Il mio collega e meteo-man Giuseppe mi ha comunicato che oggi è la giornata più calda di una settimana che ad afa già non scherzava. Per cui niente fornelli. Si va avanti a frutta e insalata. E visto che mi pare assurdo accendere il condizionatore prima che arrivi giugno (mi direte: perché? Non c'è un perché. Diciamo che è una questione di pudore nei confronti di madre natura. O a scelta, una dimostrazione di testardaggine che rasenta l'idiozia), si impiegano i più recenti ritrovati della tecnica moderna. Come quello della foto.
Mi pare giusto dedicargli un post giacché il mio compagno di casa e di vita per regalarmelo ha speso un patrimonio. La cifra non la riferisco, ma rapportata ai materiali impiegati, ovvero qualche pezzo di bambù e un po' di carta, è un vero scandalo. Però è di autentica fabbricazione giapponese, e questo spiega tutto, o quantomeno spiega tutto agli otaku che hanno la pessima abitudine (per il portafoglio lo è, quantomeno) di acquistare oggettistica del Sol Levante. E poi, sul ventaglio c'è Totoro.
Non conoscete Totoro?
Vergogna.
Tonari no Tororo ("Il Totoro del vicinato" o "Il mio vicino Totoro") è uno dei più bei film nella storia dell'animazione giapponese, e non solo. Ed è uno di quei film che gli occidentali sembra proprio non riescano a fare.
La storia è semplicissima. Due bambine e il loro papà, per stare vicini alla rispettiva mamma e moglie che si sta curando in un sanatorio (ma si badi bene: la malattia viene trattata non come una tragedia, ma come una cosa normale, che può succedere faccia parte della vita, e dalla quale si può uscire sani e salvi), vanno ad abitare in una vecchia casa in campagna ai margini di una foresta. Nella foresta, all'interno di un enorme albero di canfora, abita Totoro. E' un buffo incrocio fra un gatto, una talpa e qualche altra bestiola pelosa, però in versione gigante. Non parla, in compenso fa crescere le piante, è capace di volare su una trottola e si sposta a bordo di un Gattobus. Le due bambine fanno amicizia con lui, e il padre non si stupisce né le deride quando le sente parlare dei loro incontri con questa singolare creatura metà animale e metà spirito protettore. Non ci sono conflitti, non ci sono incomprensioni, non ci sono tutti quei trucchi stantii che si ritrovano nei film occidentali ogni tre per due. In sostanza, Tonari no Tororo dice che la natura è una sorpresa, che la vita è un'avventura da vivere ogni giorno nei suoi aspetti anche minuscoli, e che le cose, pare strano, possono anche finire bene. E lo dice trasmettendo un senso di meraviglia a ogni fotogramma.
Non mi credete? Do yourself a favor: vedetelo. In Italia ancora non è disponibile e sui vari Amazon e ebay si trovano solo la versione originale e quella in inglese (a cura di mamma Disney, che grazie a John Lasseter ha fatto buon lavoro). Se non conoscete queste lingue, comunque, non credo si offenda nessuno se in un modo o nell'altro vi procurerete momentaneamente il film con i sottotitoli pazientemente tradotti e sincronizzati dai sempre lodevoli fansubber. Dopo averlo visto, sappiatemi dire. E preparatevi, con un po' di fortuna, a vederlo al cinema, l'unico luogo dove l'animazione di Hayao Miyazaki si può apprezzare come dio comanda: da mesi si mormora che tutti i film del Maestro mai arrivati in Italia per una serie di faccenduole (ma a questo dedicherò magari un altro post in futuro) saranno doppiati e proposti su grande schermo a cura di un'importante casa di produzione italiana. Io, personalmente, non vedo l'ora.
Come dite? La ricetta?
Fa caldo.
Cucinate voi. Suggerite voi.
Io al massimo posso arrivare a questo.
Prenderò il mezzo chilo di fragole di Terracina che, beate loro, si stanno godendo il fresco del frigo.
Le laverò, toglierò il picciolo, le taglierò a metà. Non di più, perché sono piccole, cosa che contraddistingue la fragola veramente buona.
Caracollando, mi recherò quindi sul balcone, e coglierò qualche fogliolina di menta dalla mia piantina.
Triterò grossolanamente le foglioline.
Prenderò quindi un vasetto di yogurt greco compatto, e lo metterò a cucchiaiate in due distinte coppette.
Accanto allo yogurt, metterò le fragole.
Sul tutto, le foglioline di menta tritate.
Darò una coppetta al generoso compagno di casa e di vita, e l'altra la scucchiaierò io. Poidiché, con il ventaglio, cercherò di fare ciò che viene descritto nel titolo di questo post.
Non sapete il giapponese? Nemmeno io, ma il mio compagno sì.
"Kaze wo atsumete" vuol dire "raccogliere il vento". E' il titolo di una bellissima canzone degli Happy End, che alcuni ricorderanno perché Sofia Coppola l'ha impiegata come sottofondo per i titoli di coda del suo film Lost in Translation.
Come dite? Chi sono gli Happy End?
Un'altra volta. Oppure cercate su wikipedia.
Buon sabato.
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