sabato 29 agosto 2009

Venuto al mondo

"Guarda che mi aspetto di leggere presto qualche ricetta nuova. Di cartoni, film, fumetti, quello che ti pare ne puoi sempre parlare, tanto dopo aver fatto a pezzi Yoshiyuki Tomino dovresti essere soddisfatta per un bel po', no?"
Cara Tania, sono costretta a deluderti. Spero che mi perdonerai, visto che parlo di un libro che mi hai regalato proprio tu. Un libro così bello che, visto che l'ho letteralmente divorato, oggi porterò a mia madre, che poveraccia ancora deve cibarsi il gesso, in modo che possa leggerlo anche lei, e si immerga a tal punto nella storia, come è successo a me, da scordarsi quel gesso della malora.
Come potete leggere dalla copertina, questo libro è un romanzo. L'autrice è Margaret Mazzantini, che i più probabilmente conoscono per essere la moglie di un attore noto e bravo. E come succede a tante mogli di uomini noti e bravi, corre già solo per quello il rischio di essere oscurata dal marito. E nel suo caso, persino di essere rampognata dalla stampa perché il citato marito, presentando il concerto del Primo Maggio, si è permesso di leggere un brano tratto dal romanzo. Ora, io non so quale sia il contesto in cui ciò è avvenuto, e nemmeno se si sia trattata di promozione sfacciata. So però che questo libro è bello, molto bello. E sicuramente, se sta godendo di successo editoriale (cosa che ignoro, perché non ho l'abitudine di vedere le classifiche di vendita dei libri), ciò non è dovuto alla pubblicità fornita da un marito famoso.
La storia è allo stesso tempo molto comune e per niente comune. Non ne rivelo che poco per non rovinarvi la lettura, nel caso decideste di acquistarlo. La protagonista è una donna, una donna qualsiasi con un desiderio che molte donne hanno: quello di avere un figlio. Un figlio che, all'inizio della narrazione, già ha. E che, come si spera siano almeno la maggior parte dei figli, è il risultato di un grande amore. Oltre al grande amore, il filo conduttore della narrazione è una guerra piuttosto recente, che come tutte le guerre è stupida e insensata, e come tutte le guerre è stata dimenticata, nascosta sotto il tappeto, conseguenze e tutto, non appena i fucili e i cannoni hanno smesso di sparare. Ma le conseguenze restano.
Alla fine, si scoprirà che quel figlio (un ragazzo comunissimo, che litiga con la madre e ascolta Vasco Rossi come qualunque adolescente) è sì il frutto di un grande amore, ma di natura alquanto diversa da quella che sua madre aveva sempre creduto. Un finale sorprendente, in cui, nonostante tutto, si trova un senso di pace. Un giusto climax per un libro in cui di pace non se ne trova, e non solo perché la guerra vi ha un ruolo così importante.
Per me è stata una di quelle letture che capitano esattamente nel momento in cui dovevano capitare. Non mi interessa farne un'analisi critica, esaminarne la struttura, stare a cincischiare sul linguaggio che, si vede (e a volte lo si vede pure troppo, il che è uno dei pochi difetti che riesco a trovarvi), è stato scelto parola per parola. Mi interessa la sensazione che ne ho tratto, una bella sensazione, e la lezione, se così si può definirla, che ne ho ricavato. E che provo a sintetizzare in breve.
La prima è che è inutile tentare di avere il controllo delle cose, e per averlo rinunciare a vivere, perché comunque la vita prenderà sempre il sopravvento.
A seguire, che nessuno appartiene a nessuno. Cosa di cui ci si dovrebbe ricordare, soprattutto se si afferma di amare una persona, che sia un familiare, un compagno, un figlio, o un amico. Non si hanno diritti su nessuno.
L'ultima, forse la più importante, è che si ha il diritto di stare al mondo come si è, per quello che si è, persino se si è venuti al mondo nelle condizioni peggiori, portandosi addosso dalla nascita un marchio di infamia.
Alla fine del romanzo mi è venuta in mente una frase che diceva mia nonna, e che ho sempre trovato bellissima: i figli non appartengono ai genitori, ma al mondo.
E giacché ciascuno di noi è comunque figlio in qualche modo, ciascuno di noi appartiene al mondo.
Ovvero, ha la potenza di essere libero, purché lo voglia. E giacché è venuto al mondo, ha diritto a vivere per come è.
Porterò il libro a mia madre e la ringrazierò di avermi messa al mondo, letteralmente.
Vivere è una faticaccia, ma ha almeno una cosa bella.
C'è sempre qualcosa da imparare.
E già solo per quello, vivere vale la pena.

5 commenti:

  1. giace sul mio comodino...ho bisogno del giusto imput per inziarlo,ed il mio cucciolo al momento non me lo permette...

    RispondiElimina
  2. Se è così, mi permetto un consiglio: quando arriverà l'input, cerca di ritagliarti degli spazi che ti consentano di procedere con la lettura senza interromperla, compatibilmente of course con le esigenze del cucciolino. Se ti succede ciò che è successo a me, penso ti sarà difficile staccarti dalla narrazione...

    RispondiElimina
  3. adoro il modo di scrivere della mazzantini..se non haimletto i suoi altri scritti, te li consiglio, soprattutto il "famosissimo" NON TI MUOVERE e il monologo ZORRO, IL CATINO DI ZINCO l'ho trovato un po' pesante (il suo primo scritto, ma gli darò un'altra chance :p) e con ORTENSIA E MANOLA mi son arresa per strada (forse non era il momento). non appena troverò la vena "ispirazionale" leggerò anche VENUTO AL MONDO, sicuramente.

    (io ho scoperto del marito dopo aver scoperto lei)

    RispondiElimina
  4. e' il libro più bello che io abbia mai letto... mi dispiace solo averlo terminato troppo in fretta!!!!

    RispondiElimina
  5. @bombamagagna:
    mille grazie per il consiglio! Vedrò di racimolare quanto prima le altre opere della Mazzantini, che - ho scoperto, e per qualche motivo la cosa non mi stupisce - sono in possesso di un ampio numero di mie parenti. Quando avrai letto Venuto al mondo, magari fammi sapere che ne pensi... E ti consiglio, cicciottini permettendo, di trovarti qualche ora tutta per te: ne avrai bisogno.

    @ samanta:
    è vero, è un libro bellissimo: e allora, perché non rileggerlo, e rileggerlo ancora? :)
    In genere è quello che faccio io: alla prima lettura, lascio che mi prenda la storia. Dalla seconda in poi, dato che la storia la so, lascio che mi prenda il resto: le cose che non avevo notato, il ritmo della scrittura, la scelta di una parola anziché un'altra... E la lettura, così, potenzialmente non finisce mai.

    RispondiElimina

Paperblog