lunedì 9 novembre 2009

Zia Margherita

"Figlie de zìe", "Oh figlia mia", "Amore della zia sié tu".
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Quando nacque mio padre zia Margherita si mise di guardia in fondo alle scale. Era il periodo del rapimento di baby Lindbergh, e a chi le chiedeva che ci facesse lì, rispondeva: "E se z'arrobbene 'u cìtele?"
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"Studiare non m'è mai piaciuto", diceva. Si mise a lavorare nel negozio del padre a quattordici anni e mezzo. Se avesse studiato avrebbe dato le piste a chiunque, perché era la più intelligente della famiglia. Raccontava che la professoressa di latino, la Vitacolonna, si soffiava il naso e poi metteva ad asciugare i fazzoletti sulla cattedra. E' un motivo più che valido per decidere che la scuola non ti piace.
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Era vivace e le piaceva ballare. A mio nonno non piaceva che uscisse, né lei né le sorelle. Una sera al circolo c'era un ballo. Lei e le sorelle si misero un bel vestito per andarci. Mentre erano a metà strada arrivò qualcuno per dire che mio nonno avrebbe messo il muso. Mia zia Lella era preoccupata. "Papà si dispiace". Zia Margherita mise in chiaro che nonno avrebbe fatto due fatiche, la prima arrabbiarsi, la seconda farsi passare l'arrabbiatura. E andò a ballare.
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Aveva una gran memoria anche per i più piccoli dettagli. Durante la guerra il suo fratellino Antonio aveva pochi anni, e aveva una passione per il suo cappottino a quadretti. Ricordava che quando dovevano scappare dai bombardamenti, lui strillava "Il cappottino mio, il cappottino mio!" e si calmava solo quando lo prendevano.
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Durante la ritirata delle armate tedesche la casa dei miei nonni venne occupata dagli ufficiali della Wehrmacht. I nonni nascosero le figlie in soffitta. Il bagno era al piano di sotto e una volta lei, che ci teneva alla pulizia, ci andò per lavarsi perché in soffitta era finita l'acqua. Mentre era in bagno sentì i passi di un soldato, con gli stivali pesanti. Era spaventatissima. Il soldato tentò la maniglia, e si accorse che la porta era chiusa a chiave. Era educato, e se ne andò via. Ricordava sempre i passi sulle scale mentre il soldato scendeva: bam, bam, bam.
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Dopo i tedeschi arrivarono gli inglesi. Presero possesso della casa di suo nonno Pino. Il nonno era indignato perché gli ufficiali inglesi osavano mettere i piedi sul divano del suo studio. "Santo Dio benedetto!", diceva, perché in quello studio non ci faceva entrare manco la moglie e i figli. Zia Margherita gli disse qualcosa come, nonno, e che vuoi fare. E' stato sempre il suo atteggiamento, dare importanza solo alle cose che sono importanti.
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Gli inglesi facevano delle feste durante la guerra, nel salotto della casa dei suoi nonni, e si ballava. Zia ricordava che durante un ballo, non so quale, veniva dato il comando "Changé!" per cambiare il partner di danza. Sentendola parlare si vedeva la gente che ballava in quel salotto.
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Mia nonna era bravissima come donna di casa, ma non aveva pazienza di fare le cose con cura. Una volta fece una camicia da notte a mio nonno, lunga lunga da inciamparci, e con gli spacchetti laterali. Mio nonno restò molto perplesso. Zia Margherita guardò la camicia e commentò: "Papà, sié all'avanguardia, eh!".
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Un giorno doveva andare presso una famiglia per fare l'apprèzze, cioè la valutazione del corredo di una ragazza che si doveva sposare. La portò mio padre sulla lambretta, ed entrò anche lui nella casa. Zia Margherita si mise con la madre della ragazza a valutare coperte, lenzuola, asciugamani, tante cose che erano state comperate al negozio. All'epoca non esistevano gli assorbenti, si usavano dei pannolini di stoffa, cosa che adesso sta tornando di moda nella società eco-friendly. Si creò un grande imbarazzo quando si arrivò a valutarli. La madre della ragazza disse, riferendosi a mio padre: "Beh, mo' chiste giòvene può ascì", ma mio padre non capiva e rimase lì come un baccalà. E zia Margherita, con il suo consueto savoir faire, procedette tranquilla contando i pannolini e disse: "Venti, uhm, fazzoletti".
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Nell'immediato dopoguerra in casa girava a malapena una bottiglia di liquore. Venne 'u parzenale (mezzadro) a trovare i miei e zia Margherita accolse lui e il figlio piccolo in salotto. C'era rimasto un fondo di bottiglia di liquore che manco bastava per un bicchierino, e mia nonna pur di offrire qualcosa lo allungò sotto il rubinetto. Zia Margherita raccontava che nonna diede il bicchierino all'ospite e chiese se lo voleva anche il bambino. Mia zia disse "mammà, ma come te ne esci di dare il liquore a nu cìtele!", al che il contadino osservò "commà, nun te preoccupà, è acqua..."
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Una volta quando era molto giovane una cliente entrò in negozio e pretendeva di essere servita immediatamente passando davanti agli altri. Zia Margherita le chiese di aspettare perché stava servendo un altro cliente, e lei fece: "Eh, ze vede che te devi ancora 'mbarà 'o mestiere". Mia zia uscì da dietro al bancone e aprì la porta del negozio, senza dire nulla. La cliente uscì in silenzio. Zia Margherita si fece un gran pianto, la sola volta in cui mi abbia raccontato di aver pianto. La cliente poi le chiese scusa.
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Il paese era pieno di famiglie povere. Una ragazza che adesso ha cinquant'anni andava, come tutti, a confidarsi con lei. Le disse che i suoi figli piangevano perché volevano la ricotta, e lei non aveva i soldi per comprarla. Zia Margherita le diede i soldi per la ricotta, e glieli diede molte altre volte.
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Tutti la chiamavano, per chiederle consiglio su che camicie o maglie o coperte o vestiti acquistare o semplicemente per parlare. Una volta che non rientrava mio nonno la fece chiamare dal banditore. Lei ricordava: "Quando ho sentito 'La signorina Margherita è richiesta a casa' m'è venute 'u tòcco". Si affrettò a casa, scoprì che non era successo niente, e disse: "Papà, sì esaggeràte, eh".
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Una volta in negozio venne un professore di Montecilfone, e rimase così incantato dalla sveltezza e intelligenza di mia zia che voleva sposarla. Mio nonno si oppose. Lo raccontai a Lena, amica carissima che mia zia Margherita chiamava 'a regina per il suo portamento, così come 'a regina era chiamata sua nonna. Lei mi disse che di pretendenti ce ne erano stati tanti e poi tanti.
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Quando era più giovane andò nelle Marche con zia Maria per vedere la produzione di abiti di un fornitore. Andarono insieme al ristorante, e lei incuriosita ordinò il consommè, non sapendo cosa fosse. "Quando me portene quell'acquatòria", ricordava. E si mangiò con sofferenza il brodino, mentre zia Maria si spazzolava i maccheroni che aveva ordinato.
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Mia cugina Anna Rita da piccola era spessissimo a casa nostra. Una volta mia nonna e zia Gemma, la sua sorella nubile, stavano facendo le ostie. Impiegavano il ferro della nonna di Anna Rita, sorella di mia nonna. Vedi, le dissero, questo era il ferro di tua nonna, infatti c'è inciso il suo monogramma. Anna Rita disse, se era di nonna, allora vuol dire che è mio, e io me lo porto a casa. Nonna e zia per impedirglielo arrivarono a mettere 'u sferràzze (la sbarra di ferro) per bloccare la porta d'ingresso. Zia Margherita era uscita per una commissione e causa sferràzze non riuscì a entrare a casa e si attaccò al campanello. Quando riuscì a entrare e le raccontarono cosa era successo, disse a mia nonna: "Mammà, zia Gemma si può pure capire perché non ha figli, ma tu che de figlie n'è avute cinque!"
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La accompagnai al funerale di Marietta, una signora che aveva avuto una vita tristissima ("U pate le dave mazze", raccontava mia zia) fino a quando non era stata presa a servizio dagli zii di mia nonna. Negli ultimi anni aveva trovato accoglienza al Santuario della Madonna della Difesa, dove curava l'orto e le galline. Mentre accompagnavamo Marietta al cimitero, zia Margherita ricordava con che amore Marietta curasse 'i gallenèlle, e anche quel suo ricordo era una dimostrazione di amore.
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Anni fa una ragazza del paese ebbe una bambina con un uomo già impegnato. Nessuno si era accorto della gravidanza. La famiglia la voleva cacciare di casa. Mia zia che l'aveva battezzata le chiese perché non si fosse confidata con lei. La ragazza disse: "Patì, non te l'ho detto perché pure tu mi avresti consigliato di abortire". Mia zia rispose: "Figlia mia, ma quando mai". Parlò con i genitori della ragazza e li calmò. Adesso la bambina è sposata.
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Quando ancora aveva il negozio la aiutavo con il registratore di cassa. Mi aveva insegnato i comandi per fare il sunto della giornata: operatore, 1, operatore.
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Da piccola mi piaceva far funzionare la macchina per gli scontrini. Era grigia con i tasti neri e aveva una manovella per mandare avanti il nastro di carta. Mi piaceva particolarmente il rumore che faceva quando si azionava la manovella: truuuck, truuuck. Lei mi lasciava giocare, e mi lasciava giocare con gli scatoloni di cartone in cui arrivavano i vestiti. Con mia sorella ci nascondevamo negli scatoloni o li rovesciavamo e facevamo finta che fossero grotte o capanne.
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Aveva mani bellissime con le dita sottili, e ci teneva, e io ero contenta che ci tenesse. Con la zia Lella le comperavamo lo smalto per le unghie, di un rosa pallidissimo. Mi ricordo quando faceva il manicure vicino alla finestra, per poterlo fare con attenzione alla luce del sole.
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Le piaceva mangiare quelle che chiamava "i percarìe", le porcherie: i tramezzini, la maionese, i rustici. Quando andavo a trovarla le portavo sempre da Roma i supplì, che le piacevano tanto anche se detestava il riso. Quando era stagione le portavo i marron glacé e la confettura di castagne. Mangiava a piccoli bocconi, ricordo la delicatezza delle sue mani quando sbocconcellava le cose. Non aveva paura di sperimentare cose nuove, come mostra la storia del consommè. Quest'estate assaggiò il kebab, arrivato in paese per la prima volta.
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Era ironica, fin da quando era piccola. Non aveva smesso di esserlo. Quando la caldaia una volta fece le bizze, il tecnico venne e chiese una cifra piuttosto alta. Lei pagando gli chiese: "Siente, ma per calcolare il prezzo hai contato pure i gradini che hai fatto per arrivare fin qui?". La volta successiva lui fece l'intervento gratis. E ora volta che si vedevano, ricorda, zia si divertiva a prenderlo bonariamente in giro e si facevano delle gran risate.
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Quando le ho portato a conoscere Lucio per lei è stata una gioia.
Lucio le piaceva. Le piaceva la frase che lui ha preso come motto: "Potrebbe sempre essere peggio". Quando ci sentivamo al telefono lei voleva sempre parlare con lui, e raccontava: "Quando Maria si arrabbia, io le dico sempre: 'Come dice Lucio?', e lei si calma". Il fatto che le piacesse così tanto quella frase credo dica molto di lei.
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Le sue espressioni che sento ancora nelle orecchie: "Cchiù brutte d'u débbete", "na pecura veshtùta", "nu tùrze", "nu taralle 'mbusse c'u méle". Erano il massimo dell'insulto cui potesse arrivare.
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Non si è sposata e non ha avuto figli. Zia Emma ha detto che siamo tutti figli suoi, ed è vero.
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Il mio amico Pasquale: "Margherita Iannucci è stata, è e sarà la storia di Casacalenda".
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Don Gabriele, il parroco del paese, ha ricordato come la biancheria per andare in seminario la sua mamma l'avesse comprata da don Gennaro e dalle signorine Iannucci, e si è emozionato.
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Lena: "Tua zia non aveva età, anche se era vissuta sempre in paese. Con lei potevi parlare di tutto, di politica, di società, delle tue cose. Aveva sempre un consiglio ma non giudicava mai".
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Lucio: "Ciò che ricordo di più di tua zia è che magari stava rifacendo i letti o qualsiasi cosa, tu arrivavi, lei si voltava, e ogni volta che ti vedeva sorrideva". Sorrideva sempre.
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Mia sorella ha detto in chiesa: "Ci ha insegnato tante cose, ma la più importante è stata l'amore".
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Aveva una passione per i fazzoletti, ce li regalava sempre. Ho i suoi fazzoletti in tasca.
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Ho chiesto al mio amico Agostino dove vanno le persone quando non sono più qui. Lui mi ha risposto: "Non vanno, sono".
Zia Margherita è ancora qui.

6 commenti:

  1. io credo che la vita di persone così arricchisca anche la vita di chi le ha conosciute e quello che hai scirtto lo testimonia. Graazie per averlo condiviso con noi.

    PS spero che la tua schiena vada meglio

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  2. Grazie per aver condiviso così intimi e bei ricordi. Un abbraccio.

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  3. ...sono d'accordo con il tuo amico Agostino è vero le persone "non vanno, sono".
    "Sono" perchè la nostra vita è fatta di loro....
    grazie per avermi fatto leggere un raccoto così tuo, nelle tue parole ho visto amore e gioia per zia Margherita, e che con il tuo racconto c'è l'hai presentata nel migliore dei modi..

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  4. Ehi! Guarda che vogliamo altri post! Ti aspettiamo!
    :-)

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  5. Grazie mille a tutti coloro che mi hanno scritto, qui sopra e in privato.
    Vorrei dire più di un semplice grazie, ma non ho granché parole.
    Grazie di essermi stati accanto.

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