venerdì 12 marzo 2010

Scuola di cucina: una pizza a regola d'arte

"Pronto zia?"
"Uh, bella! Dimmi pure."
"Voglio fare la pizza. Mi dai qualche consiglio? Li potrei trovare su Internet, ma di te mi fido di più."
"La pizza? Ma chi te lo fa fare..."
"Me lo fa fare il fatto che la tua è buonissima, e che tutte le volte che compero quella delle pizzerie mi sveglio la mattina dopo come se mi avesse dormito sullo stomaco un lottatore di sumo..."
"Un che?!"
"Niente zì, roba giapponese di quelle che piacciono a me. Allora, che mi suggerisci?"
"Ti suggerisco di prendere la pasta già pronta, sicuramente la vendono in qualche panetteria. Dammi retta, non ti stancare..."
Resto sempre mesta mesta quando la zia Lella raffredda i miei entusiasmi. Però, giacché son nipote rispettosa e ligia al dovere, mi son fatta il giro delle panetterie di zona. Ho così scoperto che quasi tutte non fanno personalmente i prodotti da forno che vendono ma si riforniscono da grossisti, cosa che mi ha fatto, scusate il francesismo, girare parecchio le balle, ma ciò fra parentesi. Solo dopo mezz'ora e passa di scarpinata ne ho trovata una, la più vecchia del quartiere, che aveva la pasta. Ma non è così che ho fatto la pizza. Il motivo lo si può desumere dalla seconda telefonata alla zia.
"Pronto zì? Ci sono andata, in panetteria."
"Ce l'avevano la pasta?"
"Sì, a sei euro al chilo."
"Cosa?"
"Eh."
"Ladri!"
"Concordo. Quindi non l'ho presa. E mo'?"
"Te la faccio io!"
"Ennò: se io non mi devo stancare, tu men che meno."
"Ma per me è un piacere!"
"Enne-o."
"Guagliò, sì capatosta, ma questo già si sa. Quando sei tornata a casa richiamami che ti dico come si fa. Intanto prendi il lievito, quello secco, che con il panetto sennò si sente troppo il sapore."
Quanto segue è frutto delle dettagliate spiegazioni della zia Lella, e con la fortuna tipica dei principianti devo ammettere che, non per dire, ma la pizza mi è venuta proprio bene: ben cotta, profumata e, grazie alla tripla lievitazione e nonostante l'abbia fatta ben alta secondo la tradizione del mio paesello, leggera come una nuvola. Anche nel prezzo: con l'aiuto dell'amato bene ingegnere ho infatti calcolato che mi è costata, impiego del forno incluso, ben meno di due euro in tutto. Suggerisco pertanto a chiunque di seguire i miei passi e dire ciaociao ai fornitori commerciali di orrori unti e bisunti: la fatica e il tempo effettivo per la realizzazione di un'ottima pizza casalinga sono infatti scarsissimi, e vengono ampiamente ripagati dal risultato.

Ingredienti:
700 grammi di farina
una bustina di lievito per pizza (su suggerimento della zia io ho impiegato il Mastro Fornaio)
un cucchiaino di zucchero per attivare lo stesso
due cucchiai d'olio
acqua tiepida quanto basta (ne ho calcolato poco meno di mezzo litro)
un cucchiaino di sale
un barattolo di pomodori pelati da mezzo chilo (se di fabbricazione casalinga è meglio)
una palata di origano

Preparazione:
mettete la farina in una capace bacinella (se siete, come me, fra i tapini che hanno un piano di lavoro nano, altrimenti usate l'apposita asse o meglio ancora la madia), aggiungete il lievito setacciandolo in modo che si sparga bene sulla farina stessa, l'olio e il cucchiano di zucchero, quindi incorporando man mano l'acqua attaccate a impastare con vigore. Solo quando gli ingredienti si sono bene amalgamati aggiungete il sale, sciolto in un po' d'acqua pure lei tiepida, perché sennò il lievito non fa il suo dovere.
A questo punto dovrete farvi i muscoli, in quanto tocca lavorare la pasta, sbattendola di tanto in tanto per farle incomporare l'aria, per una decina di minuti almeno: può essere abbastanza stancante, per cui o fate compiere l'operazione a un maschio nerboruto che eventualmente si trovasse in casa, oppure provvedete da voi pensando di menare qualcuno che vi sia particolarmente antipatico (suggerisco questa opzione in quanto è un ottimo antistress).
Alla fine la pasta dovrà essere liscia ed elastica e dovrà staccarsi senza difficoltà dai bordi della bacinella o dalla superficie dell'asse che avete impiegato: lasciatela nella bacinella stessa o ponetela in una ciotola capiente curando di spargere sul fondo una manciata di farina, incidete sulla superficie della palla un bel taglio a croce - il quale ha il doppio scopo di facilitare la lievitazione e, secondo la tradizione popolare, di impedire agli spiritelli di ballarci sopra - e mettetela in luogo che sia riparato da spifferi coperta con un bel canovaccio spesso. Non fatevi cogliere dalla tentazione di forzare la lievitazione ponendo la ciotola in un luogo caldo: se avete fatto le cose per bene non è necessario, e la natura per fare il suo corso necessita il tempo che ci vuole.
Lasciate la pasta in santa pace per un tre ore circa, durante le quali fatevi i fatti vostri. Scaduto detto tempo, andate a dare un'occhiata: avrete la soddisfazione di vedere quanto ritratto nella foto a seguire, ovvero che il contenuto della ciotola o bacinella si è triplicato di volume e anche di più. E vi assicuro, sono soddisfazioni.
E' arrivato il momento del secondo round. Con le vostre manine ben pulite provvedete a sgonfiare la pasta, rifateci il già citato taglio a croce, e lasciatela lievitare coperta dal solito canovaccio per altre tre orette, le quali forniranno ulteriore occasione per farvi nuovamente i fatti vostri. Passate le suddette vedrete che la pasta si è nuovamente triplicata di volume. E' quindi arrivato il momento del terzo round.
Acchiappate una bella teglia formato ruota di camion o direttamente la placca del forno, bagnatene il fondo con un po' d'olio (veramente poco, sennò poi c'è l'effetto frittura), prendete sufficiente quantità di pasta e stendetela direttamente a mano nel tegame prescelto, badando di non manipolarla troppo nell'operazione sennò ridiventa elastica e vi troverete a lottare con la versione gastronomica di Mister Fantastic. Coprite quindi teglia o placca con il canovaccio e lasciate rilievitare per una ventina di minuti: non mugugnate che ne val la pena.
Nel frattempo preparatevi per la fase finale: accendete il forno a 250° e mentre lui diventa bello rovente procedete a preparare il condimento. Io, seguendo la tradizione del paesello, ho optato per del semplicissimo pomodoro cui non ho aggiunto nemmeno olio o aglio per non rendere la pizza troppo pesante, ma nulla osta ovviamente a condirlo come più vi piace, purché si tratti per l'appunto di olio o di odori: eventuali altri ingredienti vanno infatti aggiunti rigorosamente a parte, soprattutto se si tratta di mozzarella.
Quando il forno si è scaldato come si confà, versate il pomodoro a cucchiaiate sulla pasta e con destrezza infornate la teglia o placca, facendo attenzione perché ustionarsi è assai più facile di quanto non si creda e converrete che sarebbe ben seccante rovinarsi la serata per ciò.
Nel caso abbiate deciso di aggiungere pure la mozzarella attendete una decina di minuti e solo allora, badando sempre a non ustionarvi, spargetela ben tritata sulla superficie: in questo modo eviterete il classico errore del pizzaiolo casalingo, che mettendola al momento di infornare si ritrova a scelta con una pizza ben cotta ma coperta da una robaccia che ha l'aspetto e il sapore di cartone pressato, oppure con un appetitoso strato di cacio filante su una pasta moscia quanto uno stracchino e decisamente crudiccia. Nel dubbio sulla tempistica, la quale dipende anche dalla gagliardìa del vostro forno, saggiate il cornicione della pizza con la forchetta per vedere che sia in cottura sì, ma ancora abbastanza soffice: potreste infatti incappare anche nel secondo classico errore del pizzaiolo casalingo, che mette la mozzarella troppo tardi e si ritrova così con il citato cacio filante su un bel mattone invetriato, eccellente come materiale da costruzione ma forse non altrettanto a tavola.
Se invece, come la sottoscritta, preferite la vostra pizza nature, attendete una ventina di minuti e controllate con l'aiuto di una posata che il fondo sia ben cotto e dorato: se è così munitevi di apposite presine, cacciate fuori la pizza dal forno, spargeteci su origano a manciate e portatela bella fumante ai vostri commensali.
Guardateli quindi con soddisfazione mentre divorano il contenuto della teglia, giacché la pizza così preparata è leggerissima e invita a mangiarne fette su fette senza che dopo dieci minuti i citati commensali abbiano la sensazione che dovette provare Cronos dopo che la di lui moglie, alla sua richiesta di papparsi il figlio Zeus, gli diede in pasto un pietrone ben infasciato in tela di lino (cosa che si meritava ampiamente, ma questo fra parentesi. E nel caso ve lo stiate chiedendo, sì, è da quando sono alta così che sono appassionata di mitologia, non solo greca).
E' probabile, qualora a casa foste in scarso numero come nella mia, che vi sia avanzata un po' di pasta fresca: mettetela in frigo - dove può tranquillamente resistere fino a tre giorni - in una ciotola cosparsa di farina, così avrete materiale per proporre ai familiari ulteriore pizza senza alcuna fatica. Cosa che vi toccherà presto perché i citati familiari, non appena divorata l'ultima briciola, vi chiederanno quando pensate di fare il bis.
Se invece avete una di quelle belle famigliole popolose e provviste di uno o più cuccioli, al momento di fare la pizza raddoppiate le dosi e coinvolgeteli nella preparazione: avrete modo di passare tutti assieme una bellissima giornata, e pazienza se per riordinare la cucina dovrete chiamare un'impresa di pulizie.

7 commenti:

  1. A pensare alla pizza fatta in casa mi è sempre sovvenuto il pensiero di tua zia, mormorato tra me e me... "La pizza? Ma chi te lo fa fare...". Per intanto, visti i tuoi splendidi risultati, mi sono stampata tutto il tuo post.. chissà....
    Buon fine settimana!

    RispondiElimina
  2. Cara Barbara, ti consiglio vivamente di tentare: io non l'avevo mai fatta di persona temendo fosse cosa immane, ma ho scoperto che il lavoro totale prende venti minuti effettivi, preparazione del condimento incluso, a fronte di una soddisfazione che, ti assicuro, è tanta. E se a me è venuta bene, a te verrà la regina delle pizze... Magari proprio il weekend può essere un'ottima occasione per cimentarsi :)
    Buon finesettimana anche a te!

    RispondiElimina
  3. Ciccia, c'e' veramente troppo lievito (se la fai lievitare per sei ore, meta' bustina basta e stra-avanza: conta che il lievito secco andrebbe usato in proporzione 1:2 se lo usi per sostituire quello fresco). Poi lo zucchero evitalo (tediosa e lunga spiegazione che ti evito), per attivare i lieviti basta una temperatura dell'impasto adatta. Conta che tra farina e acqua, l'impasto dovrebbe stare sui 25 gradi.
    E non sbattere l'impasto, che non se lo merita ;) Quando vengo a Roma ti introduco alle gioie dell'autolisi... mai piu' impasti maltrattati!

    RispondiElimina
  4. Sigh, e io tapina che andavo sì fiera della mia povera pizza... :(
    Rinuncio all'idea di misurare la temperatura dell'impasto perché sono priva di adeguati strumenti (ed è meglio che non me ne doti vista la mia nota tendenza a perdere o scassare qualunque cosa), per cui mi rassegno all'idea di fare una pizza a regola d'arte solo quando qui nell'Urbe si schiatterà di caldo. Se poi mi insegni a fare l'impasto senza pigliarlo a cazzotti e i misteri dell'autolisi (da quel poco che mi ricordo di greco suona come una cosa veramente funesta) sarò contenta come una pasqua, soprattutto perché ciò significa che sei tornata da questi pizzi malefici. E ti confesso che non vedo l'ora.
    Baci :*

    RispondiElimina
  5. E invece devi essere piu' che fiera: guarda che i lieviti sono bestiacce e *nulla* hanno a che vedere con la perizia in cucina (zia Lella e' donna saggia). E pure io che maneggio impasti ogni giorno ancora la devo ancora mettere appunto la mia pizza a regola d'arte!
    E sappi che se ti fai intrigare dalle sirene dei lievitati, poi son cazzarilli amari: tra autolisi, impasti indiretti (poolish, bighe, paste di riporto) e -- diononvoglia -- lievito madre, rischi di scoperchiare il vaso di Pandora... Quindi: sii fiera, e' una fantastica prima pizza.

    (ps. fra due settimane scarse... prepara la farina) ;)

    RispondiElimina
  6. Dimenticavo: per quanto riguarda la temperatura, 25 gradi e' l'optimum, ma non e' importante per te saperlo. Basta che non usi acqua ghiacciata (o bollente, chiaramente, senno' fai i canederli...), i lieviti rimangono attivi anche a 5 gradi (solo che sono piu' lenti).

    RispondiElimina
  7. Due settimane? Davvero???
    Evvai!!!
    Corro al supermercato così rabocco la scorta, e con l'occasione prendo anche un pacco di semola di grano duro: assamài dovesse servire :)

    RispondiElimina

Paperblog