Ieri pomeriggio Dottor P è venuto a studiare con l'amato bene in vista dell'ennesimo esame.
Essendo stata informata in anticipo, gli ho fatto il pianto greco pregandolo di portare un po' di quelle castagnole che, come si è potuto leggere in un precedente post, mi erano come si suol dire "arremaste 'n canne" (traduzione per i non sanniti: "rimaste sul gozzo") giacché a casa mia per motivi logistici le fritture sono bandite.
Dottor P ha ben pensato di presentarsi con una guantiera (vassoio in grado di sfamare il Settimo Granatieri) ricolma di castagnole classiche e aromatizzate con alkermes. "Come da tua richiesta, le ho fatte un po' grandine in modo che tu le possa farcire con la crema pasticcera", ha dichiarato soddisfatto poggiando detta guantiera sul tavolo.
Io ovviamente ho scoperto in quel momento che la mia dispensa piangeva miseria, e sono riuscita ad evitare una figura barbina solo grazie al provvidenziale intervento di mia sorella (che mi ha portato gli ingredienti mancanti due ore dopo la telefonata in cui mi annunciava trionfalmente "sto per uscire!", ma essendo Pilù mia tarata sul fuso orario di Tokio un ritardo sì contenuto è un exploit).
Per rimediare alla potenziale figuraccia ho quindi deciso di stupire Dottor P mostrandogli che, in base al notorio principio che recita "non si butta via niente", con le chiare d'uovo avanzate dalla preparazione della crema si ammannisce un panettone di notevole bontà.
L'ingrediente principale tradisce la sua origine temporale: la ricetta risale infatti a quell'ameno periodo di cui si dice che i treni arrivassero in orario, cosa di cui è ragionevole dubitare, e le donne dovessero compiere in cucina spericolate acrobazie per portare il pasto in tavola senza infliggere colpi mortali al bilancio familiare, il che è invece certo e comprovato. L'autrice è la leggendaria Petronilla, nume tutelare delle casalinghe del Ventennio capace di architettare pietanze impiegando materie prime improbabili come le bucce di piselli. Giacché di bianchi d'uovo ne avevo appena un paio anziché i quattro prescritti dalla ricetta originale, ho tentato una variante che ha sortito risultati lusinghieri.
Ingredienti:
due chiare d'uovo
75 grammi di zucchero
75 grammi di burro morbido
150 grammi di farina
150 grammi di latte
un cucchiaio di rum da cucina o altro liquore adatto (marsala, punch o quello che avete sotto mano)
mezza bustina di lievito per dolci (circa 8 grammi)
Preparazione:
per prima cosa portatevi avanti con il lavoro preriscaldando il forno a 180° e imburrando e infarinando una piccola teglia del diametro massimo di 20 centimetri (se 15 è meglio) o uno stampo poco più grande provvisto di buco al centro, quindi mettetevi all'opera.
In una capace ciotola di coccio montate a neve gli albumi con lo sbattitore elettrico impiegando il solito trucco dell'aggiunta di un pizzichino di sale onde facilitare l'operazione. Quando hanno assunto la consistenza adeguata (per sincerarvene inclinate la scodella a 90°: se non scivolano, son montati a sufficienza), aggiungete lo zucchero sempre impiegando lo sbattitore a tutta velocità, quindi il burro morbido, poi la farina e da ultimo il lievito sciolto nel latte: per queste ultime due fasi impostate lo sbattitore a una velocità inferiore o vi troverete il grembiale e la cucina in tutto simili a un quadro di Pollock.
L'impasto alla fine dovrà avere una consistenza morbida ma non liquida: versatelo nella teglia o stampo che sia, scuotete lievemente per pareggiarne la superficie e mettete serenamente nel forno. Per la cottura basterà una mezzoretta scarsa: non fate facce perplesse se vedete che la superficie resta candida come neve anziché colorirsi come succede in genere con le torte, giacché senza rossi sarebbe volere la luna. Ci si potrà sincerare dell'avvenuta cottura tramite la consueta prova stecchino: se punzonando il dolce esce asciutto, è il momento di cavarlo dal forno.
Aspettate qualche minuto onde evitare sgradevoli ustioni, quindi con abile mossa e l'aiuto di un piatto togliete il panettone dalla teglia e mettetelo a raffreddare su una gratella (in alternativa, poggiatelo su una scodella che sia grande a sufficienza ma non tanto da farvi precipitare dentro il dolce), in modo che l'umidità in eccesso evapori.
Tagliato a fettine sottili artisticamente disposte a raggio intorno alla crema pasticcera, il panettone di chiare d'ova darà a voi e ai vostri ospiti soddisfazione gastronomica all'insegna del motto sannita "sparagno e comparisco" (ovvero, "risparmio e faccio bella figura").
Se poi avere a cena o a merenda quelle belle figure di studiosi di antropologia, storia contemporanea e sociologia del costume, o anche ingegneri per i quali come si sa conta il principio del massimo risultato con il minimo sforzo, rivelategli l'origine della ricetta: vi beccherete una standing ovation, e son cose che fan sempre piacere.
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