mercoledì 3 febbraio 2010

Taratuòffele (biscotti farciti espressi)

"Uh, e questi che sono?"
"Lasse sta', che ci sono venuti male..."
"Zì, vi saranno pure venuti male, ma c'hanno un profumo da svenimento..."
"Ma vatténne! Li abbiamo fatti in due minuti..."
"Gnam... gnam... ecco, motivo in più per dirmi come li avete fatti. Sono buoni veramente."
"Eh, figurati, con quel po' di marmellata di fichi che era avanzata, non sapevamo che farci, il barattolo era pure ingombrante..."
"Gnam... ma la pasta... gnam... quali sono gli ingredienti e in che proporzione?"
"Guagliò, so' contenta che ti piacciono, ma questo mica vuol dire che li devi finire, eh?"
"Ehm... Pardon."
Come molte maestre del mestolo e del mattarello, zia Maria e zia Lella son note per improvvisare le pietanze a seconda di quanto hanno sottomano. Ovviamente i risultati sono sempre notevoli, e questi biscotti non fanno eccezione. Inseguendole come solito per tutta casa sono riuscita a carpire la ricetta, le cui dosi riporto come più o meno esatte in quanto loro, of course, cucinano a occhio. Le zie riferiscono che oltre alla marmellata di fichi qualunque altra conserva di tipo compatto può dare ottimi risultati. Io aggiungo che, essendo codesti biscotti facili e veloci da preparare, rientrano a buon diritto nella categoria dei dolci espressi da fare quando bisogna approntare alla velocità del suono una merenda come si confà. Mi riprometto quindi di proporli quanto prima all'amato bene per farmi perdonare di un commento non proprio gentile sulla categoria degli ingegneri rilasciato sull'ultimo post di Passodoppio, il blog dell'ineffabile bimamma Valentina.
Quanto al nome - che è importante, giacché (il Libro docet) le cose non hanno esistenza e identità finché non le si provvede di ciò - zia Maria suggerisce taratuòffele, che nella lingua del mio paese designa le cose fatte pasticciando alla velocità del suono, nonché le persone che, per l'appunto, sono use far le cose pasticciando.

Ingredienti:
circa 300 grammi di farina
2 uova
120 grammi di zucchero
80 grammi di burro
un cucchiaino di lievito, o meglio ancora di ammoniaca per dolci
la buccia grattugiata di un limone
rimasugli di marmellata atta allo scopo (di fichi, mele, amarene, arance, ciliege, prugne e quant'altro, purché non sia del tipo liquido)

Preparazione:
impastate velocemente gli ingredienti (marmellata a parte, ovviamente) sull'apposita spianatoia e una volta realizzata una bella palla di pasta armatevi di mattarello e stendete una sfoglia spessa un paio di millimetri. Da detta sfoglia ritagliate delle strisce dell'altezza di una quindicina di centimetri, quindi spalmate ciascuna striscia con la marmellata badando a lasciare su ciascun bordo un po' di pasta che ne sia libera: se ne avete di più tipi di conserva meglio ancora, così otterrete dei biscotti con gusti diversi. Ripiegate poi la striscia su se stessa in modo che diventi una specie di filoncino ed esercitate sulla superficie una lieve pressione con i palmi in modo che venga un po' schiacciata, come se faceste uno strudel.
Mettete quindi i filoncini su una teglia foderata di carta da forno, poneteli in forno già caldo a 200° e tirateli fuori quando hanno assunto un bel colore dorato e la cucina si sarà riempita di un invitante profumino biscottizio. Le zie si raccomandano a questo punto di aspettare che i filoncini si raffreddino una decina di minuti, altrimenti "al momento del taglio si rovina tutto come è successo a noi" (le zie, putacaso non si fosse capito, sono delle perfezioniste): quando sono a temperatura decente metteteli su un tagliere di legno - sconsiglio caldamente supporti in altri materiali a meno che non li vogliate ridurre in strisce - e ritagliate dai filoncini dei tozzetti dello spessore di un centimetro e mezzo circa, infine metteteli a biscottare nel forno spento ma ancora caldo.
I biscotti farciti, assicurano le zie, si conservano agevolmente per più giorni purché si abbia l'accortezza di conservarli nella solita scatola di latta, nonché quella di sottrarli alle ganasce d'acciaio della nipote di turno. La quale nipote ha avuto la faccia tosta di svuotare la succitata scatola lasciandone due esemplari per un sussulto di coscienza e beccandosi per tale motivo una valanga di ululati da mammà che si pregustava la merendina pomeridiana.
Temibili, gli ululati di mammà.
Ma perbacco, ne valeva la pena.

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