre a essere deliziosa e ottima sia come merenda che come dessert (in quest'ultimo caso basterà accompagnarla con una bella ciotola di <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2009/05/crema-pasticcera-di-zia-lella.html">crema pasticcera</a>), è pure un ottimo banco di prova per testare l'accuratezza del proprio lavoro ai fornelli, elemento dal quale la riuscita di un piatto dipende più che spesso. Se ci si mette poi che è molto divertente e veloce da realizzare anche con i bambini, direi che gli incentivi per mettersi all'opera non mancano davvero.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Ingredienti:</span><br />350 grammi di farina<br />250 grammi di zucchero<br />tre uova<br />una tazzina da caffè di olio<br />la buccia grattugiata di un limone<br />una bustina di lievito<br />due o tre cucchiai di latte tiepido<br /><span style="font-weight: bold;"><span style="font-weight: bold;"><br /><span style="font-weight: bold;">Preparazione:<br /></span></span></span>in primis accendete il forno a 180° in modo che si scaldi come si confà (col freschino di questi giorni un po' di tepore in cucina sarà cosa ben gradita) e provvedete a imburrare e infarinare uno stampo con il buco: nulla vieta di usare una normale teglia, ma per me la torta al limone è con il buco al centro e grande stile ruota di bici, per cui vi suggerisco quello.<br /><br />Rompete le uova, separate i tuorli dagli albumi e tenete questi ultimi da parte, magari in una bella ciotola in frigo. Battete i rossi con lo zucchero fino a quando l'aspetto sarà chiaro e spumoso con notevole aumento di volume (allo scopo potrete usare uno sbattitore elettrico oppure, se siete di malumore, la solita cucchiara di legno: al termine dell'operazione sorriderete come bodhisattva). Quindi incorporate la buccia di limone, l'olio a poco a poco, la farina aggiungendola pian piano a cucchiaiate e il lievito sciolto nel latte, sempre mescolando con attenzione e con somma pazienza. Il risultato sarà un bell'impasto morbido e filante: diventerà ancora più morbido quando vi aggiungerete gli albumi montati a neve.<br /><br />Per montare i bianchi (usate stavolta la tecnica moderna, o a fine operazione con la classica frusta avrete la serenità d'animo di un appassionato di blues che si trovi a un concerto di Gigi d'Alessio) la zia impiega il vecchio trucco del pizzichino di sale; i miei amici ingegneri suggeriscono quello del goccino di limone che, secondo la scienza, dà risultati di gran lunga migliori. Voi scegliete quello che più vi aggrada, e quando vedrete gli albumi della giusta consistenza - evitate la famosa prova della ciotola a testa in giù: diverte tantissimo i bambini, ma fin troppa neve di uova ho visto planare per terra - incorporateli a cucchiaiate nell'impasto con movimento dal basso verso l'alto.<br /><br />Fatto ciò, versate il composto nello stampo (la zia si raccomando di evitare schizzi sulle pareti dello stesso, che cuocendo assai prima del dolce si carbonizzano con pessimi effetti) e mettete in forno sul piano intermedio.<br /><br />Se avete fatte le cose come si confà, vedrete il dolce che cresce giulivo e dopo un'oretta circa diventa bello dorato in superficie (se non vi fidate del vostro naso che vi dice che è cotto, fate pure la prova stecchino). A quel punto tiratelo fuori dal forno, fate raffreddare per qualche minuto, acchiappate lo stampo con un bel canovaccio spesso, scuotetelo delicatamente dal basso verso l'alto per vedere se il dolce si stacca, e se è così rovesciatelo su un piatto (facendovi i complimenti se l'avete sformato alla zia Lella, ovvero del tutto integro) e ri-rovesciatelo su una gratella dove lo lascerete finché non si fredda del tutto, in modo che si liberi dell'umidità in eccesso.<br /><br />Se non avete fatto le cose come si confà, pazienza. La torta sarà assai meno bella nonché più tosta da digerire, ma è buona lo stesso.<br />Ripromettetevi però di rifarla, stavolta con attenzione.<br /><br />Primo, perché mica vorrete avere l'equivalente dolcizio di quel celebre economista da Nobel che vi guata dal piatto mentre fate colazione, quasi a spronarvi a correre al lavoro pena cose di tregenda.<br /><br />Secondo, perché a furia di fare le cose con attenzione, dopo un tot di volte vi accorgerete che potete in contemporanea cucinare, badare al gatto, fare una coccola ai bambini, ascoltare la radio, rispondere a una mail e tenere con la cucchiarella il tempo della musica che state ascoltando senza perdere un colpo.<br /><br />Scoprirete così perché, anche ora che hanno ottant'anni suonati, le vostre zie e nonne a multitasking vi stracciano, e se la cavano di gran lunga meglio di voi.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-85450263325954854792010-10-30T15:28:00.013+02:002010-10-31T10:35:48.422+01:00An indian Halloween: zuppa speziata di zucca e ceci<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgi55ygEhM4bg29wMuWkfMo_ZHDWMvkoiui3lJIPwNhEM8DvBakha6nwAJPQ9DNMOIbFUPJ0CtbLJHZM-FEJAi9iq5zjyPV2dTz8mAePcf_4BnsJiXZ9WJGCD1INV2THR-1VVSk99MXb5o/s1600/zuppa_zucca_ceci.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgi55ygEhM4bg29wMuWkfMo_ZHDWMvkoiui3lJIPwNhEM8DvBakha6nwAJPQ9DNMOIbFUPJ0CtbLJHZM-FEJAi9iq5zjyPV2dTz8mAePcf_4BnsJiXZ9WJGCD1INV2THR-1VVSk99MXb5o/s320/zuppa_zucca_ceci.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5533839269629326002" border="0" /></a>Prima che lo diciate voi, sappiate che concordo. Questa foto fa ribrezzo, il piatto è presentato malissimo, e nemmeno un asino inciuccato di grappa sarebbe capace di un uso sì vergognoso del flash. A mia discolpa: era una prova, e avevo fame. Trattavasi di prova perché codesta zuppa avrei dovuto farla domani al paesello delle ginestre con la mia amica Tania (assai nota a chi frequenta questo modesto blog), e allo scopo avevo ravanato la Rete onde trovare suggerimenti che rendessero appetibile anche al mio amato bene, il quale aborre la zucca, una pietanza a base di cucurbitacea.<br />Dopo lungo cercare, la leggendaria sezione Food del sito della BBC mi ha fornito la risposta con una magnifica ricetta indiana che unisce cucuzza butternut - ovvero quella a forma di violino dalla buccia beige, reperibile adesso alquanto comunemente e che io ho prescelto perché meno dolce - a una valanga di spezie amatissime dal mio compagno di casa e di vita. Peccato che per gustare sì bella scoperta Tania e il di lei marito dovranno attendere fino a data da destinarsi: il mio tapino amato bene, come sempre gli capita in occasione di ponti e vacanze, ha ben pensato di ammalarsi, e tanti saluti al weekend campagnolo - nonché agli gnocchi di zucca con ragù di salsiccia che Tania progettava di associare alla mia zuppotta, ma è meglio che non ci pensi troppo o soccombo alla mestizia.<br /><br />Chi comunque volesse cogliere l'occasione festiva (che io personalmente non condivido granché, ma che non condanno manco giacché i bambini pare si divertano un mondo a fare dolcetto o scherzetto) per fare un piatto autunnale davvero ottimo e anche un po' inusuale per i palati italici, il che garantirà figurone in caso si abbiano a tavola quegli odiosi ospiti fintamente alternativi che di alternativo non hanno un bel nulla, potrà seguire le istruzioni poco oltre. Vi sono un po' di differenze rispetto alla <a href="http://www.bbc.co.uk/food/recipes/bengalibutternutsqua_89988">ricetta originale di BBC Food</a> perché se avessi dovuto procurarmi tutte le spezie prescritte sarei uscita di senno ben prima di mettermi ai fornelli, ma il risultato è stato comunque notevole: e sono certa che lo sarà anche se chi si cimenta non ha la fortunaccia di avere a dieci minuti a piedi il negozietto indiano, e pertanto ne userà ancora di meno. Ma bando alle ciance e procediamo con ordine.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Ingredienti:</span><br />un mezzo chilo di zucca butternut (o di qualsivoglia genere) già pulita e tagliata a tocchi grossetti<br />due etti di ceci già lessati (se usate quelli in scatola passateli sotto il rubinetto prima dell'uso)<br />una bella cipolla bianca o dorata<br />tre cucchiai d'olio<br />un peperoncino secco (se grandicello, sennò mezzo cucchiaio di quelli piccoli)<br />un pezzo di zenzero fresco grosso quanto un pollice<br />un cucchiaio raso di curcuma<br />idem di cumino in polvere<br />altrettanto di garam masala (che è un misto in polvere di spezie varie, in genere cardamomo, pepe, cumino, foglie di alloro, chiodi di garofano e altre cosucce profumate: se non la trovate, fate un misto di pepe e di chiodi di garofano sbriciolati per un totale di un cucchiaino)<br />200 ml di acqua bollente<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Preparazione:</span><br />lo so che mi state odiando perché avete appena finito di pulire la zucca butternut e avete litigato con la buccia che era insospettatamente tosta, i semini malefici e i filamenti che vi si appiccicavano alle manine. Tranquilli, che da qui è tutta in discesa. E per iniziare la discesa fate scaldare i tre cucchiai d'olio in capace pentola antiaderente con il peperoncino secco, ovviamente a fuoco molto basso. Quando sfrigola, giù la cipolla ben tritata, e fatela imbiondire coprendo il tegame con un coperchio di vetro, così essa si sfalda delicatamente con il suo stesso vapore. Quindi aggiungete curcuma, cumino e zenzero grattugiato, mescolate bene con il cucchiaio di legno e lasciate cuocere sempre a fuoco lento per un paio di minuti.<br /><br />Adesso è il momento di aggiungere la zucca che vi è costata tanta fatica pulire e insieme a lei pure l'acqua che avrete scaldato a parte in un pentolino. Rimettete il coperchio di vetro e lasciate andare la cottura, sempre a fuoco basso. Quando sentite che riuscite a infilzarla con la forchetta ma che offre ancora resistenza, indice di cottura a metà, aggiungete i ceci e il garam masala (o il trito di chiodi di garofano e pepe), date una bella mescolata, ricoprite con il coperchio di vetro e attendete facendovi amenamente i fatti vostri - la cottura a fuoco lento è bella proprio perché non costringe a sorvegliare ogni due per tre - che passi un'altra decina di minuti, quindi assaggiate per verificare che sia tutto ok e se così è spegnete il fuoco, versate in capace scodella e portate in tavola.<br /><br />Voi portate in tavola. Io vado ai fornelli. A preparare un teuzzo di zenzero buono buono al mio amato bene sfortunino, così il malanno se vuole il cielo gli passa prima. Ma la ricetta di questa gagliarda tisana ve la darò in un'altra occasione.<br /><br />Buon Halloween, o Ognissanti, o quel che più vi garba. Che i piccini si divertano, e i più grandi ricordino, certamente con dolcezza, che gli spiriti di coloro che ci hanno lasciato e che secondo la tradizione tornano fra noi solo una volta l'anno, per fortuna sono con noi sempre.<br /><span style="font-weight: bold;"></span>Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-85544209560956189532010-10-27T14:28:00.013+02:002010-10-27T18:43:21.568+02:00Jessie goes on holiday, part 3: grazie, Trenitalia!<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaWpegaZ783L4ADVnYR5AP95HfMoeoUOWaIevhYF664bueaE9DrmI1uo9OiAmD0T-9O4suoqhwSJQ814FfXNBTKoQmeqe9ILD1r2WDxHsUN5t-4tkDHWLJ20wO_4yt86U6xOJeeH7xpVY/s1600/GTA_SA_Ghost_Train.png"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 224px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5532686471549029874" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaWpegaZ783L4ADVnYR5AP95HfMoeoUOWaIevhYF664bueaE9DrmI1uo9OiAmD0T-9O4suoqhwSJQ814FfXNBTKoQmeqe9ILD1r2WDxHsUN5t-4tkDHWLJ20wO_4yt86U6xOJeeH7xpVY/s320/GTA_SA_Ghost_Train.png" /></a> Ma come, a Parigi e Londra non sei andata in aereo?, chiederanno i miei scafati e mondani lettori.<br /><br />No, non ci sono andata in aereo.<br /><br />Io ho paura di volare. Manco a dire che non abbia voli all'attivo, ma dopo una simpatica tempesta beccata su Amsterdam anni fa in cui l'aereo è rimasto un'ora e mezza a girare su Schiphol e quando tuffava il muso nelle nubi sembrava di essere sotto le bacchette di Keith Moon grazie a una gragnuola di chicchi di grandine grossi come palle da baseball, come dire, io e le vastità del cielo andiamo pochissimo d'accordo.<br /><br />Per cui mi è venuta un'idea formidabile: treno dall'Urbe a Parigi, da lì il leggendario Eurostar (che ero curiosissima di prendere per via del percorso sotto la Manica), e al ritorno l'inverso. Il prezzo non era folle: grazie a una serie di vantaggiose combinazion, il costo finale era più o meno identico a quello di un volo più taxi dall'aeroporto, con il vantaggio di essere scodellati nel cuore della destinazione e senza vergognosi sovrapprezzi sul bagaglio. Cosa volere di più?<br /><br />Che Trenitalia, ad esempio, venisse acquistata dalla Martian Interplanetary Railroad. Perché giusto un consiglio d'amministrazione extraterrestre potrebbe risolvere il disastro in cui versano le nostrane ferrovie - senza contare che nessun dirigente marziano avrebbe la faccia di richiedere buonuscite milionarie come certa gente, ma ciò fra parentesi.<br /><br />A seguire qualche notazione che spero sia utile a chi, come la sottoscritta, piuttosto che prendere l'aereo è pronto a farsela a piedi. Il che sarebbe comunque un modo di viaggiare più comodo e dignitoso di quello offerto dalle FS.<br /><br />Per chi non lo sapesse, il treno che da Roma va a Parigi è gestito a mezzi da italici e transalpini. Io di transalpini non ne ho visti, e il personale italico a bordo aveva la faccia da condannato ai remi sulle galere della Serenissima.<br /><br />Dopo mezz'ora scarsa di permanenza in carrozza, anche noi avevamo la faccia di un galeotto schiavizzato dal Leone.<br /><br />Visto che avevamo programmato il viaggio come una <em>non</em> luna di miele (era la prima vera vacanza da quando siamo appaiati, ergo abbiamo deciso di concederci qualche lusso), abbiamo ben pensato di prendere lo scomparto a due letti. A castello ovviamente, ché son finiti i tempi dei nostri nonni i quali, per citare un noto musicista catanese, "facevano l'amore con l'ausilio del motore". Dubito fortemente del resto che l'attuale scomparto medio, letti a castello o meno, possa fomentare pensieri appassionati. Spazi ristrettissimi, grucce metalliche a mo' di guardaroba che fanno delèn-delèn a ogni scossone, aspetto mesto e zozzetto di tutto l'ambiente, lenzuola bucate, cuscini in materiale sintetico di quelli che farebbero sudare pure un iceberg, odore di gomma bruciata e disinfettata con il cloro proveniente dal sistema di condizionamento, calura africana dovuta al malfunzionamento dello stesso. La pena infinita di vedere il povero capo-vagone che tentava di aprire i letti, con le leve rese rocciose da anni di incuria, non ha contribuito a migliorare l'atmosfera. Il wc in fondo al vagone il cui sciacquone si scassava ogni tre per due, men che meno.<br /><br />Prima di montare sul convoglio maledetto sappiate che è opportuno fornirsi di genere alimentari. A bordo non vi è alcuna carrozza ristorante (in teoria sarebbe prevista, ma in realtà è non pervenuta), e il solerte personale vi fornirà giusto di una bottiglietta d'acqua e, al mattino, di caffè liofilizzato al gusto di bitume accompagnato da un cornetto risalente più o meno al Cretaceo. Detto solerte personale, e non ci si stupisca di ciò perché prende uno stipendio da fame, ha la tendenza a scomparire per ore. Se per caso avrete bisogno di qualcosa, preparatevi a lunghe attese. Consolatevi con il fatto che sapete l'italiano: qualunque comunicazione scritta (in genere appiccicata sulla porta della cabinetta del capo-vagone e vergata su un tovagliolino di carta) sarà fornita nella lingua di Dante, per cui i transalpini son più sfigati di voi.<br /><br />Se avete coincidenze in quel di Parigi, abbiate poi l'accortezza di prenotare lasciando un intervallo di tre ore dall'arrivo. Il treno Roma-Parigi e viceversa è infatti noto per accumulare ritardi abissali. La prassi è mezz'ora, più spesso un'ora e passa. Il nostro all'andata è arrivato in ritardo di quasi due ore, costringendoci a una corsa infernale per prendere l'Eurostar. L'ultimo tratto, percorso dal convoglio a passo d'uomo, lo abbiamo passato in compagnia di un garbatissimo signore francese italofono che per vari motivi è costretto a prendere l'Artesia alquanto spesso. Ometto di riferire le sue colorite espressioni in ambo le lingue, perché non passerei il vaglio della censura.<br /><br />L'Artesia arriva a Gare de Bercy, stazioncina da cui se non altro uscirete in un batter d'occhio. A qualche centinaio di metri troverete la stazione della linea 14 della metro: se dovete prendere l'Eurostar andate fino a Chatelet, e da lì con la linea 4 arriverete alla Gare du Nord. Tempo medio, poco più di mezz'ora, e in tutta comodità.<br /><br />A Gare du Nord le indicazioni per l'Eurostar fanno un po' pena: sappiate che l'accesso è al piano superiore. Lì vi attende del personale severissimo che controllerà biglietti, documenti e bagagli, né più né meno che se foste in aeroporto. Consigliato arrivare almeno mezz'ora prima, sennò vi sbattono la porta sul naso. Non vi passi per la mente di fare scene di tregenda se arrivate in ritardo: cartelli appesi in bella evidenza sottolineano che a un cenno del personale sarete attorniati da simpatici signori in divisa, e dubito fortemente che sarebbe cosa gradevole.<br /><br />Va da sé che rispetto ai treni italici l'Eurostar è un altro mondo. Ho viaggiato su treni migliori, ma se non altro ci si può rifocillare adeguatamente (previo leasing) e i bagni sono praticabili. Con quel che costa il biglietto vorrei vedere, direte voi. Dipende: se avete amici che viaggiano su Frecciargento e Frecciarossa (convogli notoriamente assai economici) chiedetegli dettagli e sappiatemi dire, se possibile omettendo le parolacce. Quanto alla temibile tariffa dell'Eurostar, prenotando con un anticipo di almeno un paio di settimane e scegliendo le fasce orarie meno gettonate ve la potrete cavare con una sessantina di euro.<br /><br />E il tratto sotto la Manica?<br />Non ve ne accorgerete nemmeno. Venti minuti in cui forse vi si tapperanno un po' le orecchie, ma niente di trascendentale. Prima che ve ne rendiate conto, puf, sarete nella perfida Albione, o alternativamente nella douce France. Io mi son ritrovata a pensare "tutto qui?", e dire che soffro pure un po' di claustrofobia. Se proprio dovete temere qualcosa, state in guardia dall'aria condizionata che viene erogata con notevole gagliardìa. Se siete pelati, munitevi di cappellino. Munitevi anzi di cappellino a prescindere, se non volete arrivare in stazione con i prodromi di un fiero raffreddore.<br /><br />Dopo l'esperienza con il trenino sottomarino, tornare fra le braccia delle Ferrovie dello Stato per rientrare nell'Urbe è stato come finire da un campeggio delle Alpi bavaresi a quel tale parcheggio sito dai pizzi di Roncobilaccio noto per essere frequentato da scambisti etero, gay e a corrente alternata. Oltre alla fatiscenza, alla mestizia generale e all'arrivo a destinazione con oltre un'ora di ritardo, non è stata servita la colazione adducendo quale motivo "a Parigi ci hanno rubato tutto".<br /><br />Una nostra amica ha commentato che se tutto ciò venisse proposto in forma di sceneggiatura a qualsivoglia casa produttrice si andrebbe incontro alla bocciatura per inverosimiglianza.<br />Ma Trenitalia riesce a superare anche il più sfrenato soggettista.<br /><br />E per tutto ciò, io la ringrazio.<br /><br />Perché a farmi passare la paura di volare non sono bastati gli aiuti di Madonna Chimica, le sedute di training autogeno, e persino la minaccia di smollarmi da leggere quel libraccio penoso di Erica Jong.<br /><br />Ma il pensiero di un'altra esperienza nel Convoglio dell'Orrore, credetemi, basta e soperchia.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-4907482708730279522010-10-18T17:34:00.012+02:002010-10-19T18:41:09.521+02:00Jessie goes on holiday, part 2: Parigi, oh cara<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKTMDUtla7RTt-k-G1_LtSaqDKnbCrR1zzg3RR03Sydu3_DDFMiv9jysfFY3x4ItcKf4g-QrlFwuml-tadtEq5M_eUjKkj3PN-ViU1VyBE_Eg35tpCLofAEeZGA1QgLB27EW9Wm1yHWC0/s1600/07102010_007.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: pointer" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5528915879264696338" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKTMDUtla7RTt-k-G1_LtSaqDKnbCrR1zzg3RR03Sydu3_DDFMiv9jysfFY3x4ItcKf4g-QrlFwuml-tadtEq5M_eUjKkj3PN-ViU1VyBE_Eg35tpCLofAEeZGA1QgLB27EW9Wm1yHWC0/s320/07102010_007.jpg" /></a>"Fu allora che vidi il Pendolo".<br /><br />Alzi la mano chi non ha riconosciuto questo <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Il_pendolo_di_Foucault">incipit</a>.<br />Se non l'ha riconosciuto, mi duole per lei o lui.<br />Quanto a me, il Pendolo, nello specifico quello di Foucault, è una delle cose che avrei sempre voluto vedere.<br /><br />Nel corso del mio precedente soggiorno parigino ci ho dovuto rinunciare. Primo, perché volevo vedere il Louvre, e solo per la pittura mi ci son volute due visite. Secondo, perché volevo vedere il Museo del Medioevo, e pure per quello mi ci volle una giornata. Terzo, perché alla mia proposta di andare al Museo delle Arti e Mestieri il mio accompagnatore mi incenerì con un'occhiata e mi trascinò al Centre Pompidou a vedere un'istallazione di artista finita nel dimenticatoio che sembrava in tutto e per tutto la vetrina di un negozio di biancheria fetish. E a quel punto la vacanza era finita. Per inciso mi vendicai rifiutandomi di accompagnarlo in locale allora celeberrimo, e alla sua osservazione "il mio amico Lolo dice che se non vai in questo posto non sei nessuno" ribattei che a me di essere qualcuno non interessava affatto, il che concluse la citata vacanza in termini scarsamente amichevoli. Ma come osservano i transalpini, c'est la vie.<br /><br />Pertanto mi sono ripromessa che in un successivo soggiorno anche io, come il protagonista di quel tale romanzo, avrei visto il Pendolo.<br />Per mia fortuna ci son riuscita, ed è stata una delle cose che ha fatto virare in positivo una <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2010/10/jessie-goes-on-holiday-part-1-perfida.html">vacanza iniziata assai male</a>.<br />Ma procediamo con ordine, e non senza qualche segnalazione che spero sia utile per coloro che prossimamente vogliano visitare Parigi. Magari non troppo prossimamente, visto che al momento attuale nell'Esagono vi è un casino che a paragone lo sciopero della metro londinese in cui siamo incappati sembra un picchetto delle dame di San Vincenzo versus la curva nord dell'Olimpico il giorno del derby. Ma questo tra parentesi.<br /><br />1. Primo, ovvio consiglio: fatevi la Paris Visite, disponibile nelle versioni da uno, due, tre o cinque giorni consecutivi. Vi permetterà di prendere la metro tutte le volte che volete e sarà una mano santa per visitare l'Ile de France in comodità, incluse Versailles e pure Disneyland Paris. La potete acquistare direttamente in loco, oppure online: ulteriori informazioni le trovate <a href="http://map.metro-passes.com/paris-metro-pass.htm">qui</a>.<br /><br />2. Siete già stati al <a href="http://www.louvre.fr/llv/commun/home.jsp?bmLocale=en">Louvre</a>?<br />Tornateci.<br />No, non me ne importa niente che la volta scorsa siete pure riusciti a vedere la Gioconda alzandovi sulle punte dei piedi per superare la torma di nipponici che facevano un muro spesso dieci metri. Ci tornate e basta, perché ogni volta vi saprà sorprendere.<br />Pertanto prendete il comodissimo metrò e scendete all'apposita fermata. Percorrete con pazienza i corridoi fino ad arrivare alla scala mobile che vi porterà dai pressi. E prima di imboccarla, buttate uno sguardo sulla destra: troverete una tabaccheria/cartoleria che vende biglietti per tutti i principali musei di Parigi. Il biglietto acquistatelo lì, e vi risparmierete le file chilometriche che in qualunque giorno e in qualunque orario si snodano davanti alle biglietterie, quelle automatiche incluse. E quando vi si parerà dinanzi la colata lavica di visitatori vocianti che stanno lì in impaziente attesa sarete grati del consiglio.<br /><br />Se potete, scegliete come giorno della visita il mercoledì: il Louvre chiude alle dieci di sera, e avrete modo di visitarvelo con tutto comodo. Cosa che abbiamo fatto l'amato bene e io, badando di dirigerci prima nella sezione delle antichità (in tal modo si evita l'esercito che come prima cosa invade la sezione pittorica) e rimanendo basiti di fronte alle megaporte che adornavano i palazzi persiani come di fronte alla versione egizia dei <a href="http://www.google.it/search?q=quarantaquattro+gatti&hl=it&prmd=v&source=univ&tbs=vid:1&tbo=u&ei=IcS9TJvpK4ufOu3uzDI&sa=X&oi=video_result_group&ct=title&resnum=1&ved=0CCEQqwQwAA">quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di due</a>.<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkHi6oqyhphuuK71j-d3YSTDfMy9kae50-UOKLuLOKIJrh-6AkO5EC7bpn1FunFmjo6d7kWU_NmE04CXDms94hWKdFIZd1rGo7utZiOeIQkAAYthChz7q9EKf6GN_biJ7iidzejqQudUc/s1600/06102010_002.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5529720219476138690" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkHi6oqyhphuuK71j-d3YSTDfMy9kae50-UOKLuLOKIJrh-6AkO5EC7bpn1FunFmjo6d7kWU_NmE04CXDms94hWKdFIZd1rGo7utZiOeIQkAAYthChz7q9EKf6GN_biJ7iidzejqQudUc/s320/06102010_002.jpg" /></a>Quando poi vi dirigerete nel settore quadri &dipinti, fatemi la cortesia di evitare la Gioconda (tanto non c'è verso di vederla come si deve) e di prestare attenzione a tutto il resto: non fate come il visitatore medio che timbra il cartellino e passa oltre. Fra Van Eyck, Memling, Bosch, Antonello da Messina, Correggio, Murillo e El Greco avrete modo di rifarvi gli occhi, e visto che il truppone sta ammassato di fronte all'autoritratto leonardesco potrete ammirarli come si confà.<br /><br />Se poi putacaso vi viene un certo languorino, dirigetevi al Cafè Richelieu che è nel museo stesso: per il portafogli sarà una discreta mazzata, ma a differenza dei caffè o ristoranti che sono nei musei italici, semmai vi sono, il cibo non è di plastica. L'amato bene e io ci siamo spazzolati rispettivamente una eccellente zuppa di verdura, debitamente servita con pane fresco e burro, e pollo con carote in salsa teriyaki cotto con assoluta maestria, spendendo meno di trenta euro.<br /><br />3. Checché ne pensasse il mio bizzoso accompagnatore dell'epoca, il <a href="http://www.arts-et-metiers.net/">Musée des Arts et Métiers</a> va visto, e non solo per il Pendolo. Ci son cose stupende, dal gabinetto di Lavoisier al meraviglioso <a href="http://io.wikipedia.org/wiki/Arkivo:Avion_III_20050711.jpg">Avion III</a> di Clément Ader ai robot per l'esplorazione spaziale (e sto citando solo due o tre amenità) capaci di affascinare tutti, dai bambini agli ottantenni. Oltre alla collezione ci sono tanti bei pannelli interattivi che spiegano con gran chiarezza anche a chi di scienza non comprende un'acca perché tante invenzioni passate sono importanti e alla base di oggetti e servizi oggi d'uso comune. In più, fino al 7 novembre c'è una <a href="http://www.arts-et-metiers.net/musee.php?P=89&id=42&lang=ang&flash=f">mostra temporanea</a> capace di mandare in brodo di giuggiole anche il più riottoso: introdotta da una collezione - schermata dietro grate ché si sa, gli otaku sono un po' folli - di tutti i paraphernalia del settore, dal Commodore 64 fino alle console Sega d'antan, un'intera sala è dedicata alla storia del videogame.<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5sh6RtYOA94HAQegR2FbN1OhMv3qk-A5tXJwcDIhkS0-OpdF1suleoryn3_s0pCWsANvrY-cMgA_ufy7K3PB12qZDHW7LYP-AFUhxWYkSNxraQmsDiaEDQnz96WHxxjkm29Xjl5L4leQ/s1600/07102010_001.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5529731491272157106" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5sh6RtYOA94HAQegR2FbN1OhMv3qk-A5tXJwcDIhkS0-OpdF1suleoryn3_s0pCWsANvrY-cMgA_ufy7K3PB12qZDHW7LYP-AFUhxWYkSNxraQmsDiaEDQnz96WHxxjkm29Xjl5L4leQ/s320/07102010_001.jpg" /></a>Una parata di console, tutte originali, vi permetterà di divertirvi con tutti i videogiochi o giù di lì che hanno segnato gli ultimi tre decenni (io, che ho giocato per la prima volta a PacMan in occasione del trentennale, ho avuto per l'occasione l'emozione di darmi del tu con il leggendario Pong, con l'amato bene che mi ha stracciato dieci a zero), e mammatroni presi direttamente dalle sale giochi vi faranno tornare all'epoca in cui spendevate tutte le monetine della paghetta dandole in pasto ai succitati.<br /><br />Dopo esservi consumati le manuzze con i joystick, visitate tutto il resto del museo (in alcune occasioni fanno anche dimostrazioni del magnifico teatrino degli automi: date un'occhiata al <a href="http://www.arts-et-metiers.net/">sito Internet</a> che vi dirà in anticipo le date) e concludete il percorso come si deve nella fu chiesa di Saint Martin des Champs. Lì, come il protagonista del romanzo di Umberto Eco, vedrete il Pendolo nella collocazione voluta da Foucault, e se avete un accompagnatore paziente come il mio amato bene capirete anche perché grazie all'affascinante accrocco si può desumere che sì, la terra ruota. E se non avete un accompagnatore paziente, potrete scoprirlo <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Pendolo_di_Foucault">qui</a>.<br /><br />4. Se poi dopo tanto camminare avete le pedagne che chiedono pietà e volete solo stendervi, è opportuno tornare in hotel. Io la scorsa volta ero stata ospite dell'amico bizzoso e ricco i cui genitori hanno vezzoso appartamento in pieno centro, e prima che mi facciate gli occhiacci sappiate che fu un soggiorno da incubo, in cui si camminava in punta di piedi per timore di ledere il parquet secentesco con le nostre orride estremità inferiori e toccava asciugare le pareti del bagno dopo ogni doccia con somma cura, perché dette pareti erano di <em>legno</em>: pertanto, non avendo esperienza di alberghi sono andata un po' a naso facendomi guidare da alcuni parametri. La fortuna mi è stata amica: vicino alla Bastiglia e a duecento metri scarsi dalla metro, il <a href="http://www.colordesign-hotel-paris.com/en/">Color Design Hotel</a> mi ha messo di buonumore fin dall'ingresso, e ce ne voleva per mettere di buonumore una Jessie reduce da un'intossicazione alimentare e afflitta da un fiero raffreddore.<br /><br />Come dice il nome è assai variopinto e con soluzioni che, almeno rispetto alla media, sono alquanto inusuali (alcune non brillantissime, tipo il lavandino davanti all'ingresso della doccia: ma essendo questa di congrue dimensioni il fastidio non è eccessivo). Stanza silenziosa, ampia per gli standard parigini, tutta su toni di giallo e arancione - a seconda del piano e dell'ala le tinte coprono tutto lo spettro dell'arcobaleno - e provvista di letto assai comodo con cuscini e trapunta che erano così belli rigonfi da indurre a fare le fusa. Molto garbati gli addetti alla reception, dove a un gentile fanciullo è quasi venuto l'infarto quando ha constatato che ero italiana e, pur non sapendo il francese, ero in grado di esprimermi in tre lingue straniere. Il che non depone a favore della fama di cui godiamo all'estero, ma questo come sempre fra parentesi.<br /><br />Negli immediati dintorni oltre alla fermata della metro non mancano caffè e ristorantini, panetterie, farmacie - che possono sempre servire, come nel mio caso per via del succitato fiero raffreddore - e un assai fornito supermarket. Il costo per una doppia è sui 180 euro ma tenere d'occhio il sito per offerte speciali (noi ne abbiamo colta una a poco meno), la colazione si paga a parte ma visto il prezzo vi consiglio di farla negli innumerevoli caffè che troverete a pochi metri.<br /><br />5. Se dopo l'arrivo in hotel le pedagne proprio non danno segni di vita ma il vostro stomaco richiama con gagliardìa la vostra attenzione sul fatto che lui funge benissimo, fate un ultimo sforzo: andate all'ingresso, svoltate a sinistra e dopo dieci metri imboccate l'entrata dell'<a href="http://www.lebauchoir.com/">Ebauchoir</a>, possibilmente prima delle nove altrimenti lasciate ogni speranza di trovar posto anche durante la settimana. Sembra un qualsiasi bistrot, ma si mangia splendidamente e a prezzi ragionevoli per la media parigina: io ho preso una crema di castagne con coriandolo che ha ricollegato al primo boccone le papille gustative interrotte dal raffreddore, l'amato bene un agnello con caviale di melanzane e curry a dir poco delizioso. Con plateau di formaggi e acqua la spesa non ha raggiunto i 40 euro, e la gentilissima proprietaria ci ha salutato all'uscita porgendoci la madeleine della staffa da un bel cestone in vimini formato ruota di camion.<br /><br />Se invece vi trovate in centro e avete voglia di un pasto da passeggio seguite pure voi il consiglio della mia amica Paola e recatevi all'<a href="http://maps.google.it/maps/place?hl=it&um=1&ie=UTF-8&q=as+du+falafel+paris&fb=1&gl=it&hq=as+du+falafel&hnear=Parigi,+Francia&cid=13334543139358008511">As du Fallafel</a>, che si trova nel celebre quartiere del Marais. Dicono che vi si mangino i migliori falafel di tutta Parigi: io non posso fare paragoni al riguardo, ma posso asserire che quelli che ho ordinato battevano di una spanna tutti quelli che ho assaggiato in Italia e all'estero. Eccellente anche il kebab, servito con insalata freschissima e una pletora di salsine varie altrettanto fresche. Se poi i piedi sono particolarmente lamentosi sedetevi all'interno: solerti camerieri con la kippah d'ordinanza vi serviranno in un batter d'occhio, e in mezz'ora scarsa uscirete sazi e con la voglia di fischiettare per l'allegrezza.<br /><br />Bilancio del soggiorno parigino: contenti come pasque, e con una gran voglia di tornarci. Si spera prima possibile, sempre che si riescano a prendere delle ferie degne di questo nome.<br /><br />Prossima puntata, nonché ultima: le meraviglie di Trenitalia. A bientot.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-14694449240605716882010-10-16T14:31:00.008+02:002010-10-17T00:28:52.177+02:00Jessie goes on holiday, part 1: perfida Londra<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhh2w5n_HdUQgBWyiVZoGjvteTUZfYYs0e3Z0bBrJs4wp-ISj9T-38zJ8Rj4LYsKxwKb6uIHDAgke2ZwGo3Z1I_bfLVJsvHwtlyjdgEkKHZPSVO2JKuYMR-Ke_lH4HHMPubvpOtWh3i1Pg/s1600/04102010.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5528621174662607778" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhh2w5n_HdUQgBWyiVZoGjvteTUZfYYs0e3Z0bBrJs4wp-ISj9T-38zJ8Rj4LYsKxwKb6uIHDAgke2ZwGo3Z1I_bfLVJsvHwtlyjdgEkKHZPSVO2JKuYMR-Ke_lH4HHMPubvpOtWh3i1Pg/s320/04102010.jpg" style="cursor: pointer; display: block; height: 240px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 320px;" border="0" /></a>Pare strano, ma anche noi di tanto in tanto si va in vacanza.<br /><br />A questo giro, poi, grande evento: due capitali europee.<br /><br />Sarà per quello che la Sfiga, la quale come è noto ci vede benissimo, ci ha dedicato attenzione particolare.<br /><br />A seguire, qualche piccolo consiglio che potrà essere utile a chi prossimamente voglia organizzare un soggiorno in quel della capitale d'Albione. Che con noi, come da titolo, è stata perfida.<br /><br />1. Forse non lo sapete, ma i lavoratori di sua maestà britannica ultimamente sono in subbuglio causa una ricca serie di tagli annunciati dal governo. Sicché al nostro arrivo ci ha accolto il primo sciopero della metropolitana dall'era Thatcher o giù di lì. Lo sciopero, che era previsto lunedì 4 ottobre ed è stato annunciato due giorni scarsi prima, è in realtà iniziato la domenica pomeriggio, pertanto abbiamo fatto appena in tempo a prendere la metro per raggiungere l'hotel. I prossimi sono previsti per il 2 e 29 novembre: se avete in programma un viaggio, regolatevi di conseguenza. E sappiate che le celeberrime fasce di garanzia in Albione sono non pervenute.<br /><br />2. Voi direte: ma che importa se non funge la metro, tanto ci sono gli autobus e si sa che in un paese civile passano in orario e con frequenza.<br />Scordatevelo.<br />I bus passano sì, ma se non avete l'improbabile fortuna di prenderli al capolinea, potete metterci una croce sopra: non vi faranno salire, perché a qualunque fermata successiva al capolinea saranno già troppo pieni. Per troppo pieni intendesi autobus con tutti i posti occupati e qualche passeggero in piedi: ciò perché i famigerati bus a due piani hanno notevoli problemi di equilibrio, e se effettivamente pieni alla prima curva rischiano di cappottarsi. Una ditta italiana sta fornendo l'Inghilterra di quegli ameni autobus snodabili, che a quanto ho visto rappresentano attualmente un 2% scarso del totale.<br />Conseguenza è stata che sono riuscita a vedere a malapena un'ala della National Gallery, e per arrivarci ho percorso quasi quattro miglia a pedagne. E no, non è stato bello.<br /><br />3. Dolore ai piedi a parte, la National Gallery è meravigliosa. E poiché appartiene al popolo britannico, è pure a ingresso gratuito. All'ingresso troverete una piccola teca dove lasciare un obolo: non tirate dritto, o vi si parerà di fronte il fantasma dell'ammiraglio Nelson che vi fissa con occhi di bragia. E dietro avrà la sottoscritta che vi minaccia con la sua padella migliore, quella con il fondo spesso. Non fate quella faccia: all'interno troverete bellezze assolute come <span style="font-style: italic;">Il ritratto dei coniugi Arnolfini </span>di Van Eyck e <span style="font-style: italic;">Venere e Marte </span>di Botticelli, per cui non è proprio il caso di essere tirati.<br /><br />4. Se putacaso vi viene un attacco di fame e volete trattarvi bene, dirigetevi quindi alla National Portrait Gallery (che merita pure essa, ed è pure essa a ingresso gratuito) e prendete una trafila di ascensori fino all'ultimo piano. Lì c'è infatti <a href="http://www.npg.org.uk/visit/food/restaurant.php">titolato ristorante</a>, con vetrata a giorno con vista sui tetti di tutti i principali monumenti di Londra. Il pasto, servito da camerieri civettuoli che sono lì apposta per farvi sentire delle scolopendre, vi spellerà il portafogli, ma ne vale la pena. Abbiate cura però di non mangiare nient'altro fino al giorno dopo, perché dopo i primi tre bocconi sentirete il fegato che bussa affranto per chiedere di uscire: a noi non è bastata la passeggiatella di tot miglia fino all'hotel per digerire. Sconsigliatissimo prendere il vino, primo perché - come giustamente osserva mia cugina Annuska, la quale ci ha offerto il pranzo in detto ristorante (e noi abbiamo pianto calde lacrime per il suo conto in banca) - bere del vino in Inghilterra non ha questo gran senso, e non da ultimo perché anziché una spellatura del portafogli vi attende un infarto secco al momento del conto: bevetelo a casetta vostra che fate meglio.<br /><br />5. Se non volete patire mal di piedi in caso di sciopero, la migliore soluzione sono i minicab. <span style="font-style: italic;">Non </span>i taxi intesi come black cabs (peraltro scomodissimi), bensì i minicab, che costano un terzo dei taxi e sono di gran lunga più comodi. A seconda del tragitto, purché in centro, e del traffico, che in caso di sciopero è ovviamente mostruoso, la tariffa varia in genere dalle 15 alle 30 sterline (fatevi fare un preventivo prima perché non hanno il tassametro). E vi assicuro che mai soldi saranno più ben spesi. Per prenotarli affidatevi al personale della vostra struttura ricettiva, oppure dare un'occhiata <a href="http://www.visitlondon.com/travel/getting_around/taxis">qui</a>.<br /><br />6. Quanto alle strutture ricettive, il consiglio è di prendere almeno un tre stelle perché nelle famigerate topaie londinesi si rischia di passare una notte nella poco amena compagnia delle cimici (chi ritenesse ciò una leggenda metropolitana si beccherà un infartuccio quando avrà modo di vedere certe simpatiche pubblicità che sui mezzi pubblici promuovono disinfestazioni ad hoc a prezzi interessanti). Di alberghi ovviamente ne troverete a iosa, io vi consiglio quello dove siamo stati l'amato bene e io: il <a href="http://www.londonhousehotels.com">London House Hotel</a>, che si trova a un tiro di schioppo dalle fermate metro di Bayswater e Queensway e pertanto in posizione comodissima per raggiungere musei e monumenti vari (se la metro funge, ovviamente). Le stanze sono piccolette come sempre a Londra, ma assai ben curate, e i bagni hanno ottimi sanitari e doccia ampia con acqua calda a volontà. Le fanciulle alla reception sono garbatissime - abbiamo avuto problemi, <span style="font-style: italic;">ça va sans dire</span>, solo con una receptionist francese il cui quoziente intellettivo era quello di un lombrico all'ultimo stadio dell'alcolismo - e molte di loro, dettaglio non da poco per tanti connazionali che hanno un tasso di analfabetismo linguistico tanto alto quanto malamente gestito, parlano un ottimo italiano. Dai pizzi abbondano ristorantini etnici, negozi vari e, nel caso dovesse malauguratamente servire (come è successo a noi causa febbrone dell'amato bene), una farmacia aperta tutti i giorni fino a mezzanotte. La tariffa per una doppia si aggira sulle 95 sterline colazione esclusa, il che con il cambio attuale offre un rapporto qualità/prezzo non trascurabile. In più troverete in stanza un bel bollitore con tanto di bustine di tè e zucchero, cosa santa nel caso vi siate beccati una di quelle belle piogge per cui Londinium va famosa.<br /><br />7. Trovato da dormire, s'ha da trovare dove mangiare: e noi vi possiamo consigliare dove <span style="font-style: italic;">non </span>andare. Nello specificio il Kahn's Palace, il peggior ristorante indiano in cui sia incappata durante la mia feconda e ultradecennale relazione con la cucina del subcontinente in Italia e all'estero. Chi ci ha condotto lì ha presentato il loco dicendo "l'unico problema è che sono evidentemente talebani, perché la carne è halal". Sulla talebanità non posso esprimermi, ma il cuoco senza dubbio veruno meriterebbe un lungo soggiorno nella Torre di Londra. Per della carne tandoori cucinata in modo pessimo, riso molliccio, legumi iperspeziati (quasi a voler coprire magagne degli ingredienti) e un salted lassi a dir poco terrificante abbiamo speso poco meno di 70 sterline. L'emesi notturna, omaggio.<br /><br />8. Come si sa, i prezzi sono alquanto più alti che da noi, soprattutto per alcune categorie di merci: la catena di discount Tesco, presente ovunque e aperta fino a tardi (questo sì un segno di civiltà), vi eviterà di infliggere un colpo mortale alle vostre finanze. Avrete comunque modo di scoprire perché i britannici quando vengono da noi mangiano frutta e verdura peggio degli ungulati: le mele costano 35 pence, le banane una sterlina. <span style="font-style: italic;">Al pezzo</span>.<br />Se poi malaugurantamente vi foste dimenticati il maledetto adattatore per le prese (cosa che non è accaduta a noi, perché l'amato bene ne ha come è ovvio uno universale per le destinazioni più varie, Australia e Giappone inclusi), niente paura: i negozi di souvenir ne hanno a iosa.<br /><br />9. Sfatiamo un mito: il londinese cafone che fa finta di non capirti non esiste, o se esiste è assai ben nascosto. Questo perché c'è un tale tasso di immigrazione dai posti più diversi, la quale in genere va ad arricchire le fila degli esercizi commerciali, che chiunque o giù di lì si mostra comprensivo. Va detto che spesso il difetto, e lo dico per personale esperienza, sta nei nostri connazionali, i quali si risentono quando ad esempio chiedono in italiano se il ristorante fa il riso alla cantonese e la povera cameriera sinobritannica anziché rispondere alza con disperazione gli occhi al cielo.<br />Detti connazionali farebbero a mio giudizio cosa buona se prima di andare in vacanza in Inghilterra imparassero un paio di vocaboli: non è detto che ci sia sempre qualcuno del Bel Paese che, mosso a compassione dalla disperazione della cameriera, si metta lì a fare da interprete, e traduca tutto il menù. Farebbero pure bene a rendersi conto che a seconda del paese in cui approda la cucina cosiddetta etnica si adatta ai gusti del cliente: se proprio vogliono il riso alla cantonese con piselli e prosciuttino a daducci si portassero il pacchettino da casa, ed evitassero di stressare cameriere e connazionali vacanzieri. Gliene saranno grati.<br /><br />10. Se siete fan di Dylan Dog, sappiate che Craven Road esiste. Prima di andare lì e batterla metro per metro sappiate pure che evidentemente non vi dimora, perché non ho visto spilungoni in camicia rossa o singolari bassotti baffuti aggirarsi dai pizzi e i rari campanelli che ho udito facevano drrriiiiinnnn e non uaaaaaaargh. La prova ultima del fatto che si è saggiamente trasferito in altri lidi la troverete a Trafalgar Square: il suo galeone, terminato in ogni dettaglio, troneggia nella boccia di vetro che vedete nella foto di apertura. La quale è l'unica e sola che abbiamo scattato.<br /><br />Sintesi del soggiorno: uno sciopero, un febbrone dell'amato bene, un'intossicazione alimentare per entrambi, bellezze visitate all'attivo un pezzo di museo. Tocca tornare. E c'è il rischio di farlo con soggiorno molto prolungato: l'amato bene ha avuto un'offerta di lavoro. Non è di quelle alla Don Corleone che non si possono rifiutare. Più che altro sembra una offerta alla Disney, visto che è in ballo un bel sacco con il dollaro sopra, stile Bassotti.<br />L'amato bene sta valutando, e io con lui.<br />Ma questo fra parentesi.<br />Prossima puntata: rotta verso Parigi, con altri tips&tricks.<br />Stay tuned.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-14599167108974181562010-09-28T14:00:00.013+02:002010-09-28T20:16:48.049+02:00Trio Lescano? No, monnezza: Le ragazze dello swing<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxloFxff57UKSj2p3PSubQAoVJCg_SQ313coUsMifx6pvTjFhOAca1X-U-1sz_dVlhtQ_cv0vIUrrIJfgAQMkS_UED1zKlQPJdYEiz073as0tvrDPftHvEB1agoKTt1UJDrUp_zUGJTWg/s1600/ragazze_swing.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 213px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5521933205786405634" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxloFxff57UKSj2p3PSubQAoVJCg_SQ313coUsMifx6pvTjFhOAca1X-U-1sz_dVlhtQ_cv0vIUrrIJfgAQMkS_UED1zKlQPJdYEiz073as0tvrDPftHvEB1agoKTt1UJDrUp_zUGJTWg/s320/ragazze_swing.jpg" /></a> Sarò breve. Brevissima. Non ho voglia di dedicare manco un'ombra del mio scarso tempo libero a ciò che ieri sera ha bruciato le mie pupille. Ma due paroline, perbacco, mi voglio togliere la soddisfazione di dirle.<br /><br />Strombazzato e preceduto da notevole attesa (così si sostiene), iersera ha debuttato sul canale più conservativo di Mammatrona Rai la nuova fiction <em>Le ragazze dello swing</em>. Che, per chi non lo sapesse, è dedicato al <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2009/10/e-fatto-strano-ascoltare-le-lescano.html">trio vocale più celebre</a> di quel periodo in cui si marciava per non marcire.<br /><br />La cosa più gentile che si può dire quale giudizio della prima puntata, e quella che verrà certamente non promette meglio, è che nemmeno un impiegato al catasto che si fosse beccato un colpo di maglio in mezzo alla fronte se ne sarebbe potuto uscire con un risultato così osceno. E non uso questo termine perché la prima scena si svolge in un bordello d'epoca, con gran dispendio di veli, tette e posteriori al vento a imitare il peggiore Tinto Brass: a confronto con quel che segue, l'inizio è un bijou.<br /><br />Quel che segue è infatti un cast accozzato alla benemeglio, le tre protagoniste che somigliano alle Lescano come io potrei somigliare a una monaca cinese (o come l'ex divetta softcore Sylvia Kristel potrebbe somigliare alla mamma delle suddette: e infatti, quello è il suo ruolo), una colonna sonora doviziosamente ripulita e ricantata - dalle Blue Dolls, brave per carità, ma l'articolo originale è cosa ben diversa - che puzza di plastica a ogni nota, costumi e veicoli che sembrano usciti dal magazzino di un antiquario furbastro che spaccia ai gonzi arte povera made in China per autentico Settecento francese. E la lista potrebbe continuare all'infinito. Perché le scenografie sembrano uscite dal più scalcinato teatrino parrocchiale? Perché tutti i personaggi sono afflitti da accenti da burletta? E a proposito di accenti, e qui lo so che sto eccedendo ma a <em>me </em>che conosco la lingua dà il prurito alle mani, perché mai un'olandese dovrebbe parlare in italiano con cadenza svedese tutta toni in stile Ingrid del commissario Montalbano?<br /><br />Sulla trama non mi esprimo. Basti sapere che chi ha fornito la base per il tutto è uno che, a detta degli appassionati, ha preso a man bassa materiali dal <a href="http://www.trio-lescano.it/">miglior sito Internet</a> dedicato alle sorelline batave senza citare la fonte. Quel che non ha preso, evidentemente o lo ha inventato, oppure lo ha malamente scopiazzato da fonti inverosimili.<br />Il risultato è credibile quanto un mix fra, non so, un film dei fratelli Marx e uno qualsiasi dei polpettoni con Allan Quatermass come protagonista. Solo che ad avventura siamo scarsi perché il ritmo è sonnolento come quello di qualunque fiction targata Rai, e a umorismo peggio ancora perché è evidente che gli autori si prendono molto, molto sul serio.<br /><br />Nel 2010 ricorre il centenario della nascita di Alexandra Leschan, una delle componenti del Trio Lescano. La fiction è un omaggio dichiarato per onorare la data. L'impressione che se ne ricava è però che si sia sfruttata la data per fare pubblicità a un prodotto penoso, che ha irritato profondamente chi con le mitiche sorelle è cresciuto, e che non ha incuriosito chi non le conosce per questioni di età.<br /><br />Detto prodotto penoso, oltre a essere un insulto all'intelligenza di qualunque spettatore che non sia un ovino sotto roipnol, è stato pagato <em>ça va sans dire </em>con i soldi del nostro canone.<br /><br />Rispolvero quel poco che ricordo della lingua parlata dalle Lescano per lanciare un messaggio ai responsabili.<br /><br /><em>Sodemieter op.</em> E tornatevene alle vostre commesse, ai prof, agli sbirri maritati, agli ospedalieri che fanno ciuciù in corsia. Quella è roba per voi, non il gruppo che ha fatto ballare una generazione di italiani, e non solo.<br /><br />Ho bisogno di disintossicarmi. Pertanto, ascolterò ciò che vado a proporvi a seguire. Che è certamente modo migliore di una orrida fiction per ricordare il Trio Lescano, e per farlo conoscere a chi non ne ha mai sentito parlare, o che pensa che il repertorio delle sorelline si limiti a <em>Tulitulipan</em>.<br />Buon ascolto.<br /><br /><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/X0u2QrlaVws?fs=1&hl=it_IT"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="http://www.youtube.com/v/X0u2QrlaVws?fs=1&hl=it_IT" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object>Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-83944596853276651712010-09-22T19:00:00.004+02:002010-09-23T16:16:54.035+02:00Torta rustica ripiena<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjV9o2R1dK89SyapGUbp-j0M9dE0jxDy93DO3wtewraxkIgbO_U3O79J3akj3-0Qr12iUb0v9lbGCfwLBSZcsLelOAXrM3DHy_C9qBDsmM8-XKlpBqi-w_5fttt1DYSrkoTIuW0x8O9lxo/s1600/torta_rustica_1.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5519777087870668754" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjV9o2R1dK89SyapGUbp-j0M9dE0jxDy93DO3wtewraxkIgbO_U3O79J3akj3-0Qr12iUb0v9lbGCfwLBSZcsLelOAXrM3DHy_C9qBDsmM8-XKlpBqi-w_5fttt1DYSrkoTIuW0x8O9lxo/s320/torta_rustica_1.jpg" /></a> Ragazzi, per dirla in breve mi vergogno come una ladruncola testé beccata con le manuzze nella scatola dei biscotti.<br />Non posto da un secolo, cosa che mi ha fatto arrivare sulla nuca una bella pioggia di rimproveri assortiti da per ogni dove, e come se non basta ho fatto grezze a profusione (vedasi ad esempio <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2009/05/viva-san-pardo.html#comments">qui</a> e <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2009/07/melanzane-funghetto.html#comments">qui</a>) grazie all'abitudine di controllare l'arrivo di commenti una volta ogni morte di papa.<br />Insomma, ho fatto l'en plein.<br />Va detto che è un periodo un bel po' complicato. Per molti versi anche un po' triste. Ma non mi pare il caso di tediarvi con faccende personali. Questo è un blog di cucina, occasionalmente di altro, ma non è opportuno farlo diventare la sagra degli "Oh, me sciagurata".<br />Come dice il mio amato bene, potrebbe sempre essere peggio.<br /><br />Pertanto mi ritaglio qualche minuto e posto la ricetta della pizza rustica ripiena (che è la parente povera della <em>vera </em>pizza rustica, cavallo di battaglia delle mie zie: ma quella vai a sapere quando avrò modo di farla, visto che ci vuole la pasta sfoglia fatta a mano), che è cosa che i miei amici apprezzano assai. La apprezza molto anche l'amato bene. Peccato che adesso non possa mangiarla: ha di nuovo la pressione parecchio alta, ed è sotto cura. Ma io la ricetta la posto ugualmente per buon augurio, con la speranza che presto possa gustarsela di nuovo. Un po' di ottimismo non guasta mai.<br /><br /><strong>Ingredienti:<br /></strong>- per la pasta<br />un paio d'etti di farina<br />tre cucchiai rasi di olio<br />un pizzico di sale<br />altrettanto di bicarbonato<br />una punta di cucchiaio di curcuma, che darà alla pasta un bel colore dorato<br />acqua quanto basta<br /><br />- per il ripieno<br />broccoletti o spinaci già puliti, almeno tre etti<br />un etto e mezzo di formaggio grattugiato del tipo atto a fondere<br />un cucchiaio di parmigiano<br />un uovo<br />un etto circa di tacchino arrosto (ma va bene ugualmente il prosciutto cotto o la mortadella)<br /><br /><strong>Preparazione:<br /></strong>con farina, olio, acqua, curcuma e quant'altro impastate velocemente una bella palla di pasta liscia ed elastica, quindi mettetela a riposare un po' in luogo fresco, ad esempio lo scomparto meno freddo del frigo.<br /><br />Lessate quindi i broccoletti o spinaci che siano con pochissima acqua, in modo che si cuociano nel vapore; se gradite, aggiungete all'acqua uno spicchietto d'aglio che contribuirà ad aromatizzare la verdura. Quindi scolateli, strizzateli bene (badando ovviamente a non ridurli in poltiglia) e quando si sono intiepiditi conditeli con l'uovo che avrete preventivamente ben sbattuto con il cucchiaio di parmigiano.<br /><br />Fatto ciò, acchiappate il fedele mattarello, prendete la palla di pasta, dividetela più o meno a metà, e stendete la parte che vedrete un po' più grande su un bel foglio di carta da forno, il che vi darà modo di sistemare poi la sfoglia direttamente nella teglia. La pasta va stesa dello spessore di circa un millimetro, e deve avere dimensioni adatte a sbordare per benino dalla teglia prescelta.<br /><br />La teglia prescelta, per inciso, se è antiaderente è meglio, ma se non lo è abbiate fiducia che la carta da forno faccia il suo mestiere: calate carta e sfoglia al suo interno sistemandola con le mani in modo che non restino vuoti sul fondo, quindi versateci dentro la verdura condita e per gradire cospargetela con metà del formaggio grattugiato. Et voilà.<br /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvgt5nQQBpMdqgsNMuVlNUjoZT81BW_pEvvwQHmSU9H4MGgTWj0F5wBa69OV3zVSzrEpR-lMSV04FMS4YIjqbySU7DpkpPE8tvbZT6PyRvpa7ussvojI_rnTiRfNOyWnAa4u51LiFnsas/s1600/torta_rustica_2.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5519777088538720290" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvgt5nQQBpMdqgsNMuVlNUjoZT81BW_pEvvwQHmSU9H4MGgTWj0F5wBa69OV3zVSzrEpR-lMSV04FMS4YIjqbySU7DpkpPE8tvbZT6PyRvpa7ussvojI_rnTiRfNOyWnAa4u51LiFnsas/s320/torta_rustica_2.jpg" /></a> Messo il primo strato, si fa il carico da undici con il secondo: giù il salume, e giù pure tutto il resto del cacio. E al diavolo il conteggio delle calorie, che diamine.<br /><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTKiNXVcAyFAglpB2rPiCc6XDvyeQ27ei4uXTtlCBwJFvFCt-Hh0zha-XiUp3ROgVWzKlX32g-GcthxzcxG9yDa4n2W6vH2OMJM9_RQgGj4BOvQ2Gn7GiXC-X0DkK0capiMfeBzmWnTh8/s1600/torta_rustica_3.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5519777084282852226" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTKiNXVcAyFAglpB2rPiCc6XDvyeQ27ei4uXTtlCBwJFvFCt-Hh0zha-XiUp3ROgVWzKlX32g-GcthxzcxG9yDa4n2W6vH2OMJM9_RQgGj4BOvQ2Gn7GiXC-X0DkK0capiMfeBzmWnTh8/s320/torta_rustica_3.jpg" /></a> Acchiappate quindi la rimanente pasta, stendete pure lei e coprite il ripieno badando a saldare la sfoglia inferiore e quella superiore lungo i bordi della teglia. Poi, giacché siete persone raffinate e sapete bene che in cucina l'occhio vuole la sua parte, rifilate la pasta in eccesso con l'apposita rotellina. E per finire bucherellate la superficie con i rebbi della forchetta, umettatela con un pochino d'olio che spargerete con la punta delle dita, e infilate la teglia nel forno già caldo a 200°.<br /><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYHNGcTNxowKJZJ90qXRTPBWAE821vi2A6Zsj4sLtd_v_8ljHgNlkyUANS33m82ilHUI5MIXI2OblkYFh3VyzHh57kqSp7RTqhe4No1KdThKz2DtxnJNbLtj-ueUNfKWK397E7vf-AZuU/s1600/torta_rustica_4.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5519777079329846578" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYHNGcTNxowKJZJ90qXRTPBWAE821vi2A6Zsj4sLtd_v_8ljHgNlkyUANS33m82ilHUI5MIXI2OblkYFh3VyzHh57kqSp7RTqhe4No1KdThKz2DtxnJNbLtj-ueUNfKWK397E7vf-AZuU/s320/torta_rustica_4.jpg" /></a> Per la cottura sarà necessaria almeno mezz'ora. Abbiate cura di dare ogni tanto una controllatina. E quando arriva il momento in cui la superficie si presenta bella dorata e in tutta casa si è sparso un profumo tale da suscitare belluini appetiti, spegnete il forno, cacciate fuori la teglia e portatela in tavola così come è. Vi assicuro che darà grande soddisfazione a voi e ai vostri commensali a fronte di fatica davvero minima, e sarà eccellente piatto unico.<br /><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGEeDVEvzdr_Mffg_AiuDbwfglPFzS6yJaqGS6tnQLBExRloaAvkTxTkBK-SVJY0K9PqmuLVNnogHrT6mqzdNTTN6cpV5JEm7j2juan_4mEmI60wM5e6-zVbPjxkIgd2awmyc_gyV_vDM/s1600/torta_rustica_5.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5519777075230406546" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGEeDVEvzdr_Mffg_AiuDbwfglPFzS6yJaqGS6tnQLBExRloaAvkTxTkBK-SVJY0K9PqmuLVNnogHrT6mqzdNTTN6cpV5JEm7j2juan_4mEmI60wM5e6-zVbPjxkIgd2awmyc_gyV_vDM/s320/torta_rustica_5.jpg" /></a> Con la pasta che certamente vi sarà avanzata, per inciso, si possono fare eccellenti panzerotti. Ma di questi parlerò un'altra volta: è maledettamente tardi, mannaggia, e io ho un amato e una micia da nutrire. A bientot :)<br /><div></div></div></div></div>Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-21514770361999788882010-08-13T18:00:00.004+02:002010-08-13T20:57:41.411+02:00Ferragosto: scanata e friarielle<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtLSvxtTTYrwozFCtTw-1E3GW_UrS0xQ5TrmLnIbgOGdl0fltn-ZwXhq2vuqcRv-leAHP5t2g1mp7ryxL0rF10BwT9gtcW3lPgC73zCh6_AW7GShj0MW1gx2CM8db37jcJ28cSNGVQm14/s1600/scanata_con_friarielli.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtLSvxtTTYrwozFCtTw-1E3GW_UrS0xQ5TrmLnIbgOGdl0fltn-ZwXhq2vuqcRv-leAHP5t2g1mp7ryxL0rF10BwT9gtcW3lPgC73zCh6_AW7GShj0MW1gx2CM8db37jcJ28cSNGVQm14/s320/scanata_con_friarielli.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5504925462930937586" border="0" /></a>Lo so, sono una bifolca. Manco buone vacanze vi ho augurato. Se poi ne fate, di vacanze, giacché risulta dalle statistiche che più della metà degli italiani a questo giro se ne resteranno a casa, e meno male che siamo i più ricchi d'Europa.<br />Però anche chi in vacanza non ci va, in occasione del Ferragosto se la fa, la sua bella gita fuoriporta. E quello che propongo è, in versione corretta e un po' arricchita, il fedele compagno delle scampagnate che i miei sanniti compiono il giorno dell'Ascensione a seconda dei casi presso il santuario, il fiume, il lago o qualunque bel loco ci sia dai pizzi del loro paesello.<br />Gli ingredienti non sono di facilissima reperibilità, ma nulla vieta di arrangiarsi con ciò che passa il proprio fornaio o ortolano: il risultato sarà comunque ricco di soddisfazione e ne offrirà ben più di quella che darebbe il solito, mestissimo panino. Ma bando alle ciance e mettiamoci ai fornelli.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Ingredienti (per ciascun commensale, da moltiplicare in proporzione):<br /><span style="font-weight: bold;"><span style="font-weight: bold;"></span></span></span>due triangoli di <span style="font-style: italic;">scanata </span>(trattasi di tipica focaccia sannita di foggia rotonda con buco al centro, formato ruota di camion e soffice come una nuvola; se non ne disponete, andrà bene della comune focaccia, della pizza alta o un panino del tipo ciabatta o ciriola)<br /><br />due belle fette spesse di caciocavallo (possibilmente del <a href="http://www.caseificiolafontenuova.it/">caseificio La Fonte Nuova</a> di Casacalenda, più volte premiato per il miglior formaggio d'Italia in svariati concorsi; in alternativa, accontentatevi del comune caciocavallo, purché non piccante e non troppo stagionato)<br /><br />cinque o sei <span style="font-style: italic;">friarielle </span>(non sono gli omonimi broccoli campani, ma i tipici peperoncini verdi dolci, detti nell'Urbe friggitelli)<br /><br />un po' d'olio<br /><br />uno spicchietto d'aglio<br /><br /><span style="font-weight: bold;">Preparazione:</span><br />passate i <span style="font-style: italic;">friarielle </span> sotto l'acqua corrente lavandoli per benino, apriteli nel senso della lunghezza e privateli di picciolo e semini. Fatto ciò, metteteli a stufare in padella con l'olio e lo spicchio d'aglio pelato e schiacciato. Non appena si ammorbidiscono alzate la fiamma e fateli friggere per un po', in modo che si coloriscano, quindi spegnete il fuoco e con l'aiuto di forchetta e cucchiaio provvedete in primis a bagnare ben bene di sughetto i triangoli di <span style="font-style: italic;">scanata</span> che avrete provveduto ad aprire a metà (apritele stile bocca di coccodrillo, è fondamentale che il lato posteriore resti ben integro), in secundis a farcire con i peperoncini.<br /><br />Lassciate insaporire qualche minuto e nel frattempo provvedete a scaldare il forno a 200° (lo so, fa caldo: ma ne vale la pena) e a togliere dalle fette di caciocavallo la buccia se presente.<br /><br />Mettete quindi una fetta di cacio in ciascun triangolo adagiandola sui <span style="font-style: italic;">friarielle</span>, ponete quindi i triangoli così farciti in una bella pirofila di alluminio (andrà benissimo anche del tipo usa e getta, se usate una comune teglia foderatela prima di carta da forno) e mettete il tutto dentro il forno per il tempo sufficiente a far fondere il formaggio e a rendere la crosta della <span style="font-style: italic;">scanata </span>deliziosamente croccante.<br /><br />Usando l'accortezza di incartare ciascun panino prima in carta da forno e poi nell'alluminio, la <span style="font-style: italic;">scanata </span>e il suo contenuto si manterranno fragranti fino a destinazione, purchè la meta della gita ferragostana non sia il Salento avendo quale punto di partenza Agrate Brianza.<br /><br />Una volta giunti in loco assettatevi sull'erba, scartocciate il vostro panino, e ditemi se al primo morso non ammetterete che sì, la preparazione sarà pure più complessa di quella del solito paninazzo con il salame, ma perbacco se ne vale la pena. Detto primo morso vi spiegherà pure perchè per ogni commensale io suggerisca porzione doppia: impossibile accontentarsi di una sola.<br /><br />Mentre mangiate serenamente, appuntatevi pure la ricettella per la prossima volta che farete la cena con i soliti ospiti esigenti e avidi di pietanze rustiche che fanno tanto chic: vi basterà ridurre il formato dei panini per servire un bell'antipasto con poca fatica e molto successo.<br /><br />Ma per intanto, con buona pace degli ospiti esigenti, godetevi il vostro relax sull'erba: voi e chi vi è caro sapete quanto ve lo meritate.<br /><br />Buon Ferragosto a tutti.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-27158517531550069722010-07-26T17:51:00.000+02:002010-07-26T17:51:02.400+02:00E la micia, la micia, e la micia l'è bèla, l'è bèla...<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCA7xjYEGmO0OmODjFdpC2EsLj9V1olQhGL0kSFlxPsQvrRkhFeGUx3QquLj_R2Fh879U07mJAvc3noC6jZuGHAAIhKQwEBw0d_gzazw2MoCFyaPEPG0k_kijXz3kCXBG1rDeY3wv0tU8/s1600/gelsomina_pasta.jpg"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5498203071286459234" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCA7xjYEGmO0OmODjFdpC2EsLj9V1olQhGL0kSFlxPsQvrRkhFeGUx3QquLj_R2Fh879U07mJAvc3noC6jZuGHAAIhKQwEBw0d_gzazw2MoCFyaPEPG0k_kijXz3kCXBG1rDeY3wv0tU8/s320/gelsomina_pasta.jpg" style="cursor: hand; display: block; height: 320px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 284px;" /></a>Nome: Gelsomina<br />
Nascita: 9 maggio 2010<br />
Peso: 1.260 g (al 24/07/2010)<br />
Segni particolari: discola<br />
Cibo preferito: ciabatte e scarpe, dita di papà, piedi di mamma.<br />
Trasmissione preferita: sceneggiati d'antan in lingua originale (con o senza sottotitoli), Super Quark<br />
Altre preferenze: alimentatori elettrici collegati, cavi di qualunque genere, tappetini da bagno, lenzuola nuove<br />
<br />
Nel weekend, visita dal veterinario e sessione di pulizie casalinghe. La prima l'ha passata tranquillamente nel trasportino, con contorno di sguardi e parole di apprezzamento: è stato più difficile attraversare il mercato con la gatta che il centro di Roma con i turisti. La peste su quattro zampe (*) ha poi passato il tempo delle pulizie nel suo ripiano di libreria preferito, da noi bloccato con cartone traforato per evitare che decidesse di esplorare l'aspirapolvere dall'interno o leccare il detergente per sanitari. Ha infatti trovato già i suoi posti preferiti in giro per casa - non che ci volesse molto...<br />
<br />
Il dottore dice che la frattura si sta saldando bene: riflessi e forza nelle zampe sono in recupero, e anche la ripresa dei tessuti sta meglio di quello che pensava all'inizio. Si è stupito con noi che la micina non abbia fatto una piega né quando le ha fatto inghiottire il vermifugo, né quando le ha fatto l'iniezione del vaccino: non un miao né accenni di fuga. Ha dato l'ok per lasciarla libera in casa quando ci siamo noi, per farla abituare allo spazio, addestrarla ai pericoli casalinghi, ma anche e soprattutto per far sfogare la sua curiosità. Si è raccomandato che salti meno di un metro, per evitare che la frattura sia sottoposta a sollecitazioni troppo forti: stiamo quindi attenti quando si arrampica - soprattutto quando lo fa su di noi. Gradisce molto il grembo della mamma, ma il suo compagno di giochi preferito è il papà - soprattutto quando ha scoperto che riesce a salire agevolmente sulle sue ginocchia, aggrappandosi con le unghiette sotto il pelame paterno.<br />
<br />
Ieri è stata la volta di una graditissima visita da parte di <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2009/06/pollo-marinato-con-spezie.html">Paolo </a>e <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2009/06/sedani-rigati-alla-taniola-semi-cinese.html">Tania</a>, più belli che mai e molto incuriositi dall'esserino zamputo che ormai gira in casa con assoluta sicurezza. Ha sfoggiato tutto il repertorio olimpico:<br />
<br />
salto sul tiragraffi con pallina<br />
arrampicata sul divano<br />
scalata di ospite con presa d'unghia sulla spalla<br />
giro del tavolo con salto di computer portatile e materiale da lettura<br />
esplorazione degli scaffali e sottomobili<br />
pasteggio del pelouche preferito<br />
partita di calcio con palla di carta<br />
appollaiamento sullo schienale del divano<br />
caccia al topolino appeso (courtesy by mamma e papà)<br />
esplorazione della cucina<br />
<br />
In attesa della prossima sessione di giochi gattolimpici, prevista per stasera con l'altrettanto gradita visita dei nostri amici Anna e Vincenzo, ieri sera la piccola si è addormentata sul divano accanto alla mamma dopo una bella sessione di fusa rilassanti con pasteggio sul pelouche.<br />
<br />
Oggi purtroppo è giorno feriale, e la piccola deve passarlo nel piatto doccia - ormai la cuccia costruita con il nostro amico <a href="http://www.magzdar.net/">Massimo</a> non bastava più a trattenerla. Recupereremo stasera :)<br />
<br />
(*) citazione da antica canzone anglosassone<br />
<br />
<i>Nota di Jessie:<br />
quando al mattino anziché dal frastuono della sveglia una JessieRicetta viene destata da un amato bene che girellando con la gatta in braccio canta "E la micia, la micia / e la micia l'è bèla, l'è bèla / anche se è un pò monèla, monèla" e anziché alzare gli occhi al cielo fa un sorriso ebete, si può essere sicuri: that's love.</i>Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-15791713494993813192010-07-23T16:57:00.006+02:002010-07-23T18:14:25.353+02:00Mostro spaziale di zucchine ripiene e formaggio<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbdrRlaH9wLh5_XaxLASu6-Lprj6J0CzCUc4S_zgxQgIvjf55lgPWDUEyt1ZZrt5WKE7BOAoHO0fgGUTNk1FgSyw0Ld8L0qdT4wegZXONUh1AwS1OC5tQ5AJQjGgX1qnt-Obt1lY_a5HM/s1600/cena_cartoon.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5497116394106777122" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbdrRlaH9wLh5_XaxLASu6-Lprj6J0CzCUc4S_zgxQgIvjf55lgPWDUEyt1ZZrt5WKE7BOAoHO0fgGUTNk1FgSyw0Ld8L0qdT4wegZXONUh1AwS1OC5tQ5AJQjGgX1qnt-Obt1lY_a5HM/s320/cena_cartoon.jpg" /></a>In una recente chiacchierata con il sempre gentile <a href="http://bergencalling.iobloggo.com/">Marco DB</a>, l'amato bene ha descritto la nostra serata tipo: "Ci si piazza sul divano, si mangia in santa pace ciò che Jessie ha preparato, e si dà il via alla visione, a seconda dell'estro e del momento, di film di Bud Spencer e Terence Hill, di serie televisive in lingua originale e di cartoni animati giapponesi. Poi al momento di andare a ninna ci si dedica alla lettura di libri e fumetti."<br /><br />Marco DB ha detto che gli pare una bellissima vita da nerd. Altra gente commenterebbe forse che alla nostra età l'amato bene e io ci dovremmo vergognare.<br /><br />Noi però non ci si vergogna punto. Ci piace assai, divertirci in questo modo.<br /><br />Il divertirci in questo modo ha poi di tanto in tanto anche ripercussioni in cucina. Ad esempio nel piatto che propongo, il quale è figlio di recenti e ripetute visioni di Goldrake (che noi abbiamo fieramente con il doppiaggio storico in barba alla suicida operazione compiuta dalla D/Visual, ma tutto ciò meriterebbe un post a parte), e del fatto che per questioni di spazio risicatissimo in frigo avevo ben pensato di sistemare le solite <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2009/05/una-cucuzza-due-cucuzze-tutto-il.html">zucchine ripiene</a> già pronte in uno stampo di alluminio da plum cake.<br /><br />Giacché sia il prepararlo che il gustarlo ha causato grande allegrezza in me e nel mio compagno di casa e di vita (che in orario serale abbiamo un'età mentale paragonabile a quella di bambini frequentanti l'asilo), ve lo suggerisco in caso abbiate a tavola commensali in erba. Ma procediamo con ordine, e mi scuso fin d'ora per la mancanza di materiale fotografico che illustri passo passo la preparazione: come sapete, adesso ho una <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2010/07/e-arrivata-gelsomina.html">micina inferma a cui badare</a> e le smancerie con la digitale tocca lasciarle da parte.<br /><br /><strong>Ingredienti:<br /></strong>tre zucchine romanesce o scure belle cicciotte e polpose<br />una manciata di pane raffermo<br />un etto scarso di provolone dolce grattugiato, o altro cacio che vi garbi<br />una fetta di mortadella<br />qualche foglia di basilico<br />un paio di cucchiai d'olio più un po' per irrorare<br />un po' di latte<br />due o tre cucchiai di salsa di pomodoro (facoltativa)<br />una formaggella primosale di pecora di forma cilindrica, del peso di circa due etti<br />due grani di pepe, o analoghi semi<br />pepe macinato<br /><br /><strong>Preparazione:<br /></strong>tagliate le estremità delle zucchine, sbollentatele per qualche minuto quindi passatele sotto l'acqua fredda (a lungo, onde scongiurare il pericolo di ustioni) e tagliatele a metà nel senso sia della lunghezza che della larghezza. Quindi con somma pazienza e un coltellino ben affilato togliete la polpa interna badando a non rompere l'involucro verde, schiacciatela con la forchetta e mettetela in una padella antiaderente.<br /><br />In detta padella aggiungete quindi la manciatona di pane raffermo e i due cucchiaio d'olio e fate scaldare sul fuoco basso, amalgamando il tutto con il cucchiaio di legno. Quando vedete che il composto sta raggiungendo una consistenza cremosa e liscia addizionatelo con la fetta di mortadella a pezzettini e il cacio grattugiato, date una bella mescolata e spegnete il fuoco lasciando intiepidire.<br /><br />Adesso è il momento di darsi del tu con la farcitura. Prendete una teglia antiaderente che sia in grado di ospitare comodamente le vostre cucuzze, metteteci un goccino d'olio (proprio un goccio, per evitare l'effetto frittura) e quindi procedete a farcire le mezze zucchine con il composto aiutandovi con un cucchiaio e badando sempre a mantenere integro l'involucro, adagiandole poi sul fondo della teglia. Completate passando su ciascuna un po' di salsa di pomodoro e un filo d'olio e mettete in forno già caldo a 180° per una decina scarsa di minuti, poi tirate fuori la teglia e lasciate freddare.<br /><br />Fatto ciò, acchiappate uno stampo da plum cake (va benissimo anche quello usa e getta di alluminio, oppure qualsivoglia contenitore rettangolare la cui larghezza sia un terzo circa della lunghezza) e con somma cautela metteteci dentro le vostre zucchine ripiene, badando che la parte superiore resti a faccia in su e che il contenitore venga ben riempito, evitando cioè spazi vuoti fra una cucuzza e l'altra. In corrispondenza di quella che sarà la testa, ponete le zucchine in senso orizzontale anziché verticale. Quindi lasciate riposare almeno mezz'ora, se possibile in frigo, in modo che il tutto si compatti.<br /><br />A questo punto si è alla fase conclusiva: prendete un piatto di portata, poggiatelo sullo stampo e con abile mossa rovesciate. Se tutto è andato bene, il corpo centrale del mostro spaziale si staglierà bello compatto al centro del piatto. Se va male e si sbraca, armatevi di pazienza e risistematelo con l'aiuto di un par di posate, tanto la pietanza è buona lo stesso.<br /><br />Fatto il corpo, mancano le alucce e la testa. A ciò si procede tagliando a metà la formaggella nel senso dell'altezza e ricavandone dieci fette di spessore il più possibile uguale che vanno disposte lungo i lati come da foto. Come tocco finale, mettete i due grani di pepe o analoghi semi sulla faccia del mostrino a mo' di occhi (se avete semi di forma oblunga come i grani di cardamono è meglio, poiché gli conferiranno un aspetto minaccioso) e completate con una spruzzatina di pepe lungo le ali.<br /><br />Quindi portate in tavola, e sentitevi orgogliosi più di una mamma giapponese che per la sua creaturella in età scolare ha realizzato il temibile bento con gli <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2009/07/la-maledizione-dellonigiri-mannaro.html">onigiri </a>a forma di dinosauro o di incrociatore spaziale. E mangiate il vostro mostro in compagnia di chi vi è caro con l'allegria della succitata creaturella in età scolare.<br /><br />Questa ricetta è dedicata alle piccine della ineffabile bimamma Valentina di <a href="http://passodoppio.blogspot.com/">Passodoppio</a>, che il 21 luglio hanno compiuto un anno. Auguri gemelli :*Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-38939786835160684852010-07-16T10:54:00.001+02:002010-07-26T15:24:01.731+02:00A piccoli passi si percorrono grandi distanze<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4Hl42diuueZDKQ4b6tH7gV2Zq9Y6nUiK3vYD-tj3q3g7GhlpiAHQf_RwXbqHxxyWVQ5sNrwjzH0zyG_6OyP6TmHgufdiuLEY6mlsfesHmmAZorn6WavGWmwfJVn-GkSoL0xcf3tdAh-M/s1600/gelsomina_cresce.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5494424406813419810" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4Hl42diuueZDKQ4b6tH7gV2Zq9Y6nUiK3vYD-tj3q3g7GhlpiAHQf_RwXbqHxxyWVQ5sNrwjzH0zyG_6OyP6TmHgufdiuLEY6mlsfesHmmAZorn6WavGWmwfJVn-GkSoL0xcf3tdAh-M/s320/gelsomina_cresce.jpg" /></a>"Gelsomina adesso sta bene: dai 650 grammi di quando l'abbiamo trovata, ormai si avvia verso il chilo. O forse l'ha già superato: pesarla è un'impresa, visto che quando la tiriamo fuori dalla cuccia si agita come una forsennata (non dite di pesarla tenendola in braccio: di braccia ne servono almeno due assieme).<br /><br />Miagola, cammina, agita la coda: il dottore aveva detto che se non l'avesse più mossa l'avrebbe dovuta tagliare, e dopo una settimana lei ci spazzola per bene con quel suo pennellino. Ha anche fatto un bel salto dal grembo della mamma, seduta sul divano, al pavimento. Il dottore ci ha giustamente rimproverato: deve stare ferma almeno venti giorni! Però qualcuno dovrebbe dirlo a lei. E comunque per cambiarle la lettiera e darle la pappa è necessario tirarla fuori, altrimenti cercherebbe le coccole da mani impegnate in altro.<br /><br />La zampina posteriore sinistra, quella interessata dal rientro dell'osso nella frattura, è ancora un po' debole e ogni tanto le cede, ma questo non la ferma. Quando riusciamo a farla calmare un po' continua beatamente a fare la pasta, adesso su un pelouche che apprezza tantissimo, così come la culla di abiti da gatto che abbiamo sempre da parte per lei. Dorme tranquillamente nella nuova cuccia che il nostro amico <a href="http://www.magzdar.net/">Massimo</a> ci ha aiutato a costruire, e possiamo tenerla accanto a noi la notte o portarla in sala quando siamo in casa. Certo, c'è sempre il problema del sole: ma almeno non deve stare in un bagno cieco.<br /><br />La mattina ci svegliamo prima, ma ci rilassiamo nel lettone insieme a lei prima di andare a lavorare, e ci sentiamo più vivaci. La sera, ci salutiamo con le coccole. Il problema è quando la rimettiamo in cuccia, come sempre: i suoi lamenti sono strazianti. Però dobbiamo, perchè il giorno dopo c'è sempre il lavoro.<br /><br />Comunque sia, è fantastico pensare cosa può fare una settimana di cibo sufficiente, riposo e attenzioni. Pensateci quando voi, o chi amate, vi troverete con una bella luna storta."<br /><div><br /><br /><div><em>Nota di Jessie:</em><br /><em>quanto sopra è stato scritto da LP pirsonalmente di pirsona, ed è il suo primo vero contributo, se si escludono i suoi sempre preziosi consigli, a codesto piccolo blog.<br />Da parte mia, mi vien solo da citare (a memoria e perciò di certo malamente) una frase di quel <a href="http://jessiericetta.blogspot.com/2009/08/venuto-al-mondo.html">bel libro regalatomi l'estate scorsa da Tania</a>.<br />"Ringrazio la vita di avermi dato quest'uomo buono."</em></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5334592162916955318.post-58554162047033987302010-07-12T21:06:00.011+02:002010-07-26T15:23:43.783+02:00E' arrivata Gelsomina!<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjFE-T_plI24mPr2o8oEy-FYHu_AOKLzD35sNfoxzUo_1b5vaz3TN1t_YPlnDZC1F6chwTHJ-B-q3ndE9E7iVuD_AYpLu2JYwVKqjXGfpErZzfWaqQfxCB9HIrY5OplPfIh2cgKsktnE1I/s1600/gelsomina.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 320px; DISPLAY: block; HEIGHT: 240px; CURSOR: pointer" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5493099811894099202" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjFE-T_plI24mPr2o8oEy-FYHu_AOKLzD35sNfoxzUo_1b5vaz3TN1t_YPlnDZC1F6chwTHJ-B-q3ndE9E7iVuD_AYpLu2JYwVKqjXGfpErZzfWaqQfxCB9HIrY5OplPfIh2cgKsktnE1I/s320/gelsomina.jpg" /></a>"Ma come, non era «E' arrivato <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/La_strada">Zampanò</a>!»?", mi chiederanno i lettori più cinefili.<br />Lo sarebbe stato se si fosse trattato di un maschietto, ma è una gattina.<br /><br />Gelsomina l'abbiamo trovata in strada giovedì scorso, mentre stavamo andando al lavoro.<br />Era rannicchiata vicino a un cancello, e quasi non riusciva a muoversi.<br />Si vedeva che stava risparmiando le forze. L'atteggiamento che assumono tutti, animali e cristiani, quando sentono che non gli resta molto.<br /><br />Non potevamo lasciarla lì. A prescindere. E men che meno dopo che, due giorni prima, ci avevano ammazzato di fronte un micino poco più grande di lei, investendolo e lasciandolo lì ad agonizzare. Ho pianto tutto quello che potevo piangere. E quando ho visto la creaturina vicino al cancello ho deciso, e il mio compagno con me, che lei non avrebbe fatto la stessa fine.<br /><br />Con l'aiuto di una mia collega l'abbiamo portata da un veterinario. Lì abbiamo scoperto che si trattava di una gattina, e che aveva una brutta frattura al bacino e all'osso pelvico al momento non operabile perché era una micina troppo giovane. Abbiamo scoperto pure che nonostante le sue condizioni era vivace e affettuosa. Quando il mio compagno le ha fatto una carezza ha chiuso gli occhi e ha fatto le fusa.<br /><br />Abbiamo deciso di adottarla. E' rimasta in osservazione per due giorni e sabato mattina l'abbiamo portata a casa.<br /><br />Siamo due "genitori" molto inesperti, visto che nessuno dei due ha mai avuto un gatto in casa. Ma facciamo del nostro meglio.<br /><br />Seguendo il consiglio del veterinario le abbiamo fatto una cuccia nel nostro piatto doccia, perché deve stare a riposo assoluto e quindi deve stare in uno spazio limitato. Cosa necessaria, perché ha l'argento vivo addosso. Ogni mattina farsi la doccia è un casino, ma abbiamo messo a punto una procedura che funziona bene: mentre uno è sotto la doccia l'altro la tiene in grembo e le fa le coccole, e fra docce, asciugare tutto fino all'ultima stilla d'acqua e riallestire la sua cuccia con giornali, lettiera, ciotole, tappetino per dormire e tiragraffi ci vuole meno di un'ora.<br /><br />Nel frattempo lei sta in grembo e passa le mezz'ore a fare la pasta. Ama soprattutto farla al mio compagno, che sembra piacerle moltissimo: gli sta attaccata addosso con aria beata e lui è un fiero mammogatto. Quando lui è impegnato, io tenendola in braccio le faccio una specie di culla con una sua vecchia maglietta e Gelsomina è tutta contenta.<br /><br />E' meno contenta quando dobbiamo rimetterla nel box doccia: miao, miao, miao, con un tono che ti spezza il cuore. Ma si deve pur andare al lavoro. E visto che si tratta della malefica Urbe, stiamo fuori di media dieci ore e passa, causa trasporti, straordinari eccetera. Ma rimediamo al ritorno con una megadose di coccole. Visto che il nostro bagno è cieco (belli, i miniappartamenti di città), e che non possiamo tenere alzate le serrande delle finestre disponibili nelle altre due stanze causa elevato rischio di furti, le abbiamo comprato una lampada a luce tenue che le lasciamo sempre accesa. Per farle sentire un po' meno la solitudine nella sua casetta c'è un asciugamano morbido che abbiamo ben manipolato perché ci restasse il nostro odore. Non è un granché, ma come dice il mio saggio amato bene, certo è meglio così che starsene ferita in mezzo a una strada. E alla mancanza di sole suppliamo, sempre dietro consiglio del medico, con qualche goccia di vitamina D. Dargliela è facile, perché scambia il contagocce per un capezzolo e ci si attacca.<br /><br />Gelsomina comunque pare star bene. Mangia con grande appetito, cerca sempre di giocare e, sempre per citare il mio facondo e immaginifico amato bene, ronfa continuamente con toni da motore d'aereo.<br /><br />Io quando la tengo in grembo e lei fa le fusa provo una sensazione strana, bella e che mi mette persino un po' paura. Non capisco bene di che si tratta ma è emozionante. Anche il mio compagno di casa e di vita pare assai emozionato.<br /><br />So che fra i miei gentilissimi lettori vi sono parecchi gattari. Se voleste darci dei consigli, noi saremmo tanto tanto grati.<br /><br />Vado a fare due coccole a Gelsomina.<br /><br />Un sorriso a tutti voi.Jessie Ricettahttp://www.blogger.com/profile/06714296634885355567noreply@blogger.com7