"Amore mio, come sono malinconici i tuoi ultimi post. Stai bene?"
Avere un compagno di casa e di vita che ti vede e ti ascolta davvero (cosa quanto mai rara, mi risulta: ma spero di sbagliarmi) è una cosa benedetta. O almeno lo è la maggior parte delle volte. In altre non lo è, perché una vorrebbe magari tenersi per sé qualche ombra che passa per la testa o per l'animo ed evitare di rompere le scatole, ma è impossibile se l'altro ti sgama. E adesso, per gradire, ha pure uno strumento in più per farlo. Hai voglia a dire che questo è un blog di ricette e divagazioni varie: anche se l'argomento è la pasta frolla o le melanzane a funghetto, in un modo o nell'altro si parla di sé. E chi vede e ascolta, sa cogliere.
Io non sono molto brava a fare autoanalisi, almeno non credo. Per cui non ero riuscita a comprendere il perché delle ombre che in questi giorni mi svolazzavano nella testa. Di motivi ce ne sono diversi, per carità: ognuno ha preoccupazioni, o per cose personali o per vicende di persone care (e questo periodo, per la miseria, è contrassegnato da un diluvio di cose spiacevoli per coloro cui voglio bene). Ma perché proprio negli ultimi giorni il mio umore virasse al nero non mi era chiaro.
Mi si è chiarito oggi quando ho visto questo post sul prediletto Cucinario di nonna Ivana, e ho avuto una stretta al cuore.
Oggi è il 13 giugno, Sant'Antonio. E' una data importante. Lo è perché è legata a una persona cara. Se ci fosse ancora, si sarebbe festeggiato. Ma Antonio sono quattro anni che non c'è più.
Antonio lo ricordo molto bene. Non è necessario scrivere di lui per ricordarlo, nondimeno ho voglia di farlo. Scripta manent, persino in un mondo virtuale come la Rete.
Antonio aveva un carattere che con un eufemismo si potrebbe definire un po' fumino. Ma era buono quanto era collerico. Sono in molti ad aver avuto prova della sua generosità, che si esprimeva nelle cose materiali e non. Ma soprattutto, aveva una magnifica joie de vivre.
Aveva sempre un sorriso o una battuta, e ovunque andasse era l'anima di un incontro o di una festa. Mia madre ancora ricorda una sera che, a furia di barzellette, fece venire alla zia Mina una crisi di riso che non riusciva a frenare. La cassiera del bar vicino casa diceva che bastava l'ingresso di quel signore così allegro e vivace per far svoltare la giornata. La zia Emma cita sempre come riuscì ad affabulare mio nonno simulando una profonda conoscenza della musica classica, mentre il resto della famiglia faceva sforzi erculei per non scoppiare a ridere. Ho una sua foto scattata durante una cena in parrocchia: gli occhi brillano di arguzia dietro gli occhiali spessi, il sorriso è quello di un ragazzino che sta architettando una marachella. E' così che mi piace ricordarlo.
All'allegria associava una generosità istintiva che si esprimeva in mille modi, e sempre in abbondanza. Uno dei modi era il cibo.
Ai fornelli alternava piatti discreti a pietanze immangiabili, ma tutto era realizzato con un piglio vivace cui era difficile resistere: anzi, se ne restava travolti. Qualunque visita era accompagnata da un vassoio di dolci o di rustici, da tocchi di parmigiano da un chilo, da confezioni di affettati che avrebbero sfamato un esercito. Ogni visita al paese voleva dire una dispensa stracolma. Le mie zie protestavano. "Antò, tutt' stu fastidie, e poi come facciamo a finire tutta questa roba!" La risposta era sempre la stessa: una scrollata di spalle.
L'allegria celava, ma mai del tutto, una sensibilità notevole, che usciva nei momenti più inaspettati. Ma di questo è più difficile parlare. So solo che ne ho una riprova dai miei ricordi, e dai discorsi di chi l'ha conosciuto. "Antonio, il caro Antonio, era davvero una persona speciale".
E' vero. Era una persona speciale.
Se ci fosse ancora, oggi sarebbe andato a trovare i miei con il solito vassoio per festeggiare insieme. Ci sarei stata anche io, e gli avrei portato un regalo.
Non posso nemmeno portargli un fiore, oggi. Riposa nel piccolo cimitero di quello che io chiamo Heimat. Per cui, questo post è un fiore.
Un verso del Cantico dei Cantici dice che "forte come la morte è l'amore".
Il Cantico sbaglia.
L'amore è più forte della morte.
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