lunedì 18 ottobre 2010

Jessie goes on holiday, part 2: Parigi, oh cara

"Fu allora che vidi il Pendolo".

Alzi la mano chi non ha riconosciuto questo incipit.
Se non l'ha riconosciuto, mi duole per lei o lui.
Quanto a me, il Pendolo, nello specifico quello di Foucault, è una delle cose che avrei sempre voluto vedere.

Nel corso del mio precedente soggiorno parigino ci ho dovuto rinunciare. Primo, perché volevo vedere il Louvre, e solo per la pittura mi ci son volute due visite. Secondo, perché volevo vedere il Museo del Medioevo, e pure per quello mi ci volle una giornata. Terzo, perché alla mia proposta di andare al Museo delle Arti e Mestieri il mio accompagnatore mi incenerì con un'occhiata e mi trascinò al Centre Pompidou a vedere un'istallazione di artista finita nel dimenticatoio che sembrava in tutto e per tutto la vetrina di un negozio di biancheria fetish. E a quel punto la vacanza era finita. Per inciso mi vendicai rifiutandomi di accompagnarlo in locale allora celeberrimo, e alla sua osservazione "il mio amico Lolo dice che se non vai in questo posto non sei nessuno" ribattei che a me di essere qualcuno non interessava affatto, il che concluse la citata vacanza in termini scarsamente amichevoli. Ma come osservano i transalpini, c'est la vie.

Pertanto mi sono ripromessa che in un successivo soggiorno anche io, come il protagonista di quel tale romanzo, avrei visto il Pendolo.
Per mia fortuna ci son riuscita, ed è stata una delle cose che ha fatto virare in positivo una vacanza iniziata assai male.
Ma procediamo con ordine, e non senza qualche segnalazione che spero sia utile per coloro che prossimamente vogliano visitare Parigi. Magari non troppo prossimamente, visto che al momento attuale nell'Esagono vi è un casino che a paragone lo sciopero della metro londinese in cui siamo incappati sembra un picchetto delle dame di San Vincenzo versus la curva nord dell'Olimpico il giorno del derby. Ma questo tra parentesi.

1. Primo, ovvio consiglio: fatevi la Paris Visite, disponibile nelle versioni da uno, due, tre o cinque giorni consecutivi. Vi permetterà di prendere la metro tutte le volte che volete e sarà una mano santa per visitare l'Ile de France in comodità, incluse Versailles e pure Disneyland Paris. La potete acquistare direttamente in loco, oppure online: ulteriori informazioni le trovate qui.

2. Siete già stati al Louvre?
Tornateci.
No, non me ne importa niente che la volta scorsa siete pure riusciti a vedere la Gioconda alzandovi sulle punte dei piedi per superare la torma di nipponici che facevano un muro spesso dieci metri. Ci tornate e basta, perché ogni volta vi saprà sorprendere.
Pertanto prendete il comodissimo metrò e scendete all'apposita fermata. Percorrete con pazienza i corridoi fino ad arrivare alla scala mobile che vi porterà dai pressi. E prima di imboccarla, buttate uno sguardo sulla destra: troverete una tabaccheria/cartoleria che vende biglietti per tutti i principali musei di Parigi. Il biglietto acquistatelo lì, e vi risparmierete le file chilometriche che in qualunque giorno e in qualunque orario si snodano davanti alle biglietterie, quelle automatiche incluse. E quando vi si parerà dinanzi la colata lavica di visitatori vocianti che stanno lì in impaziente attesa sarete grati del consiglio.

Se potete, scegliete come giorno della visita il mercoledì: il Louvre chiude alle dieci di sera, e avrete modo di visitarvelo con tutto comodo. Cosa che abbiamo fatto l'amato bene e io, badando di dirigerci prima nella sezione delle antichità (in tal modo si evita l'esercito che come prima cosa invade la sezione pittorica) e rimanendo basiti di fronte alle megaporte che adornavano i palazzi persiani come di fronte alla versione egizia dei quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di due.
Quando poi vi dirigerete nel settore quadri &dipinti, fatemi la cortesia di evitare la Gioconda (tanto non c'è verso di vederla come si deve) e di prestare attenzione a tutto il resto: non fate come il visitatore medio che timbra il cartellino e passa oltre. Fra Van Eyck, Memling, Bosch, Antonello da Messina, Correggio, Murillo e El Greco avrete modo di rifarvi gli occhi, e visto che il truppone sta ammassato di fronte all'autoritratto leonardesco potrete ammirarli come si confà.

Se poi putacaso vi viene un certo languorino, dirigetevi al Cafè Richelieu che è nel museo stesso: per il portafogli sarà una discreta mazzata, ma a differenza dei caffè o ristoranti che sono nei musei italici, semmai vi sono, il cibo non è di plastica. L'amato bene e io ci siamo spazzolati rispettivamente una eccellente zuppa di verdura, debitamente servita con pane fresco e burro, e pollo con carote in salsa teriyaki cotto con assoluta maestria, spendendo meno di trenta euro.

3. Checché ne pensasse il mio bizzoso accompagnatore dell'epoca, il Musée des Arts et Métiers va visto, e non solo per il Pendolo. Ci son cose stupende, dal gabinetto di Lavoisier al meraviglioso Avion III di Clément Ader ai robot per l'esplorazione spaziale (e sto citando solo due o tre amenità) capaci di affascinare tutti, dai bambini agli ottantenni. Oltre alla collezione ci sono tanti bei pannelli interattivi che spiegano con gran chiarezza anche a chi di scienza non comprende un'acca perché tante invenzioni passate sono importanti e alla base di oggetti e servizi oggi d'uso comune. In più, fino al 7 novembre c'è una mostra temporanea capace di mandare in brodo di giuggiole anche il più riottoso: introdotta da una collezione - schermata dietro grate ché si sa, gli otaku sono un po' folli - di tutti i paraphernalia del settore, dal Commodore 64 fino alle console Sega d'antan, un'intera sala è dedicata alla storia del videogame.
Una parata di console, tutte originali, vi permetterà di divertirvi con tutti i videogiochi o giù di lì che hanno segnato gli ultimi tre decenni (io, che ho giocato per la prima volta a PacMan in occasione del trentennale, ho avuto per l'occasione l'emozione di darmi del tu con il leggendario Pong, con l'amato bene che mi ha stracciato dieci a zero), e mammatroni presi direttamente dalle sale giochi vi faranno tornare all'epoca in cui spendevate tutte le monetine della paghetta dandole in pasto ai succitati.

Dopo esservi consumati le manuzze con i joystick, visitate tutto il resto del museo (in alcune occasioni fanno anche dimostrazioni del magnifico teatrino degli automi: date un'occhiata al sito Internet che vi dirà in anticipo le date) e concludete il percorso come si deve nella fu chiesa di Saint Martin des Champs. Lì, come il protagonista del romanzo di Umberto Eco, vedrete il Pendolo nella collocazione voluta da Foucault, e se avete un accompagnatore paziente come il mio amato bene capirete anche perché grazie all'affascinante accrocco si può desumere che sì, la terra ruota. E se non avete un accompagnatore paziente, potrete scoprirlo qui.

4. Se poi dopo tanto camminare avete le pedagne che chiedono pietà e volete solo stendervi, è opportuno tornare in hotel. Io la scorsa volta ero stata ospite dell'amico bizzoso e ricco i cui genitori hanno vezzoso appartamento in pieno centro, e prima che mi facciate gli occhiacci sappiate che fu un soggiorno da incubo, in cui si camminava in punta di piedi per timore di ledere il parquet secentesco con le nostre orride estremità inferiori e toccava asciugare le pareti del bagno dopo ogni doccia con somma cura, perché dette pareti erano di legno: pertanto, non avendo esperienza di alberghi sono andata un po' a naso facendomi guidare da alcuni parametri. La fortuna mi è stata amica: vicino alla Bastiglia e a duecento metri scarsi dalla metro, il Color Design Hotel mi ha messo di buonumore fin dall'ingresso, e ce ne voleva per mettere di buonumore una Jessie reduce da un'intossicazione alimentare e afflitta da un fiero raffreddore.

Come dice il nome è assai variopinto e con soluzioni che, almeno rispetto alla media, sono alquanto inusuali (alcune non brillantissime, tipo il lavandino davanti all'ingresso della doccia: ma essendo questa di congrue dimensioni il fastidio non è eccessivo). Stanza silenziosa, ampia per gli standard parigini, tutta su toni di giallo e arancione - a seconda del piano e dell'ala le tinte coprono tutto lo spettro dell'arcobaleno - e provvista di letto assai comodo con cuscini e trapunta che erano così belli rigonfi da indurre a fare le fusa. Molto garbati gli addetti alla reception, dove a un gentile fanciullo è quasi venuto l'infarto quando ha constatato che ero italiana e, pur non sapendo il francese, ero in grado di esprimermi in tre lingue straniere. Il che non depone a favore della fama di cui godiamo all'estero, ma questo come sempre fra parentesi.

Negli immediati dintorni oltre alla fermata della metro non mancano caffè e ristorantini, panetterie, farmacie - che possono sempre servire, come nel mio caso per via del succitato fiero raffreddore - e un assai fornito supermarket. Il costo per una doppia è sui 180 euro ma tenere d'occhio il sito per offerte speciali (noi ne abbiamo colta una a poco meno), la colazione si paga a parte ma visto il prezzo vi consiglio di farla negli innumerevoli caffè che troverete a pochi metri.

5. Se dopo l'arrivo in hotel le pedagne proprio non danno segni di vita ma il vostro stomaco richiama con gagliardìa la vostra attenzione sul fatto che lui funge benissimo, fate un ultimo sforzo: andate all'ingresso, svoltate a sinistra e dopo dieci metri imboccate l'entrata dell'Ebauchoir, possibilmente prima delle nove altrimenti lasciate ogni speranza di trovar posto anche durante la settimana. Sembra un qualsiasi bistrot, ma si mangia splendidamente e a prezzi ragionevoli per la media parigina: io ho preso una crema di castagne con coriandolo che ha ricollegato al primo boccone le papille gustative interrotte dal raffreddore, l'amato bene un agnello con caviale di melanzane e curry a dir poco delizioso. Con plateau di formaggi e acqua la spesa non ha raggiunto i 40 euro, e la gentilissima proprietaria ci ha salutato all'uscita porgendoci la madeleine della staffa da un bel cestone in vimini formato ruota di camion.

Se invece vi trovate in centro e avete voglia di un pasto da passeggio seguite pure voi il consiglio della mia amica Paola e recatevi all'As du Fallafel, che si trova nel celebre quartiere del Marais. Dicono che vi si mangino i migliori falafel di tutta Parigi: io non posso fare paragoni al riguardo, ma posso asserire che quelli che ho ordinato battevano di una spanna tutti quelli che ho assaggiato in Italia e all'estero. Eccellente anche il kebab, servito con insalata freschissima e una pletora di salsine varie altrettanto fresche. Se poi i piedi sono particolarmente lamentosi sedetevi all'interno: solerti camerieri con la kippah d'ordinanza vi serviranno in un batter d'occhio, e in mezz'ora scarsa uscirete sazi e con la voglia di fischiettare per l'allegrezza.

Bilancio del soggiorno parigino: contenti come pasque, e con una gran voglia di tornarci. Si spera prima possibile, sempre che si riescano a prendere delle ferie degne di questo nome.

Prossima puntata, nonché ultima: le meraviglie di Trenitalia. A bientot.

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