Se vi capita di trascorrere un giovedì nell'Urbe per qualsivoglia motivo (se per lavoro, consolatevi pensando che a Lambrate sarebbe peggio; se per vacanza, cercate di venire nella Capitale in una giornata che sia migliore di questa, dato che oggi con il bigio che c'è Lambrate a paragone sembra Honolulu), vedrete che nei menù di ogni trattoria gli gnocchi di patate hanno il posto d'onore. A casa mia il giovedì è invece da sempre dedicato alla combinata riso al sugo più polpette, per me menù quantomai squisito, mentre gli gnocchi son prerogativa della domenica.
Date canoniche a parte, lo scenario è sempre quello: tutta la famiglia che a tavola brandisce forchette e forchettine guatando la zia Lella con occhi speranzosi mentre lei, con aria inquisitrice, caccia la teglia dal forno e, dopo un'occhiata colma di spregio, sospira "l'altra volta mi sono venuti meglio".
Quale altra volta, ovviamente, non si sa: ci fosse un'occasione in cui sostenga che sì, la pietanza di turno le è venuta perfetta. E prima che ve lo chiediate, è altrettanto ovvio che non c'è una volta che la pietanza di turno non le venga perfetta. Gli gnocchi in particolare, che sono uno dei suoi riconosciuti cavalli di battaglia e di cui mia madre è in grado di spazzolarsi tranquillamente tre porzioni di fila (lo farebbero anche gli altri, se non venissero fulminati dall'occhiata possessiva di mammà, ma questo fra parentesi).
La zia sottolinea che la ricetta, oltre a essere lungamente sperimentata, è lesta e semplice da fare: pertanto ve la propongo in modo che possiate offrire ai vostri cari un bel piatto di gnocchi fumanti quando meglio vi garba, che sia di giovedì o meno.
Ingredienti:
un chilo di patate rosse (che son belle farinose e si prestano ottimamente)
due etti e mezzo di farina
un uovo
un po' di sale
sughetto di pomodoro casalingo
una bella manciatona di parmigiano
Preparazione:
lessate le le patate, pelatele dopo averle passate dopo l'acqua fredda onde evitare scene fantozziane, schiacciatele con l'apposito attrezzo (se non lo avete, fa niente: andate di forchetta) e su apposita spianatoia mescolatele a lungo a farina, uovo e pizzichino di sale. Nel mentre che impastate, fate scaldare abbondante acqua in apposita pentola che vi servirà per lessare gli gnocchi una volta pronti.
Fatto l'impasto, che dovrà risultare bello compatto, ricavatene quindi dei peccellatielle (filoncini spessi circa un dito e lunghi una quindicina di centimetri) e tagliateli in tanti pezzetti della lunghezza di un centimetro e mezzo circa.
Per la sicurezza della riuscita la zia Lella suggerisce a questo punto di fare lo “gnocco di prova”: prendete un cilindretto di impasto, passatelo con il dito sulla grattugia (se non avete manco la grattugia, forse è il caso di implementare gli strumenti della vostra cucina: in assenza, otterrete ottimi risultati passando detto cilindretto sull'interno dei rebbi di una forchetta all'uopo infarinata) e mettetelo nell'acqua bollente. Se lo gnocco non si spappola, si può procedere a fare gli altri, che in attesa della cottura metterete su un vassoio coperto da un canovaccio infarinato; nel caso si spappolasse, è il caso di aggiungere all'impasto un altro pugno di farina e farlo incorporare per bene prima di andare avanti.
Gli gnocchi vanno messi in acqua un po' alla volta e scolati man mano con la schiumarola appena vengono a galla. A quel punto vanno conditi in una capace zuppiera con un bel sughetto casalingo (fatto possibilmente con salsa di produzione propria addizionata, se c'è, con una fogliolina di basilico) e una ricca manciatona di parmigiano.
Se poi volete fare una presentazione più d'effetto, procedete come fa la zia: mettete gli gnocchi ben conditi in una pirofila, spruzzateli con ulteriore parmigiano e metteteli per due/tre minuti in forno già caldo a 150°. Nell'attesa minacciate con il mestolo i familiari che vi tormentano girandovi intorno stile falene e domandando "è pronto, è pronto". Passati i minuti, tirate fuori dal forno la teglia fumante con gli gnocchi ricoperti dalla deliziosa crosticina dorata del parmigiano, e servite.
Se poi volete fare in toto come la zia Lella, non mancate di portare in tavola la teglia lamentandovi del fatto che "non vi sono venuti bene". Io però ve lo sconsiglio: c'è infatti il rischio che i commensali, come succede puntualmente a casa mia, vi invitino a rifarli il giorno dopo e anche quello successivo in modo che "vi vengano meglio". Se non ambite pertanto a diventare fornitrici ufficiali di gnocchi per tutto il parentame, dite trionfanti che vi son venuti proprio bene, e attaccate serenamente a mangiare pure voi.
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