Tempo fa, visto che i miei erano in giro causa l'ennesimo impegno di lavoro, l'amato bene e io abbiamo ben pensato di accettare l'invito di zia Lella e andare a cena da lei. Onde evitare che si affaticasse ai fornelli, ci siamo presentati con una bella cartata di pizze.
Non l'avessimo mai fatto.
"Mi avete tolto il piacere di cucinare per voi!", è stato il modo in cui la zia ci ha accolto, lanciando strali dagli occhi manco fosse una creatura mitologica.
Noi abbiamo mestamente chinato la capa, accettando di tornare anche la sera successiva, a patto che il menù fosse una cosa lesta da fare.
Il succitato menù lesto da fare comprendeva cavatelli e tanne de rape, pollastrello arrosto con contorno e dessert. Il quale dessert era composto da ciambelline fritte accompagnate da marmellata di arance appena fatta. In stile inglese, ovviamente, mica pizza e fichi. La ricetta pare sia entrata in famiglia nel 1943, quando le truppe britanniche guidate da Montgomery pensarono bene di far tappa al paesello mentre incalzavano i teutonici: è pertanto la classica marmalade resa deliziosamente amarognola sia dalla presenza di bucce di agrume in pezzi sia per il fatto che, essendo ricetta del tempo di guerra, lo zucchero impiegato è parecchio scarso.
Ingredienti:
un chilo abbondante di arance rigorosamente non trattate al netto della buccia (la quale non va buttata)
due etti e mezzo di zucchero
qualche pezzetto di buccia di limone (facoltativo, ma ci sta bene)
Preparazione:
in primis pelate le arance, badando di eliminare eventuali semi e il più possibile filamenti e parte bianca. Indi con santa pazienza prendete la buccia più bella e con l'aiuto di un coltellino affilato o meglio ancora dello strumento per fare le zeste ritagliatene dei pezzettini ove non vi sia traccia della succitata parte bianca, e fate lo stesso con l'eventuale buccia di limone: sciacquateli sotto acqua corrente e metteteli a sbollentare in un pentolino per un quarticello d'ora scarso, asciugateli e teneteli a tiro.
In una capace pentola di acciaio con il fondo spesso mettete quindi le arance pelate in pezzi e le bucce sbollentate e ponete la stessa sul fuoco basso, ma che sia veramente basso. Ogni tanto mescolate con il cucchiaio di legno, ma lasciate che si cuocia a ritmo lento e per fatti suoi.
Le arance man mano che si cuociono cacceranno un bel po' di sugo: quando questo dà segno di addensarsi, è arrivato il momento di aggiungere lo zucchero. Versatelo piano piano e sempre rimestando con il cucchiaio di legno fatelo incorporare per bene. Quindi lasciate andare la cottura, sempre a fuoco lentissimo. Ogni tanto mescolate, per avere la garanzia che non si attacchi. Ma con l'accorgimento della fiamma al minimo vi toccherà farlo alla frequenza con cui la Lazio vince lo scudetto (e prima che qualche ultrà mi minacci specifico a scanso di equivoci: no, nun so' d'a maggica. Se devo tifare per qualcuno, tengo ovviamente per la mitica ASD Kalena).
Quando il tutto si è ben addensato e ha raggiunto un colore arancione intenso che tende al bruno dorato, fate la famosa prova piattino: se la marmellata non scivola, è arrivata il momento di metterla in barattolo. Se dopo averlo riempito e tappato avete l'accortezza di rovesciarlo e tenerlo a capa sotto per una mezz'ora, potrete pure evitare la seccatura di sterilizzarlo tramite bollitura. Voi osserverete che la bollitura è l'unico sistema con cui si ottiene conservazione a regola d'arte, io vi ribatto che è fatica sprecata perché tanto la marmellata non vi durerà a sufficienza da guastarsi.
La marmellata che vi avanzerà potete ovviamente metterla in adeguata scodellina per servirla come dolce al vostro amato bene insieme a un po' di biscotti misti. E al momento di portarla in tavola tenete a specificare che mica è una marmellata di arance qualsiasi: è vera marmalade, anzi, la lady delle marmalade.
Se l'amato bene è spiritosone, può darsi che si metta a canticchiare "voulez-vous coucher avec moi ce soir".
Scegliete voi se assestargli un'occhiataccia oppure raccogliere l'invito.
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