lunedì 15 marzo 2010

Maccarune c'a meglìche (maccheroni con la mollica)

Questo è un piatto che più tipico non si potrebbe: e come tutti i piatti tipici, è legato a una ricorrenza, nello specifico a San Giuseppe. Al paese mio nei giorni precedenti il 19 marzo è tutto un cuocere di pagnotte su pagnotte onde ricavarne la mollica, ingrediente fondamentale per prepararlo. Oltre alle forme di pane, in alcune case c'è poi ben altro preparare: sono quelle in cui a San Giuseppe viene dedicata una festa per grazia ricevuta con tutti gli onori, la quale segue un preciso rituale. In un angolo della stanza più grande viene allestito un altarino, che oltre a recare l'immagine del santo viene ricoperto di fiori, sia di carta che freschi, e di prodotti della terra. Al calore della brace vengono cotte lentamente enormi pignatte di legumi che serviranno per preparare 'a pezzènte, una zuppa che per tradizione si distribuisce ai poveri. In onore di San Giuseppe vengono poi preparate tredici portate, che il 19 marzo verranno messe su due tavole in una precisa successione: arance condite con zucchero e olio di oliva, composta di sottaceti misti, fagioli, ceci, piselli, cicerchie, fave, granchi di fiume, lumache, scherpelle (pasta di pane fritta in forma di bastone e condita con sale o zucchero), baccalà gratinato, verdure e da ultimo i maccheroni con la mollica. Nella preparazione del tutto, chi organizza il San Giuseppe non è solo: vicini e paesani aiutano nel sistemare la casa o approntare le vivande, e la sera della vigilia ci si raccoglie tutti insieme intorno all'altarino. Con l'accompagnamento della fisarmonica vengono intonate 'i tenìje, ovvero le litanie: una serie di invocazioni su una musica molto semplice, ma di grande effetto.
Il 19 marzo a partire dal mattino è festa grande. Al primo tavolo siederanno personaggi simbolici: il Vecchio e la Vecchia, per rappresentare i quali vengono prescelte persone anziane o notabili del paese, e gli Angioletti interpretati dai bambini; al secondo possono sedersi gli ospiti, ovvero tutti coloro che verranno a visitare la casa. Prima di sedersi, si pronuncia il saluto "Gessemmarìe", ovvero "Gesù e Maria": è il modo canonico di ringraziare il santo per tutto il ben di dio che c'è in tavola.
Un tempo erano moltissime le famiglie che organizzavano il San Giuseppe, e tutto il paese partecipava. Zia Lella da piccola ha fatto l'Angelo tante volte, e ricordava che la mattina della ricorrenza andava nell'orto del nonno a raccogliere le violette da appuntare sul vestito bianco. Era una delle poche occasioni in cui si poteva mangiare a sazietà, e anche bere: era poco consigliabile per le signore andare in giro per la strada dopo una cert'ora, perché c'era sempre il rischio di incontrare gruppi di ubriachi. Una specie di carnevale agreste, a modo suo, un giorno in cui c'era licenza di riempirsi la pancia. Non è un caso se, giacché la società agricola sta oramai tirando gli ultimi, anche il San Giuseppe sta sparendo. Il che per me, e ancor più per mia sorella che sulla festa ha fatto la sua tesi di laurea, è un gran dispiacere.
Fortunatamente non siamo le sole a dispiacerci. I ragazzi del paese hanno deciso che la tradizione non la si doveva lasciar morire: e quest'anno hanno quindi pensato di preparare un San Giuseppe collettivo. Sono mesi che ci lavorano, preparando il pane, andando in giro per la questua, costruendo un grande camino. E visto che, grazie al cielo, siamo nell'era di Internet, possono mettere a parte dei loro sforzi direttamente online anche coloro che sono andati ad abitare altrove.
Anche qui nell'Urbe la mia famiglia festeggia il 19 marzo, e lo fa ovviamente con i maccarune c'a meglìche. E' una pietanza che può lasciare perplessi coloro che non vi sono stati accostati fin da quando erano piccoli: non a caso io e mio padre ne andiamo matti, mentre mia madre a malapena accetta di assaggiarne una forchettata, fiutando con malcelato sospetto gli aromi dolci che salgono dai maccheroni. Non so pertanto se la ricetta potrà interessare chi legge: ma la dedico a tutti i conterranei, ancora residenti in paese, e ancor più a quelli che come me sono andati via. La dedico in particolare a Vincent, con l'augurio che l'anno prossimo possiamo mangiarla assieme.

Ingredienti per due persone:
un etto abbondante di mollica di pane fresco
un cucchiaino raso di sale
altrettanto di zucchero
tre o quattro cucchiai d'olio d'oliva
una manciata di uva passa
cinque o sei chiodi di garofano
un etto e mezzo di vermicelli bucati (oppure di spaghetti)

Preparazione:
per prima cosa preparate la mollica, strofinandola fra le mani fino a ridurla in minutissime briciole: alla fine dovrà risultare sottilissima, e la si lascerà riposare in una ciotola in attesa dell'impiego.
Si prende quindi una capace padella e la si mette sul fuoco basso con l'olio, facendolo scaldare appena. Nell'attesa si provvede a triturare fra le mani i chiodi di garofano, in modo da ridurli in polvere.
Quando l'olio si è scaldato ci si versano in successione la mollica, il sale, l'uva passa, lo zucchero e i chiodi di garofano, facendo insaporire il tutto finché non diventa ben dorato.
In un paiolo di stagno si mette quindi a bollire l'acqua dove verranno cotti i vermicelli o spaghetti, che verranno scolati quando sono al dente: la pasta va quindi versata nella padella con la mollica, in modo che si insaporisca bene. La tradizione comanda che i vermicelli vengano conditi direttamente con le mani, ma chi non è abituato è meglio che eviti il rischio di ustionarsi, pertanto impieghi pure una forchetta o una cucchiarella.
I maccarune c'a meglìche si possono mangiare fumanti, ma sono squisiti anche freddi. E' così che spesse volte capita di gustarli al paese, dove di casa in casa vengono recapitati per devozione piatti e piatti di pasta. Per accompagnarli, niente di meglio di un bicchiere di vino rustico: la pasta con la mollica è un piatto povero e non vuole smancerie.
Io quest'anno, fatti salvi i soliti imprevisti, alla data canonica li mangerò nel mio Sannio. Con l'occasione penso che chiederò una grazia a San Giuseppe. Ci sono tante donne del paese che possono testimoniare che è un gran santo, e che è sempre pronto ad ascoltare. Così, si spera, l'anno prossimo i maccheroni li mangeremo Vincent, io e gli altri. Tutti assieme, come dovrebbe essere, e come mi auguro sarà.

5 commenti:

  1. Racconto e ricetta a dir poco entusiasmanti. Precisamente di dove sei?

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  2. C'è una tradizione simile in provincia di Taranto a San Marzano di San Giuseppe, paese albanese.

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  3. Da parte di papà sono originaria di un paesino del Basso Molise, mentre da parte di mamma ho origini tarantine e toscane: insomma, un discreto mix :)

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  4. Ho fatto il pane di Pasqua dopo tantissimi anni. L'emozione è stata tantissima adesso devo riprovare la pasta con la mollica! Grazie della ricetta che mi ha fatto piangere.

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  5. Ossignore! Per favore, non piangere... E' una cosa bella cucinare, e lo è ancora di più cucinare cose il cui sapore è legato al proprio luogo di origine! Sorridi e sii felice, e goditi tutta l'emozione bella delle pietanze di casa :)

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