giovedì 14 gennaio 2010

Tutto vapore, niente sostanza: Steamboy di Katsuhiro Otomo

Avete letto Il gattopardo?
No?
Male.
Male ma comprensibile. E' considerato un'opera datata, di quelle buone solo a torturare gli studenti della scuola dell'obbligo. Peccato che ancora oggi di cose sull'italiana società e sul suo funzionamento ne insegni parecchie, per cui tanto datato non è. Ma questo fra parentesi.
Io l'ho letto da piccina, e mi è rimasto impresso per più motivi. Mi è tornato in mente l'altra sera, quando per lenire l'ansia dell'attesa di una telefonata da parte di Tania ho ben pensato di vedere Steamboy di Katsuhiro Otomo.
Otomo, per chi non lo sapesse, è considerato uno dei principali autori del fumetto giapponese e del genere steampunk (in sintesi, quel tipo di fantascienza in cui in un determinato periodo storico vi è ampio impiego di tecnologie che con quel periodo hanno poco a che fare) e il suo Akira, sia in versione manga che in quella anime, un vero e proprio caposaldo del settore. Io non sono un'esperta della sua opera, e Akira l'ho visto anni fa con un occhio chiuso e l'altro balengo - mi venne proposto da vivace amico alle tre del mattino, orario in cui io ho il quoziente intellettivo di un toporagno che si sia preso una mattonata in mezzo alla fronte -, pertanto ne ho memoria invero scarsa. Però in più di un'occasione mi è stata fatta la proverbiale capa tanto sull'imprescindibilità sua e di qualunque suo prodotto, per cui mi sono approcciata a Steamboy con diverse aspettative.
Mi son bastati i primi minuti per scoprire che erano malriposte.
Intendiamoci: visivamente è molto bello. Vi si mostra un impiego rutilante di tecnologie basate sul vapore che fanno la gioia di qualunque ingegnere meccanico. Alcune sequenze lasciano a bocca aperta, anche se l'impiego del CGI in più punti si sposa assai male con l'animazione e lo scrolling parallattico deve averlo curato un soggetto colpito da delirium tremens. Ma l'animazione è decisamente il suo punto di forza.
Il problema è che latita qualunque altra cosa.
Riassumo brevemente la trama: la storia è ambientata in un'Inghilterra vittoriana alquanto alternativa. Protagonista principale è Ray Steam, un ragazzetto che si ritrova in possesso di potentissimo congegno studiato dal babbo e dal nonno prodigiosi inventori, e viene coinvolto in un intrigo internazionale in cui potenti assortiti delle più diverse nazioni vogliono mettere le mani sul marchingegno per farne impiego a scopi bellici. Tanto per gradire si piazza nell'ambaradàm anche un personaggio realmente esistito, Robert Stephenson, e uno femminile che è ça va sans dire coetaneo del protagonista e si distingue per avere il carattere da bimbaminkia viziata della sua omonima Scarlett O'Hara. E in tutto ciò non manca un sapido bignamino di cliché freudiani, con il babbo, il nonno e il ragazzetto l'un contro l'altro armati.
In sintesi, la sagra del già visto.
A ciò si aggiunge che il character design fa pena, cosa ancora più evidente in paragone all'incredibile bellezza delle macchine (clamorosa la Torre Steam, vero e proprio monumento di tecnologia), che nessun personaggio ha uno sviluppo personale qualsivoglia, e che il finale per banalità e scontatezza fa cadere le braccia. Sul doppiaggio italiano stendo un velo pietoso, ma va detto che almeno in questo caso non può fare più che un tot di danni.
Non rivelo altro, putacaso a qualcuno venisse voglia di vedere Steamboy.
La critica statunitense, va detto, ha un'opinione migliore della mia. Da più d'uno è stato sottolineato il fatto che è un film d'azione di notevole impatto, e che il rapporto fra le tre generazioni della famiglia Steam è complesso, sfaccettato e ricco di sottintesi. Personalmente codesta complessità non l'ho rilevata (può trovare spunti di interesse solo qualcuno che sia del tutto a digiuno di psicoanalisi spicciola, pertanto di età presumibilmente sui cinque anni), e quanto all'impatto in qualità di film d'azione, l'unico riconoscibile e ripetuto a iosa è quello dei più assortiti marchingegni e armi che piombano per ogni dove facendo più casino possibile. Ma visto che gli americani son stati nutriti negli ultimi trent'anni con i cosiddetti high concept movies, la cui trama si può più o meno riassumere su un post it, non mi stupisce l'abbiano trovato soddisfacente.
Forse mi chiederete: in tutto ciò, cosa c'entra quell'ameno romanzo di Tomasi di Lampedusa?
C'entra.
C'entra in particolare quel brano in cui il principe Fabrizio medita sullo stato del Regno, e sul Re in particolare, mentre il cane Bendicò gli devasta allegramente il giardino. Il Re attuale è un seminarista in divisa da generale, e pure quello precedente non è che valesse granché. Mio cognato, riflette il principe, ribatterebbe che al di là di chi la rappresenta, l'idea monarchica rimane quella che è. E osserva al proposito: "Vero anche questo; ma i Re che incarnano un'idea non devono, non possono scendere, per generazioni, al disotto di un certo livello; se no, caro cognato, anche l'idea ci patisce".
Mi sembra si attagli parecchio a quanto detto sopra.
La mancanza di sostanza non è caratteristica solo di Steamboy, ma mi sembra che il film di Otomo sia degno rappresentante del fenomeno. Quale che sia la confezione, il contenuto è zero.
Il che è lecito, per carità.
Ma se il risultato è immancabilmente la perdita secca di due ore in media in cui uno avrebbe potuto dedicarsi ad altro ed è rimasto davanti allo schermo nella speranza di un guizzo, uno qualsiasi, che giustificasse l'impiego di quelle due ore, non so voi, ma io comincio a irritarmi.
E' tendenza comune, non solo nel campo dell'animazione o cinematografico tour court. Nell'ambito in cui lavoro, ma qualunque altro può fornire argomenti al riguardo, la fuffa impera in vivace veste grafica, servendo contenuti strabolliti ripresi pari pari dalle agenzie di stampa. E io stessa mi trovo più volte a discutere con i colleghi sul fatto che quegli inutili orpelli chiamati testi forse un loro rilievo lo hanno.
Il risultato è che sempre più qualunque cosa, che si tratti di stampa, di cinema, di cucina, fosse anche di coltivazione delle ortiche, sempre più ha spessore e consistenza pari a zero. Col risultato che non solo ci patisce l'idea che detti argomenti incarnano, qualsiasi essa sia, ma anche le idee di chi legge quell'articolo o quel libro, vede quel film o mangia quella pietanza, eccetera.
Qualcuno mi dirà che l'idea, nonché la sua rilevanza, è roba vecchia. Puzza di anni Settanta, con annessi e connessi.
Ne convengo.
Ma non per questo va buttata tout court nel rusco. Perché l'idea, o concetto che dir si voglia, è importante quanto la forma. Se la si trascura, va a finire che il risultato è noia.
E a nessuno, credo, piace annoiarsi.
Come che sia sono lieta, veramente lieta di aver visto Steamboy a costo zero.
Perché se putacaso, seguendo i consigli dei rompiballe che tutto sanno, avessi comperato il DVD (ora disponibile in preziosa confezione Deluxe con disco di contenuti speciali e amenità varie a prezzo, ovviamente, di favore), sarei andata a caccia di Katsuhiro Otomo armata del vecchio, caro, analogicissimo e totalmente anti-steampunk spingardino caricato a sale di zio Paperone.
E credo gli sarebbe piaciuto quanto a me è piaciuto il suo film.

2 commenti:

  1. Io ho coprato il DVD prima di vederlo. Non sapevo. Che tristezza.

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  2. Beh, puoi sempre rivenderlo su Ebay :D
    Per quanto mi riguarda, onde evitare sòle, da anni ho adottato con ampia soddisfazione il seguente modus operandi: rompo le balle per il prestito all'amico otaku di turno, oppure mi affido alla nota emittente TeleMulo. Se ne avvantaggia il portafogli e, in diversi casi, anche l'umore :)

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