Come la stragrande maggioranza degli esseri umani, io ho un sogno.
E' un sogno piccolo. Niente a che vedere con sogni grandi e importanti, ad esempio quello dell'associazione che porta il nome della celeberrima frase di Martin Luther King, e alla quale toccherà sognare ancora a lungo, visto che una certa legge proprio ieri è stata affossata in Parlamento con scuse a dir poco risibili.
Il mio sogno è avere un balcone ove batta il sole.
Perché grazie all'esposizione del palazzo dove abito, il quale palazzo è stato costruito in barba a qualunque buonsenso e a qualsivoglia piano regolatore come spesso accade nell'Urbe, il mio si becca un po' di luce a malapena un'ora al giorno. Questo in estate, perché per i restanti mesi dell'anno manco quello.
Conseguenza è che le uniche piante che vi possono prosperare sono muschi e licheni, e che qualunque altra specie appartenente al mondo vegetale sceglie di commettere suicidio.
Il basilico, ad esempio, che è una delle piante che più mi piacciono, anche per questioni affettive: al mio paese, dove ogni balcone ne reca minimo due o tre esemplari, si chiama vasenecole, che tradotto letteralmente significa "bacia Nicola". Ditemi voi se non è bellissima una pianta che ti invita a baciare qualcuno.
Fatto sta che il baciatore di Nicola sul mio balcone i baci del sole non se li prende mai. E nonostante tutte le cure, le povere piantine che mi ero ostinata a coltivare erano rimaste alte mezzo palmo scarso e avevano assunto il colore di un divo del muto.
Questo fino a quando il mio amico Mauro non mi ha proposto di fargli fare un po' di villeggiatura a casa sua.
Quando sono tornate, erano dei baobab che sfoggiavano foglie di un verde in technicolor quasi insultante.
Un invito irresistibile a mettersi ai fornelli.
Questo è il risultato dell'invito irresistibile, che è stato servito a Mauro qualche sera fa. La ricetta, ça va sans dire, è dedicata a lui con gratitudine.
Ingredienti:
mezzo chilo di strascinati (che per chi non lo sapesse è quella squisita pasta pugliese assai simile alle orecchiette)
un etto di pomodorini
mezz'etto circa di foglie di vasenecole, lavate e asciugate con un canovaccio (non con la carta, per cortesia: ci patiscono)
due cucchiai di formaggio grattugiato (grana o parmigiano vanno benissimo, ma se vi procurate del cacioricotta è il non plus ultra)
un paio di cucchiai d'olio
uno spicchio piccolo di aglio
Preparazione:
in un capace pentolone mettete a bollire adeguata quantità d'acqua con la regolare manciata di sale e con il regolare coperchio, così fate prima e risparmiate sulla bolletta del gas.
Nel frattempo togliete all'aglio il germoglio, fatelo a pezzetti e frullatelo insieme al cacioricotta e all'olio. Se non avete il frullatore, ritenetevi oggetto di un'occhiataccia ben assestata e procedete come segue: con la comune grattugia tritate lo spicchio facendo attenzione a non grattugiarvi anche le dita, e con santa pazienza mescolatelo agli altri ingredienti impiegando il cucchiaio di legno che riservate a salse e intingoli.
Nel mentre che voi siete in tal modo impegnati, l'acqua in pentola avrà iniziato a bollire gagliarda: buttateci gli strascinati e date una mescolata per far sì che non si appiccichino.
E' arrivato il momento di impiegare 'u vasenecole: con le manine sante spezzettate le foglie (perché non con il coltello che è tanto più comodo?, mi chiederete: perché al contatto con il metallo si sciupano, e già avranno quello poco gradito con le lame del tritatutto) e mettetele nel recipiente del frullatore. Poidiché azionate il marchingegno, e fatelo a intervalli brevissimi e solo quel tanto che basta a ottenere una crema liscia e verde. Non di più, altrimenti la cremina si riscalda e anziché verde brillante assume un poco ameno color marroncino: il sapore non ne risente molto, ma il naso e l'occhio sì, e pure loro voglion la loro parte.
Se non avete il frullatore per questa fase, sono veramente crauti (cavoli acidi, per coloro che avessero poco dimestichezza con la cucina teutonica). O vi procurate qualcosa di molto simile a un pestello e pestate il tutto con movimento circolare fino a ridurre in crema il basilico, rassegnandovi al fatto che ci metterete un tempo infinito, oppure tagliuzzate le foglie in pezzi il più possibile piccoli e rimestate il tutto energicamente con il cucchiaio di legno. L'effetto visivo sarà una ciufega, ma il sapore sarà buono comunque.
Travasate la salsa al basilico nella zuppiera che impiegherete per la pasta e aggiungeteci un cucchiaio o due dell'acqua di cottura in modo da renderla più fluida.
Tagliate i pomodorini in pezzi, eliminate l'acqua in eccesso e semi se ce ne sono, e lasciateli da parte.
Scolate gli strascinati non appena sono al dente, buttateli roventi come sono dentro la zuppiera e mescolate per bene aiutandovi con due cucchiai facendo movimenti dal basso verso l'alto.
Aggiungete quindi i pomodorini, date una mescolata veloce, prendete la zuppiera con un bel canovaccio spesso (accorgimento necessario perché scotta come l'inferno) e portate in tavola.
E mentre state mangiando, ripensate ai santioni che avete cacciato mentre litigavate con grattugia, pestello, cucchiaio di legno e quant'altro, e fatevi una nota mentale per comperare alla prossima occasione il benedetto frullatore.
Qualcuno mi chiederà: ma chi vuoi che non abbia un frullatore nella sua cucina?
Che domande: gli ingegneri.
E gli informatici.
E i grafici.
E i matematici.
E i programmatori.
E tutta una serie di altre categorie che, so da fonte sicura, leggono questo blog.
E che invito caldamente a dotarsi di attrezzi atti a spignattare, perché se continuo a dover aguzzare l'ingegno onde suggerire espedienti per supplire a codeste mancanze, diventerò Jessie MacGyver, e non ci tengo davvero.
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