giovedì 21 gennaio 2010

Zuppa di ceci

Oggi, almeno qui, è una bellissima giornata di sole.
Ciononostante, fa un freddo becco.
Vorrei ben vedere, direte voi: siamo in gennaio.
Non posso ragionevolmente darvi torto. Ma darei non so cosa per avere addosso un maglione che abbia lo spessore e le dimensioni di una pecora ben pasciuta, e una bella minestra calda da gustare anziché lo yogurtino che sto mestamente scucchiaiando per pranzo.
Posto la ricetta della zuppa di ceci, nella speranza che per autosuggestione mi scaldi un po'. E' infatti una di quelle pietanze che riescono a scacciare anche il gelo invernale sannita; e per avere un'idea del clima che caratterizza il mio paesello, basti citare la battuta che un signore napoletano, trovatosi a sfollare in Molise durante l'anno di grazia 1942, rivolse a mio nonno: "Don Gennà, ma com'è ca in questo paese fanno ùnnece mìsce 'e fridde e une 'e frìsche?".
Ho pertanto la ragionevole speranza che basti la sola idea della zuppa a mettere al tappeto il freschetto dell'Urbe. Proviamo.

Ingredienti:
tre etti di ceci secchi (non quelli in scatola, per pietà)
una foglia di lauro
uno spicchio d'aglio
uno sferzellone (per i non sanniti, peperone secco dalla piccantezza moderata)
tre o quattro cucchiai d'olio

Preparazione:
anzitutto mettete i ceci a bagno in abbondante acqua in cui avrete sciolto un cucchiaino di bicarbonato. La permanenza in acqua deve essere di almeno otto ore, a meno che non vogliate mangiare dei gustosi pallini di fucile: non pensate di cavarvela con meno. Pertanto metteteli a mollo la sera prima se volete la zuppa per pranzo, o la mattina se la volete servire a cena.
Una volta ammollati i ceci, lavateli molto bene sotto l'acqua corrente e metteteli a cuocere in discreta quantità d'acqua (li deve quantomeno coprire) addizionata con la foglia di lauro e un pochino di sale. Devono cuocere un bel po' e a fuoco basso: calcolate almeno un'ora. Dopo detto lasso di tempo saranno diventati belli tenerelli: se così non è, fate andare la cottura per un'altra mezz'ora. Se pure dopo la mezz'ora hanno la consistenza del cosiddetto sercius vulgaris vuol dire che, come dice la zia Lella, "allore è qualetà", e siete autorizzati a impiegarli come proiettili per cerbottana usando quale bersaglio chi ve li ha forniti: se lo merita.
Nel caso sia andato tutto liscio, prendete una pentola antiaderente o meglio ancora di coccio, metteci l'olio, lo spicchio d'aglio privato del germoglio e schiacchiato e lo sferzellone intero, e ponetela su fuoco bassissimo: l'olio deve infatti scaldarsi ma non friggere. Versateci quindi i ceci e un paio di mestoli dell'acqua di cottura, date una mescolata, coprite il tegame con il fido coperchio di vetro e lasciate insaporire per una ventina di minuti.
Quando è arrivato il momento di mangiare, versate la zuppa nei piatti o in una bella scodella e portate in tavola. Nel caso abbiate impiegato la pentola di coccio, portate a tavola direttamente quella. Se poi fornite ai commensali un po' di olio santo (che da noi non è quello per le estreme unzioni, bensì extravergine con robusta dose di peperoncino piccante), non fate un soldo di danno.
Per inciso, io ho ancora un freddo becco.
Si vede che o sono una capra in fatto di autosuggestione, o che il freschino dell'Urbe è più gagliardo di quello che credo io.
Se qualcuno mi facesse avere una cioccolata bollente espressa gli sarei grata.

6 commenti:

  1. M'hai convinto, anche perché la ricetta è praticamente la stessa della mia famiglia e m'è venuta nostalgia di casa. Ho comprato i ceci (a peso d'oro) e mi sto facendo la zuppa! :D Certo, manca l'ingrediente segreto fondamentale (l'alloro), ma qui in terra norvegese ci si deve arrangiare, oh.
    Poi ti dirò come viene :D

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  2. Eh, purtroppo con i ceci ci sta bene o l'alloro o il rosmarino: non ci sono molte alternative. Se però riesci a beccare un negozietto di alimentari mediorientale (ci sono da noi, vuoi che non ci siano nella civile Norvegia?) procurati un po' di cumino e dell'aglio, così ti passo la ricetta dello hummus: non sarà la zuppa di ceci casalinga, ma ha il suo che. Fammi sapere!

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  3. Il negozio mediorientale c'è eccome (seguirà post su Bergen Calling), e la prossima volta che ci passo non mancherò di cercare il cumino che non dubito di trovare: l'assortimento di spezie è impressionante anche nei comuni supermercati, figuriamoci in un posto così! :) E poi io adoro l'hummus! Devo solo procurarmi un qualche attrezzo per ridurre i ceci in purée.
    Per la cronaca, comunque, la prova zuppa è stata superata alla perfezione! Marco può testimoniare :P Ho applicato alcuni "tweak" pugliesi come l'aggiunta del pomodorino, che ha insaporito il tutto. Non c'è zuppa che non benefici di un tocco di rosso, per me è una specie di fissazione, anche se molti storceranno il naso ;)

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  4. Pomodorino? Nella zuppa di ceci?
    Confesso che sono perplessa, e che in casi come questi la mia metà sannita prevale nettamente sul mio quarto pugliese. Niente di più facile che io sia scioccamente prevenuta: vorrà dire che quando tornerai in lidi più temperati mi farai assaggiare la tua versione :D

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  5. Vorrei sapere,per mera curiosità,di quale paesello sannita si parla.Tutte le ricette ed in particolare la descrizione della festa di San Giuseppe somigliano moltissimo a quelle dei racconti di mio padre originario del molise.Ritenevo che, essendo mio padre nato nel lontano 1901,queste tradizioni fossero ormai quasi scomparse.Apprendo invece con sorpresa e molto piacere che sono ancora vive e frequentate grazie anche alla meritoria opera di divulgazione operata da persone,come la fantomatica jessie, che amano e rispettano le proprie radici.Questa è vera cultura!

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  6. Ehm... Diciamo che, per motivi assortiti di privacy, preferisco non citare l'ameno paesello sannita di cui sono originaria :) Posso però confermarti che, dopo un periodo immediatamente a seguire del boom economico (da noi arrivato parecchio in ritardo: la mondezza grossa l'hanno portata gli anni '80) in cui tutto quello che era tradizionale era brutto e da poveracci e andava buttato via, ora si registra una decisa inversione di tendenza. E' ovvio che i tempi cambiano, e che essendo oramai scomparsa la società agricola in cui tante cose sono nate, certi riti danno oggi la sensazione di essere dei "cadaverini" riportati in vita per testardaggine (non conosco nessuno, almeno fra i giovani, che chieda una grazia specificamente a San Giuseppe promettendo di fare la tavolata per la sua festa). Però sono diventati riti collettivi, e così si sono salvati: cosa che mi riempie davvero di gioia.

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