I miei gusti musicali sono oggetto a turno di sospettosa curiosità o aperto ludibrio da parte di chi mi conosce.
La sospettosa curiosità è dovuta al fatto che, a parte i consueti classici pop e rock, ascolto cose a loro dire quantomeno singolari come misconosciuti gruppi post punk e new wave (fino a Joy Division ci arrivano, ma quando si tratta dei Passage oppure degli Orbidoig scuotono la testa anche i più fini cultori) oppure, sempre a loro dire, coperte da strati e strati di muffa come il madrigale nelle sue diverse declinazioni o peggio ancora simpatici pazzerelloni come Arvo Pärt.
L'aperto ludibrio scatta quando mostro la mia predilezione per gente che era sulla cresta dell'onda in quel periodo in cui si marciava per non marcire: mi basta accennare la prima strofa di Ho un sassolino nella scarpa per suscitare risate manco fossi Gigi Proietti al top della condizione.
Pare infatti che per ascoltare Rabagliati, Natalino Otto o il Trio Lescano sia condizione ineludibile il veleggiare per la novantina.
Alle loro esplosioni di ilarità, ribatto sempre che se non ci fossero stati signori come i succitati, in grado di sdoganare in salsa italica lo swing, i nostri nonni e genitori sarebbero affogati nelle mestizie dell'autarchia culturale (mia zia ancora ricorda come si fosse costretti ad ascoltare i dischi jazz americani fortunosamente importati a bassissimo volume, pena occhiatacce dei vicini o peggio ancora), ma ciò non pare sortire effetto alcuno. Sicché loro continuano a sghignazzare e io a riascoltare a intervalli regolari Maramao perché sei morto o Camminando sotto la pioggia.
Insieme a Natalino Otto, le Lescano sono state le mie predilette fin da quando ero piccina. Sarà per il fascino che esercitavano le loro armonie vocali, che ancora adesso trovo di qualità sublime, o forse per l'accento. Solo quando sono cresciuta ho scoperto, e me lo avrebbe dovuto render chiaro il loro successo più famoso, che erano olandesi. Molto più tardi ho scoperto come tre signorine olandesi fossero andate a finire nell'Italietta dell'aratro che traccia il solco. E ancora più tardi sono venuta a sapere perché fossero letteralmente finite nel nulla.
Per la cronaca, il trio era composto da tre sorelle: Alexandrina, Judith e Katharina "Kitty" Leschan, cognome che ovviamente venne autarchizzato in Lescano così come i loro nomi: Sandra, Giuditta e Caterinetta. Erano figlie di un contorsionista ungherese e di una madre olandese cantante d'operetta, e come contorsioniste iniziarono a far carriera nel mondo dello spettacolo. Pare fossero parecchio brave: e se è vero, come sosteneva Louise Brooks, che la danza è l'allenamento migliore per recitare, il contorsionismo lo deve essere per cantare, se non altro perché il fiato impari a usarlo e risparmiarlo molto, ma molto bene.
Dopo una serie di peripezie e tournée massacranti in giro per l'Europa, a metà degli anni Trenta vennero notate in un minuscolo circo vicino Verona dal direttore artistico della sede torinese dell'Eiar (ovvero l'antenata dell'attuale Rai), che decise di impiegarle come trio specializzato nel vocalese, uno stile di cantato virtuosistico tipico della musica swing e jazz.
Il successo fu incredibile: centinaia di migliaia di dischi venduti (solo del loro hit più celebre, Tulitulipan, pare ne venissero acquistate oltre 350.000 copie), esaltazioni della stampa italiana e un'orda di fan entusiasti, fra i quali anche il pelato di Predappio che volle conoscerle. Con il successo vennero anche numerosi tentativi di imitazione, ma funzionarono fino a un certo punto. "Forse perché si somigliavano tanto, forse perché si vestivano in un certo modo, forse perché il loro cantato era simile a un miagolio - un piacevole miagolio, molto piacevole - loro vengono ancora ricordate", dice in un documentario Lidia Martorana, cantante che i cultori ricordano per la temibile Paquito lindo (sbertucciata in maniera sublime da Proietti e Arbore qualche anno fa) e che fu parte di uno di quei trio simil-Lescano.
Il piacevole miagolio assicurò alle sorelle Leschan una popolarità tale da portarle, oltre che sulla stampa, anche nel cinema (con numeri musicali nei famigerati film dei telefoni bianchi) e persino a casa Savoia. L'ascesa pareva irrefrenabile.
Lo sarebbe stata, se non fosse per un piccolo particolare.
Un particolare su cui, vista l'incredibile fama del Trio e gli incassi che portava, si glissò nel 1938, ma che nel 1943, con mezza Italia divenuta RSI, non si poteva ignorare.
La madre delle sorelle Leschan era ebrea.
Da un giorno all'altro scomparvero, letteralmente. La Eiar e la connessa casa discografica Cetra sciolsero qualunque contratto. Le canzoni già registrate uscirono a nome Trio Cetra. E nel novembre del 1943 vennero addirittura arrestate a Genova, perché accusate di mandare messaggi in codice al nemico con le loro canzoni. La detenzione durò poco, ma fino alla fine della guerra furono costrette a nascondersi sotto falso nome.
Nel dopoguerra, almeno in Italia, se ne perdono le tracce. Dopo qualche concerto, tenuto nemmeno con la formazione originaria, una lunga tournée in Sud America. Poi lo scioglimento. Una delle tre, Alexandra, torna in Italia. Lì la scoverà un settimanale, che la intervista poco prima della morte nel suo appartamentino di Salsomaggiore.
Dopo questo, il nulla.
E dire che l'interesse, da parte degli appassionati italiani, mi risulta sia notevole.
Lo prova fra l'altro un bel documentario, Tulip Time, realizzato nel 2008 da Tonino Boniotti e Marco De Stefanis.
Per una casa produttrice olandese, la Memphis Film.
In Olanda, dopo la presentazione in diversi concorsi, è stato proposto in televisione. Da noi no, nonostante sia stato coprodotto dalla Rai.
Si vede che nei palinsesti attuali non vi è posto.
O forse il motivo è un altro.
Agli italiani non piace che gli si ricordi che no, non siamo brava gente.
Post scriptum:
uno degli amici sbeffeggiatori mi comunica che la Rai non avrà trasmesso Tulip time, però ha in cantiere una di quelle belle fiction in due puntate in cui ripercorrerà la storia del trio.
Titolo, "Le ragazze dello swing". Cast ancora da definire, ma già si sa che a interpretare Alexandra Leschan sarà Andrea Osvart.
Sì, miss Scena Muta di uno degli ultimi festival di Sanscemo.
Non so il perché ma, come si suol dire nell'Urbe, me viè da piagne.
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EHI! Anch'io mi ascolto le canzoni del periodo...
RispondiEliminaDavvero? Sorella :D
RispondiEliminaSpero solo che nessuno ti ricopra di sfottò come succede alla sottoscritta...
Baci a te, al babbo e alle cucciole :*