Qualche tempo fa c'è stata una gran canizza causa articolo, pubblicato su uno dei più titolati quotidiani italiani, dedicato alle quintalate di pane che ogni dì vengono buttate in quel di Milano. Guardacaso, detto articolo è stato pubblicato due o tre giorni dopo il Capodanno, periodo in cui più o meno chiunque si ritrova con una vagonata di cibarie che o sono finite giù per il secchio o son destinate a metter muffa in frigo o in dispensa e pertanto è più probabile che sia sensibile all'argomento spreco rispetto ad altri momenti: il che ha garantito nell'edizione online di detto quotidiano una pletora di commenti e, se ne deduce, svariate pagine viste.
La succitata canizza ha visto pure l'intervento di grandi luminari quali il cardinal Bagnasco e Claudio Magris: che ci azzecchino un alto prelato e uno studioso di cultura mitteleuropea con un problema che mi sembra principalmente di natura economica mi sfugge, ma il Corriere non pare avere i dubbi che ho io, visto che pubblica anche amene articolesse in cui un politologo ultraottantenne sentenzia sull'impossibilità di integrazione dei musulmani nel Vecchio Continente infilando una corbelleria dopo l'altra.
A fare un po' di pulizia sulla faccenda sono quindi intervenuti gli allegri pazzerelloni di NoisefromAmerika.org, che han spiegato con dovizia di particolari perché indignarsi non serve a un beneamato zero. Una lettura interessante, soprattutto per chi di economia non capisce un accidente come la sottoscritta. Soprattutto interessante è il fatto, come si desume da un tot di commenti sull'argomento, che in realtà a sprecare la maggior quantità di pane non siano panetterie, supermercati e quant'altro bensì i singoli acquirenti, che ne prendono a iosa per poi farlo finire nel rusco.
Il che mi indigna assai più dello spreco della grande e piccola distribuzione.
Primo, perché per secoli il pane raffermo è stato ingrediente basilare di qualunque cucina e volendo c'è di che sbizzarrirsi: nel mio Sannio abbonda il pancotto condito nei modi più vari, in Toscana è un caposaldo la ribollita, e piatti come i carciofi imbottiti, le polpette o il polpettone, gli involtini di verdura, le patate arracanate, le melanzane o le zucchine ripiene senza il pane vecchio non si potrebbero preparare; se poi si punta verso l'estero, basta pensare a piatti diversissimi come il gazpacho e lo strudel per averne la riprova.
Secondo, perché basta ben poco perché il pane non diventi raffermo: è sufficiente surgelarlo per poi impiegarlo al bisogno oppure, se è vecchio di qualche giorno, farlo bruschettare. Basta un minimo di attenzione, no?
Poi capita che anche il più attento si ritrovi con del pane che, rimasto sepolto per qualche motivo nei più reconditi recessi della dispensa, abbia la consistenza e durezza di un tocco di travertino. O magari, come è successo a me, della pizza bianca.
Sulla scorta del ricettario familiare, detta pizza è stata impiegata per fare una versione riveduta e corretta del tradizionale pancotto sannita.
Ingredienti:
cinque o sei zucchine
una cipolla di discreta grandezza
un barattolo di salsa di pomodoro o di pelati da quattro etti circa
due cucchiai d'olio
una manciata di parmigiano
un paio d'etti di pizza bianca rafferma (in sostituzione, del pane secco va benissimo)
Preparazione:
tagliate fine la cipolla e mettetela a stufare in una pentola antiaderente con l'olio e un cucchiaio d'acqua; quando è diventata trasparente versate il pomodoro, coprite con il solito coperchio di vetro e fate sobbollire a fuoco bassissimo per una decina di minuti. Nel frattempo lavate le cucuzze e tagliatele a rondelle o mezze rondelle che non siano troppo sottili e mettetele quindi nella pentola a far compagnia al sugo, sempre a fuoco basso e sempre tenendo coperto. Le zucchine hanno la tendenza a cacciare un sacco d'acqua: il che, in questo caso, va benissimo. Quando sono al dente prendete la pizza, tagliatela in quarti, ponetela sui lati di una capiente scodella e versate pian piano le zucchine nella scodella succitata, facendo in modo che il sughetto imbeva per bene i pezzi di pizza. Attendete un paio di minuti finché la pizza non è diventata morbida (se avete impiegato il pane raffermo non attendete, in quanto è maggiormente poroso e perderebbe di struttura), condite con il parmigiano e portate in tavola.
Questa ricetta è suscettibile di infinite variazioni, che potete mettere in pratica a seconda della disponibilità e fantasia.
Per cui, nel caso vi avanzasse del pane o della pizza raffermi, non dategli l'umiliazione di un'indegna sepoltura nella mondezza.
E' più che probabile che vi risolvano la cena.
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